Battesimo del Signore
C’è un’invocazione, tratta dal profeta Isaia, tipica dell’Avvento, che è risuonata con frequenza nella liturgia di questo tempo: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi” (Is63,19). Se i cieli rimangono chiusi, infatti, non c’è salvezza. I cieli chiusi sono immagine di un’esistenza dominata dalla legge del caso, in cui non c’è nessuna relazione tra il tempo e l’eternità. Chi si ferma a questo, sa che la vita è limitata, ha un inizio ed una fine, come anche la storia del mondo.
Se i cieli rimangono chiusi, a che serve aver vissuto il Natale, la fine e il principio di un anno e la stessa Epifania? A che serve pregare? Se infatti la preghiera non sale in alto, sono solo parole vuote, rivolte a se stessi.
Se i cieli sono chiusi, non serve neppure la presenza di un uomo esemplare come Gesù: anche lui sarebbe legato allo stesso nostro destino.
Per questo abbiamo pregato: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi”. Celebrando il Natale, il cui tempo si chiude con questa domenica, la fede ancora una volta ci ha dato la certezza che i cieli si sono aperti, squarciati, con la venuta tra noi del Figlio di Dio.
E nel giorno del battesimo di Gesù noi osserviamo, anzi, siamo chiamati a contemplare, questo movimento di “sipario” che si apre nel “dramma” del vivere umano. Dio è aperto. Dio non è nascosto, non se ne sta nei cieli. È sceso, è disceso, si è immerso nel fiume Giordano per immergersi nella nostra umanità debole, fragile, confondendosi tra i peccatori.
Mi piace pensare Gesù in fila, come tutti gli altri, in attesa di essere battezzato da Giovanni Battista. Nessuno lo distingue, è uno come gli altri. Allo stesso modo in questo momento mi piace pensarLo non nel Tabernacolo, dove crediamo che c’è nella presenza reale dell’Eucaristia, ma seduto su un banco, magari in fondo alla chiesa, magari proprio accanto a te che non te ne accorgi.
Si “immerge”, anche oggi, nella nostra umanità quotidiana e lì si manifesta, per santificare i giorni di ogni uomo. Non è un caso che la Festa del Battesimo di Gesù si collochi come ponte tra il tempo di Natale e l’inizio del Tempo Ordinario. È un invito a credere che questo periodo di festa non è stata una “parentesi”, ormai chiusa con l’epifania, per poi riprendere la faticosa vita di tutti i giorni… Ma è stato invece un Tempo che proprio oggi, ci ri-apre ad una dimensione nuova della vita quotidiana, per vivere l’ordinario in modo straordinario. Come dice San Paolo a Tito: “è apparsa la grazia di Dio, che ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, rinnegando i desideri mondani e l’empietà”.
Dal primo Natale è possibile vedere cieli aperti. Questo è motivo di consolazione, con la forza della parola annunciata da Isaia alla fine dell’esilio in Babilonia, nel testo della prima lettura di oggi: “Consolate, consolate il mio popolo: Ecco il nostro Dio! Viene, come un pastore che raduna il gregge!”.
La mia vita non cambia in meglio sei io relego Dio nei cieli e lo “incarto” e lo “inscatolo” come facciamo per le statuine del presepe che abbiamo rimesso a posto qualche giorno fa, nel cassettone o in cantina, per ritirarle fuori tra undici mesi.
Questo succede quando non è il Dio che ha squarciato i cieli, ma un Dio che ci modelliamo noi, a nostra immagine, per le nostre quotidiane illusioni. E che ci delude, quando le cose non vanno come vorremmo. Allora questo Dio diventa come un vizio accanto ad altri, che si coltiva sotto un cielo chiuso. Per parlare di fede è necessario un salto radicale di sensibilità.
La Festa del Battesimo di Gesù ci dice qualcosa anche sul nostro Battesimo. Anche su di noi, il giorno in cui siamo stati battezzati, si sono aperti i Cieli. Su ciascuno di noi si è ripetuta e si ripete la Parola del Padre su Cristo: “Sei il figlio mio, l’Amato”.
Essere battezzati significa essere “immersi” nel Figlio Gesù e, in Lui, essere Figli di un Padre ricco di bontà che manda su noi lo Spirito del suo Amore.
Se i genitori oggi continuano a chiedere il Battesimo per i figli è perché c’è una percezione (a volte un po’ nascosta, ma c’è…) che senza il battesimo un figlio mancherebbe di qualcosa, patirebbe una sorta di insufficienza che non saprebbero come definire, si troverebbe escluso da quella dimensione del sacro e del mistero che anche per un non credente può rappresentare un valore.
Eppure non basta questo… Come pastori e come comunità cristiana dovremmo chiederci, in questo giorno, se siamo capaci di generare alla fede i nuovi battezzati, se gioiamo perché ci sono altri bambini che rinascono in Cristo, se ci interessa qualcosa educare altre persone all’incontro con Dio…
Purtroppo tante volte percepiamo il contrario… Quando si celebra un battesimo si ha in alcuni fedeli la sensazione di disagio, perché la messa si allunga…
Se non ci importa nulla, se cadiamo anche noi nella tentazione dell’indifferenza, se non gioiamo per altri fratelli che diventano cristiani, vuol dire che per noi i Cieli si sono rinchiusi, e siamo troppo attratti (e alla fine oppressi) dalle cose della terra.
Signore, aiutaci a riscoprire che ricevere il battesimo è l’inizio di una tenerezza meravigliosa con il Padre da cui tutto si riceve e al tempo stesso è essere posseduti dallo Spirito, per vivere la tua stessa storia d’Amore. Ogni giorno. Nel mio quotidiano, solito, confuso, disordinato… Tu apri i Cieli.
Aiutaci a riscoprire che non siamo più esseri di solitudine, rassegnati a vivere un oggi che ci consuma, ma creature che portano il nome di figli, vivono nella grande famiglia della comunione dei santi e respirano nell’amore del Padre, oggi e per sempre.