Domenica della Divina Misericordia
«La sera di quel giorno».
Apparizione del Risorto la sera di Pasqua: «La sera di quel giorno, il primo della settimana», che per noi è il giorno del Signore, la Domenica. Il Risorto dona sempre lo Spirito («alitò su di loro»): lo Spirito Santo viene riversato sulla terra con la morte di Gesù, come ci fa intuire il racconto di Giovanni, e ogni volta in cui si incontra Gesù c’è un’effusione di Spirito. Gli apostoli sono ancora pieni di paura, le porte sono ancora chiuse. Si apriranno a Pentecoste, quando i cuori dei discepoli saranno spalancati!
Gesù, donando lo Spirito, affida alla Chiesa il potere divino di perdonare i peccati. «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati». «Saranno perdonati» è un passivo. Qual è il complemento d’agente? È Dio! È un passivo teologico. La Chiesa diventa «sacramento», mediazione dell’Amore infinito.
Ed ecco che arriva Tommaso: lo aspettiamo puntualmente ogni anno in questa domenica. Tommaso è sempre passato per l’incredulo, anche se sappiamo che tutti gli apostoli sono stati increduli e hanno avuto il rimprovero di Gesù.
Sappiamo che questo episodio è il culmine del Vangelo di Giovanni, che vuole portare il suo lettore a cadere in ginocchio dicendo: «Mio Signore e mio Dio!». È questa la professione di fede cristologica più alta di tutto il Vangelo. Tommaso rappresenta tutti coloro che faticano, fra dubbi e incertezze, nel cammino oscuro della fede. Non fu facile credere al Risorto. E non bastano neanche le apparizioni. Pensiamo, per esempio, al fatto del non riconoscere il Risorto, prendendolo per il custode del giardino, per un fantasma o per un viandante qualsiasi. Il Risorto non è riconoscibile con occhi umani, occorre che qualcosa cambi dentro, per un intervento misterioso di Dio. Guardiamo tutta la dinamica del cuore dei discepoli di Emmaus al contatto con il Pellegrino che spiega loro le Scritture! La «lectio divina» ha questo compito, perché la Messa (lo «spezzare il pane») sia un momento in cui si aprano gli occhi.
Quello che viene rifiutato nell’episodio di Tommaso è un «vedere» considerato come prova sensibile. «Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto».
E allora ecco la grande conclusione: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». E Giovanni ha forse in mente colei che è la madre di coloro che credono senza vedere: Maria di Nazareth. Egli, che con la madre di Gesù ha avuto un’esperienza tutta particolare, non può più pensare alla vita di fede senza fare riferimento alla madre dei credenti. Abbiamo già ricordato che resta significativo che nessun evangelista parli di apparizioni pasquali a Maria (anche se uno può legittimamente pensarlo). Lei, la madre della Chiesa, dell’umile popolo che crede, non aveva bisogno di apparizioni, perché unita mediante la fede in modo unico al suo Figlio.
A questo punto è necessario fare una «meditatio» di conclusione, a cui vuol portarci Giovanni al termine del suo Vangelo. Perché è così difficile credere? Il tema della fede è al centro del IV Vangelo e direi anche delle lettere di Giovanni, in cui emerge un dato importante: che la mancanza di amore, di comunione fraterna, in definitiva deriva dalla mancanza di fede. Ma la mancanza di fede da che cosa deriva? È qui il punto cruciale. Al binomio fede-amore cosa manca? La risposta «sintesi» la troviamo in Gv 5,44: «E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?». La parola che manca è «umiltà».
Allora, tirando le somme, viene fuori un trinomio: umiltà-fede-amore!
Il Vangelo dei piccoli – PACE
Ciao bambini! Oggi, per prima cosa, proviamo a pensare al significato che ha la parola “pace”. La parola “pace” deriva dal latino “pax” e, di solito, è definita come il contrario della parola latina “bellum” che significa guerra: la pace, cioè, sarebbe l’assenza di guerra. Più correttamente, è preferibile dire che la pace è un valore, un modo di essere e di comportarsi che permette di superare qualsiasi tipo di barriera così da evitare situazioni di conflitto fra due o più persone, gruppi o nazioni. Questo è già un significato più completo e ci fa capire meglio il perché Gesù, nel vangelo di oggi, per salutare i suoi discepoli dica per ben tre volte: “Pace a voi!”.
Ma quale è il significato ancora più profondo che Gesù vuole trasmettere con questo saluto così importante al punto tale da ripeterlo per tre volte?
Generalmente noi ci salutiamo con un bel “CIAO” se incontriamo i nostri amici, oppure “BUONGIORNO o BUONASERA” se vogliamo salutare una persona adulta con cui non abbiamo molta confidenza. Vi è mai venuto in mente, quando tornate a casa, di salutare i vostri genitori dicendo: “Pace e a voi”? Beh, io direi che potreste provare e, se chiederanno spiegazioni, state bene attenti a quello che vi dico ora.
Ai tempi di Gesù, ed ancora oggi, la parola che significa “pace” è “SHALÒM“. Significa salute e prosperità per tutti, significa amore che elimina l’odio, bene che sconfigge il male, concordia che elimina il litigio, speranza che elimina la disperazione, riposo che elimina le tante ansie che abbiamo, benessere e sicurezza per noi e per coloro che sono nel bisogno, benevolenza nei confronti degli amici ma anche dei nemici, onestà che elimina tutte le ingiustizie che purtroppo ci sono anche nel mondo dei bambini, rispetto nei confronti dei vostri genitori ed anche nei confronti dei vostri compagni che spesso e volentieri prendete in giro…
La parola “pace” significa sentirsi figli di Dio e comportarci come tali, significa “silenzio” per parlare col nostro Papà del cielo, significa gioia e ringraziamento per tutto quello che il Signore ci dona. Quanti significati positivi!
Gesù risorto, allora, entra nella casa dell’ultima cena dove sono rinchiusi gli apostoli per timore dei giudei e che cosa porta? La pace. “Pace a voi!” dice ai suoi amici. Fa a loro, ma anche a noi, questo grande dono, perché la pace viene da Dio e non dagli uomini. Lui dice “pace” e la dona veramente.
E’ un dono e, una volta donato, la promessa di Dio è irrevocabile.
Noi, dopo averla ricevuta in dono, la possiamo, anzi, la dobbiamo trasmettere! E che cosa fa la pace quando iniziamo a trasmetterla? Crea la comunità, la condivisione, l’unità, perché le persone che trasmettono pace agiscono in nome di Dio, rappresentano Dio.
Avete mai provato a decidere di seminare la pace? Provate! Deve però essere una decisione ferma, sicura, un patto fra voi e il Signore. “Oggi, per tutto il giorno, voglio seminare pace”: questo è l’impegno. E mi saprete dire i frutti…
Con questo dono offerto dal profondo del suo cuore, Gesù si manifesta ai suoi discepoli nel cenacolo, mostra le mani con il segno dei chiodi e mostra il suo fianco, e l’esperienza dei discepoli è la GIOIA. Rinnova poi la loro missione, dona lo Spirito Santo, affida loro il compito di annunciare la misericordia e l’amore di Dio.
Ma Tommaso, la prima volta in cui viene Gesù, non c’è… Quanto è presente anche nei nostri cuori il dubbio e l’incertezza di Tommaso! Io credo che tutti noi ci saremmo comportati così. Tutti vorremmo vedere per credere! Ma Gesù dice a Tommaso: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Io, il Signore, non l’ho mai visto… e voi?
Allora siamo “beati” quando crediamo. Ma in base a cosa crediamo? Crediamo sulla base di una fiducia immensa nel vangelo, crediamo negli evangelisti, negli apostoli, nelle persone che dopo gli apostoli hanno testimoniato con la vita, crediamo sulla base di tutte quelle persone che sono morte per la loro fede nel messaggio di Gesù.
I martiri garantiscono la nostra fede come ne hanno garantito la trasmissione. Anche oggi ci sono tanti martiri, conosciuti e sconosciuti, che vivono al servizio di coloro che soffrono, al servizio della libertà e della dignità di tutti gli esseri umani. Tanti di loro, ancora ai nostri giorni, sono vittime di chi è schiavo del male.
Lo vogliamo cambiare questo mondo? Allora, forza bambini! Cercate di riempirlo di tanti semi di pace e di bene! E fateli fruttificare per costruire il meraviglioso Regno che vuole Gesù.
Sentite cosa ci ha lasciato scritto Madre Teresa di Calcutta: Non cercate Gesù in terre lontane: lui non è là. E’ vicino a voi. E’ con voi. Basta che teniate il lume acceso e lo vedrete sempre. Continuate a riempire il lume con piccole gocce d’amore.
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