Domenica 5^ del Tempo Ordinario
Il Padre risana i suoi figli
Ogni giorno incontriamo segni di sofferenza e di dolore in noi e nelle persone che ci stanno accanto. In questa realtà, però, il Signore non ci abbandona. La celebrazione di oggi ci presenta Gesù continuamente disponibile ad alleviare le sofferenze degli uomini. Accogliamo questo messaggio di condivisione e di speranza.
Il dito e la luna
L’altra sera, dopo un incontro con un gruppo di genitori della parrocchia, mi sono fermato un po’ a chiacchierare. Si parlava di quante cose assillano e riempiono le giornate, quanti impegni e scadenze punteggiano lo scorrere delle ore e, soprattutto, quanta fatica si fa a dare unità, a tenere tutto insieme senza correre il rischio di disperdersi o di correre a vuoto! Poi ho letto il Vangelo di oggi. Certo che anche le giornate di Gesù non erano uno scherzo: guarigioni, ammalati da ogni parte, folle che lo cercano, discepoli che non capiscono e poi, soprattutto la preghiera. E sì, cari amici, la preghiera! Questo è ciò che fa la differenza! Ma andiamo con ordine. Abbiamo letto nel Vangelo la guarigione della suocera di Pietro. Dopo l’esorcismo della scorsa settimana, questo è il primo miracolo di guarigione raccontato da Marco. Vi devo confessare che mi ha sempre incuriosito questo testo. Come prima guarigione mi sarei aspettato un paziente affetto da una gravissima malattia, oppure considerato spacciato dai primari del tempo; magari un personaggio importante o comunque un uomo; una grande piazza di Gerusalemme e una platea ammutolita di fedeli. E Gesù che fa? Sceglie una donna (!), una suocera(!) allettata con la febbre(!) e opera la guarigione nel chiuso delle mura domestiche. Ma c’era bisogno proprio di questo intervento miracoloso di Gesù? Una bella spremuta, qualche giorno di riposo e tutto sarebbe passato! Ma per Gesù le cose non stanno così. Il Rabbi di Nazareth ci invita a guardare oltre il segno, a scorgerne il significato. La piccolezza e l’irrilevanza umana del prodigio, ci fanno intuire che dobbiamo spostare lo sguardo altrove. Non come lo stupido del proverbio che, all’invito del saggio che – con il dito – gli indica la luna, non guarda la luna ma il dito chi gli indica la luna.
Nel testo due espressioni ci aiutano a cogliere il valore simbolico di questo evento: la fece alzare (ma letteralmente avremmo dovuto tradurre la fece “risorgere”) e si mise a servirli. La mano di Gesù non solo rialza dall’ immobilità della febbre, ma risveglia gli inverni del cuore, fa fiorire la primavera anche dove noi vediamo solo neve e terra brulla. La mano di Gesù contagia: toccata da quella del maestro, anche la donna inizia a servire. E’ il contagio dell’amore, della passione, di quel servizio che ci fa vivere a sua immagine e somiglianza: “sono in mezzo a voi come colui che serve”.
Coraggio cari amici! Lasciamoci raggiungere dalla mano di Gesù, lasciamo che risvegli gli inverni del cuore e faccia fiorire in noi la primavera del servizio. Troviamoci pure noi un tempo e un luogo deserto per affidare al Padre la nostra giornata. Ritagliamoci ogni giorno un spazio di silenzio per umanizzare la nostra vita, per ricordarci la méta del nostro cammino, per ricordarci di guardare la luna e non il dito.
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