3^ Domenica di Pasqua
I due zuzzurelloni discepoli diretti a Emmaus tornano indietro: quel viandante scanzonato, così straniero da non sapere della tragedia del Nazareno (Dio è sempre così, il dolore lo dimentica subito!), li ha prima redarguiti, poi stupiti e scaldati con la sua catechesi e la sua capacità di leggere gli eventi fino in fondo.
Per annunciare il Risorto, per crescere nella fede, non abbiamo che un modo: lasciarci fare, lasciare che la Parola illumini la nostra intelligenza. La Parola letta con passione e intelligenza, non come turisti della cultura ma come mendicanti che elemosinano senso e tenerezza, ha spalancato il cuore alla fede di tanti di noi. Leggiamola questa Parola, approfondiamola, preghiamola, annunciamola, che riempia e scaldi, che annunci e converta. No, non vendiamo dentifricio, né piazziamo creme dimagranti, siamo solo riempiti e il cuore deborda della luce del Risorto. Gesù affida alla Chiesa il suo messaggio, di questo siamo testimoni, del fatto che Dio abbia deciso di divenire uomo, carne, ossa, sudore, pianto, stanchezza, gioia per raccontare il suo vero volto. Del fatto che Gesù, vero Dio, vero uomo, abbia voluto annunciare il volto di Dio fino alla fine, fino al dono totale di sé, fino al paradosso della croce. Che Gesù è risorto, vivo tra i vivi, perennemente presente nello sguardo della sua comunità. Questa è la Chiesa, il sogno di Dio, discepoli consapevoli dei propri limiti che annunciano il Regno e lo vivono nella loro concretezza. Diversa dalla piccina immagine di chiesina che portiamo nel cuore, solo Dio è capace di renderci credibili perché veri.
Il Risorto invita ad andare oltre l’incredulità
Gesù, venendo nel mondo, aveva come scopo ultimo della sua vita la salvezza dell’umanità. Per questo, oltre che preoccuparsi di operare la salvezza degli uomini per mezzo della sua passione, morte e risurrezione, provvide a far giungere la salvezza a tutti i popoli della terra per mezzo dell’opera della Chiesa. A tale scopo, fin dall’inizio della sua vita pubblica, si scelse dei discepoli perché stessero con lui, perché, vivendo con lui, seguendo i suoi esempi e le sue istruzioni, fossero formati per diventare suoi testimoni qualificati tra le genti. Gesù li formò innanzitutto alla sottomissione alla volontà del Padre, cioè all’amore della croce e allo svuotamento di se stessi e li consacrò alla salvezza delle anime. Apparendo ai suoi apostoli, dopo la sua risurrezione, Gesù completò la formazione e l’insegnamento dato ai suoi discepoli; rivelando loro la verità del Vangelo, dette una pratica dimostrazione della realtà della vita eterna. Aprì in tal modo le loro menti alla comprensione delle Scritture e dei suoi insegnamenti, per renderli suoi testimoni autentici, perché per mezzo loro la sua salvezza arrivasse a tutti gli uomini.
Ogni cristiano oggi è chiamato a diventare un testimone autentico di Gesù, rivivendo in se stesso il mistero pasquale. La sua formazione cristiana è completa quando la sua vita si apre generosamente all’opera di evangelizzazione e di salvezza dei fratelli.
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