Domenica di Pentecoste
Lo Spirito è segno dell’uscire di Dio stesso, come una esondazione di un amore traboccante, che preme, dilaga, si apre la strada verso il cuore dell’uomo.
Come infatti ci assicura l’apostolo Paolo, “tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio”. La Pentecoste segna quindi la nostra Nascita definitiva.
Questa nascita ce la saremmo aspettati a Pasqua, cinquanta giorni prima. Ci saremmo aspettati che, ricevuto lo Spirito del Risorto, per i discepoli fosse già iniziato un tempo di missione, di coraggio senza ripensamenti. Ma il vento e il fuoco di Dio dovevano fare i conti con tutta la durezza del cuore dei discepoli, con le pesantezze della storia. Con un tempo, potremmo dire, di gravidanza, di almeno cinquanta giorni.
Otto giorni dopo la Pasqua, infatti, i discepoli erano ancora chiusi nel cenacolo, per paura dei Giudei. E cinquanta giorni dopo erano ancora a porte chiuse, impauriti ed incerti.
Quanta fatica a nascere davvero! Anche per noi.
Ma arriva un momento in cui senti in te la capacità di fidarti della sconvolgente bellezza delle cose sul nascere; il coraggio di vegliare sui passi della pace, del riavvicinamento tra le persone; il coraggio di restare a guardare lontano e avanti. Arriva il momento di venire alla luce, di nascere. In quei momenti è lui, lo Spirito creatore, fiamma degli inizi, che si posa su di te.
Oggi, solennità di Pentecoste, celebriamo la nascita della Chiesa.
Oggi si strappa la rete di stanchezza e di indifferenza che troppo spesso avvolge e paralizza gli slanci del cuore. Come nel cenacolo, viene messa in fuga ogni paura, le porte e le finestre vengono aperte non solo per fare entrare lo Spirito, ma per fare uscire gli apostoli, ad annunciare, senza paura, la Gioia del Cristo risorto.
Oggi è la festa che vince le nostre paure e le nostre pigrizie. Perché chi possiede lo Spirito non può che camminare, correre e volare.
Un vento nuovo investe la nostra vita, la penetra, la invade, si insinua anche nelle crepe della nostra anima, riempie i luoghi più segreti del cuore e vi compie un incredibile prodigio.
Se abbiamo ricevuto lo Spirito Santo tutto è possibile; anche la chiamata a perdere la propria vita per ritrovarla diventa il nostro assoluto destino. Infatti Dio non è più lontano, oltre le nubi di un cielo sconosciuto al quale anche Gesù ha fatto ritorno lasciandoci soli.
Il Padre e il Figlio, donandoci lo Spirito Santo, accendono, dentro la nostra, la loro stessa Vita. Sì, la presenza di Dio in noi è un fatto reale, è proprio il Respiro della vita, la forza e la potenza che rendono possibile la fede dandoci la pienezza della Gioia. Sì, perché i cristiani sono persone felici! Siamo persone che si riconoscono in una comunità in cui la mia storia è intrecciata alla storia di tutti.
È questo l’immenso dono dello Spirito, il carisma per ogni uomo e, mentre ci rivela la fantasia di Dio e la sua libertà, si offre a noi perché rispondiamo con fantasia e libertà. Come hanno fatto i santi che sono tanti e diversi come le stelle del cielo, pronte ad illuminare anche la notte più oscura.
Il secondo impulso dello Spirito, dopo la vittoria sulla paura, è il dono della comunione nella diversità; esalta i doni di ciascuno per metterli a disposizione di tutti, facendoci un popolo solo, rendendoci Chiesa.
La Chiesa infatti è l’umanità che sa di ricevere e di possedere lo Spirito, si sente investita di un dono nuovo che prima non aveva e che l’abilita a testimoniare, a donarsi, a morire come ha fatto Gesù. Ed è una vocazione che contiene in sé la con-vocazione ed una pro-vocazione, il comando, l’urgenza di una missione da compiere insieme, mai da soli. Non siamo cristiani per rimanere fermi o per rimanere soli.
La Pentecoste dona alla Chiesa e a ciascun uomo la forza capace di trasformare il mondo e di scrivere ogni giorno una storia di libertà, di speranza e di coraggio. Di scriverla dentro il presente, nelle realtà terrene, nella vita di ogni ogni giorno, perché nulla di ciò che è umano è estraneo allo Spirito che ci è stato donato. Tutto gli appartiene: il cuore, la ragione, la volontà, i sentimenti, la famiglia, il lavoro, l’impegno sociale, la politica.
Oggi vogliamo fidarci di nuovo e affidarci allo Spirito che è Signore e dà la vita, anche quando tutto ci pare impossibile, quando vince dovunque la violenza, quando ti senti stanco, quando crediamo che il Vangelo non possa più incidere nella realtà.
Nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme tutti sentono parlare la loro lingua nativa. Il miracolo della “traduzione simultanea” delle parole di Pietro non è altro che il miracolo dell’Amore. Quando si annuncia e si vive l’amore, nessuno si sente escluso, nessuno è straniero.
Oggi vogliamo ripartire dalla Pentecoste con questo desiderio di unità, di comunione, a partire dalle nostre comunità. Siamo diversi, di tradizione, di famiglie, di carattere, di interessi, di capacità, ma nessuno si deve sentire superiore all’altro. Insieme, riconciliati nell’amore, siamo presenza di Dio nel mondo. Se viviamo d’amore, tutti capiscono, parliamo lo stesso linguaggio.
Dio parla queste parole, le parla nella lingua di ciascuno, fa rinascere nel cuore le cose che a tutti sono care, e cara ad ogni uomo diventa la stessa Parola di Dio.
Oggi ognuno di noi dovrebbe rinnovare anche la grazia di essere stato cresimato.
La cresima dovrebbe segnare il “rimanere sempre” dello Spirito nella nostra fragile umanità, per una presenza più partecipe nella comunità cristiana, per una testimonianza più coraggiosa negli ambienti di vita. Con la cresima abbiamo ricevuto il sigillo dello Spirito che ci ha “marchiati” per essere pronti a difendere e diffondere la fede.
Invece, lo sappiamo, dopo la cresima, ha inizio per molti il tempo di una lunga orfananza. Quanti ragazzi e adolescenti sono orfani in casa, perché i loro genitori sono latitanti, non rispondono alla loro missione. Quanti sono orfani in chiesa, per la nostra incapacità ad appassionarli di Vangelo, con il risultato che tanti sono stati riempiti di Spirito, senza capacità di essere testimoni, perché non abbiamo saputo far gridare ai loro cuore: “Abbà, padre”!
Se la Chiesa non è madre, i cristiani non troveranno Dio Padre.
Proviamo, da oggi a restituire alla Pentecoste la sua verità.
Proviamo, da questa celebrazione, a guardarci intorno, a vedere i nostri fratelli con uno sguardo diverso, a sentire con loro il grido di tanta umanità che fuori attende la nostra testimonianza, a tanti orfani che chiedono di riconoscere un Padre, Dio, nel cuore aperto di una Chiesa madre…
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