Ascensione del Signore
L’ascensione di Gesù al Cielo manifesta il modo più autentico di Dio di stare, oggi, al mondo. Dio, infatti, c’è; ma non si lascia possedere mai. Egli parte, affinché possa ritornare presente in ciascuno. Rimane, con la forza del suo Spirito che si prepara a spandersi copioso nei cuori degli apostoli; ma non è imprigionato in uno schema né in una abitudinarietà.
In Gesù di Nazareth, Dio ci ha mostrato il suo amore per le cose semplici, per l’umanità ordinaria, per le vicende della storia normale di ciascuno di noi. Ma nel Risorto, che ritorna alla destra del Padre, Dio ribadisce anche la Sua incontenibile libertà, la capacità di sorprendere e rinnovare ciò che sembra scontato, l’immensità mai esauribile in un frangente della storia o in un angolo dello spazio.
Gesù ascende al cielo per poter restare sulla terra non da solo, ma assieme al Padre nello Spirito. Gesù desidera evitare di venire identificato come supereroe isolato, divinità statica o uomo perfetto, separato dalla relazione vitale con il Padre. È al Padre che Gesù ci conduce, facendosi da parte perché ci sia aperto il sentiero su cui camminare verso di Lui.
L’ascensione, mistero inscindibile dalla Pasqua di morte e risurrezione, è icona della logica dell’amore. Significa presenza e assenza insieme, dono inaspettato e indefinibile di prossimità e allo stesso tempo sapore sfuggevole di attrazione che ci supera. L’amore è dono, offerta di sé, e quindi anche perdita, mai possesso. Dio, che con diritto poteva rivendicare proprietà su tutte le cose da Lui create, anche su di noi, le più belle fra le creature, ma pur sempre creature, sceglie di restare fedele all’amore, cioè a se stesso. E non cede alla tentazione dell’imposizione, della sostituzione, dell’annullamento dell’altro.
Dio condivide il proprio patrimonio – che siamo noi -, cioè riconsegna la persona, ogni persona, a se stessa e alla propria dignità: i suoi figli sono capaci di scegliere, e possono accogliere o rifiutare il dono dello Spirito. A chi lo desidera, il Padre invia lo Spirito, forza che sostiene e infiamma il sì definitivo a lasciarsi amare.
Dio, in Gesù che ascende al cielo, indica all’uomo la via dell’amore e lo invita a percorrerla. Verso la meta, che è il Cielo stesso. Ma non lo priva della libertà che lo fa essere a Sua immagine e somiglianza.
Il mistero che si compie, dunque, è rivelazione dell’amore. Anche noi impariamo da Gesù ad amare. Non si ama possedendo l’altro, pretendendo di stringerlo troppo vicino a se stessi, obbligandolo a conformarsi alle attese e aspettative che nascono dal proprio bisogno di sentirsi riconosciuto. Si ama piuttosto avendo il coraggio di partire. Rischiando la lontananza, sollecitando uno sguardo che vada oltre, condividendo la passione per una meta più grande.
I vasti orizzonti che si aprono in chi ha l’ardore del viaggio richiamano l’esperienza di un amore capace di fidarsi e di consegnarsi al rischio del passo altrui. Forse non tutti possono capire. E anche gli apostoli avranno bisogno della potenza dello Spirito per decidere finalmente di aderire a questo meraviglioso invito d’amore. Ma quando questo accade, allora improvvisamente si accorciano le distanze. Il Cielo sembra scendere di nuovo sulla terra, e la polvere di cui siamo fatti si scopre misteriosamente traboccante di infinito.
Tornare alla Galilea di tutti i giorni, dunque, ma senza barricarsi nelle proprie routine, è il segreto per divenire partecipi di questa relazione nuova. Dio ha definitivamente occupato la terra, in tutta la sua profondità, perché in Gesù Risorto ha portato i segni della carne terrena fin su in Paradiso. Eppure Egli la abita con la discrezione tipica di chi sa fare dell’altro il centro del proprio cuore e del proprio interesse.
All’uomo di fango, oggi, viene svelata non solo la straordinaria meta che l’attende domani, e che la Vergine Maria ha conosciuto in pienezza fin dall’origine della propria esistenza. Viene manifestata anche la verità del cammino paziente, a volte aspro e scosceso, ogni tanto persino impervio, che ne caratterizza la vita di ogni giorno: lì, dove sudano le mani per la paura del futuro, dove la schiena si piega sotto le umiliazioni dei potenti, dove piangono gli occhi e l’anima per le ingiustizie tra uguali… proprio lì Dio resta, potenza motrice dell’amore che non si ferma nemmeno davanti ai più duri impedimenti.
Gesù asceso al Cielo ci ha portato con sé. Ma è pure rimasto – pienamente Yahvè, Emmanuele, ‘Dio-con-noi’ – colmando di divinità le ordinarie relazioni umane. Perché divino è solo l’amore.