Domenica VI del tempo ordinario
Il vangelo di questa sesta Domenica del tempo ordinario ci mostra come Gesù accoglie un lebbroso. In quel tempo, i lebbrosi erano le persone più escluse dalla società, evitate da tutti. Non potevano partecipare a nulla. Perché, anticamente, la mancanza di medicine efficaci, la paura del contagio e la necessità di difendere la vita della comunità, spingevano la gente ad isolarsi e ad escludere i lebbrosi. Inoltre, tra il popolo di Dio, dove la difesa del dono della vita era uno dei doveri più sacri, si giunse a pensare che l’esclusione del lebbroso fosse un obbligo divino poiché era l’unico modo di difendere la comunità contro il contagio della morte. Per questo, in Israele, il lebbroso si sentiva impuro ed escluso non solo dalla società, ma perfino da Dio (cfr. Lv 14,1-32). Poco a poco, comunque, nella misura in cui si scoprivano rimedi migliori e soprattutto grazie all’esperienza profonda comunicataci da Gesù rispetto a Dio Padre nostro, i lebbrosi cominciarono ad essere accolti e reintegrati, in nome di Dio stesso, come fratelli e sorelle nella convivenza umana.
Malgrado i duemila anni di cristianesimo, l’esclusione e l’emarginazione di certe categorie di persone continuano comunque fino ad ora, sia nella società come nella Chiesa. Per esempio, i malati di AIDS, i migranti, gli omosessuali, i divorziati, ecc. Quali sono oggi, nel tuo paese, le categorie di persone escluse ed evitate nella società e nella Chiesa? Con queste domande nella mente ci accingiamo a leggere e meditare il vangelo di questa Domenica.
La situazione di abbandono e di esclusione di un lebbroso. Un lebbroso arriva vicino a Gesù. Era un escluso, impuro! Doveva essere allontanato dalla convivenza umana. Chi si avvicinava a lui rimaneva anche impuro. Ma quel lebbroso aveva molto coraggio. Trasgredì le norme della religione per poter stare vicino a Gesù. Lui dice: Se vuoi, puoi guarirmi! Ossia: «Non c’è bisogno che mi tocchi! Basta volerlo, per essere guarito!». La frase rivela due mali: 1) il male della malattia della lebbra che lo rendeva impuro; 2) il male della solitudine a cui era condannato dalla società e dalla religione. Rivela anche la grande fede degli uomini nel potere di Gesù.
Accogliendo e curando il lebbroso Gesù rivela un nuovo volto di Dio. Profondamente compassionevole, Gesù guarisce i due mali. In primo luogo, per curare il male della solitudine, tocca il lebbroso. È come se gli dicesse: «Per me tu non sei un escluso. Ti accolgo come un fratello!». In secondo luogo, guarisce la malattia della lebbra dicendo: Lo voglio! Guarisci! Per poter entrare a contatto con Gesù, il lebbroso aveva trasgredito le norme della legge. Gesù, per poter aiutare quell’escluso e, così rivelare un nuovo volto di Dio, trasgredisce le norme della sua religione e tocca il lebbroso. In quel tempo, chi toccava un lebbroso diventava impuro agli occhi delle autorità religiose e dinanzi alla legge dell’epoca.
Reinserire gli esclusi nella convivenza fraterna. Gesù non solo guarisce, ma vuole che la persona guarita possa di nuovo convivere con gli altri. Reintegra la persona nella convivenza. In quel tempo, affinché un lebbroso fosse di nuovo accolto in comunità, aveva bisogno di un attestato di guarigione datogli da un sacerdote. Così era scritto nella legge nei riguardi della purificazione di un lebbroso (Lv 14,1-32). Lo stesso succede oggi. Il malato esce dall’ospedale con la cartella clinica firmata dal medico del reparto. Gesù obbliga il lebbroso a farsi consegnare il documento dalle autorità competenti, in modo da poter reinserirsi con normalità nella società. Obbligando così le autorità a riconoscere che l’uomo era stato guarito.
Il lebbroso annuncia il bene che Gesù gli ha fatto, e Gesù diventa un escluso. Gesù aveva proibito al lebbroso di parlare della guarigione. Ma costui non lo fece. Il lebbroso cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città. Ma se ne stava fuori, in luoghi deserti. Perché Gesù rimaneva fuori in luoghi deserti? Gesù aveva toccato il lebbroso. Quindi, secondo l’opinione della religione di quel tempo, ora lui stesso era un impuro, e doveva vivere lontano da tutti. Non poteva entrare nelle città. Ma Marco indica che alla gente non importavano molto queste norme ufficiali, ma venivano a lui da ogni parte! Sovvertimento totale! La duplice notizia che Marco dà alle comunità del suo tempo ed a tutti noi è questa: 1- Annunciare la Buona Novella vuol dire testimoniare l’esperienza concreta che la persona ha di Gesù. Il lebbroso, cosa annuncia? Racconta agli altri il bene che Gesù gli ha fatto. Solo questo! Tutto questo! Ed è proprio questa testimonianza che spinge gli altri ad accettare la Buona Novella di Dio che Gesù ci annuncia. Colui che non ha esperienza di Gesù, avrà poco da annunciare agli altri. 2- Per portare la Buona Novella di Dio alla gente non bisogna aver paura di trasgredire le norme religiose che sono contrarie al progetto di Dio e che rendono difficile la comunicazione, il dialogo ed il vissuto dell’amore. Anche se ciò comporta difficoltà alla gente, come lo fu per Gesù!
Un sorriso all’aurora
Una toccante testimonianza di Raoul Follereau.
Si trovava in un lebbrosario in un’isola del Pacifico. Un incubo di orrore. Solo cadaveri ambulanti, disperazione, rabbia, piaghe e mutilazioni orrende. Eppure, in mezzo a tanta devastazione, un anziano malato conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Soffriva nel corpo, come i suoi infelici compagni, ma dimostrava attaccamento alla vita, non disperazione, e dolcezza nel trattare gli altri.
Incuriosito da Quel vero miracolo di vita, nell’inferno del lebbrosario, Follereau volle cercarne la spiegazione: che cosa mai poteva dare tanta forza di vivere a quel vecchio così colpito dal male? Lo pedinò, discretamente. Scoprì che, immancabilmente, allo spuntar dell’alba, il vecchietto si trascinava al recinto che circondava il lebbrosario, e raggiungeva un posto ben preciso. Si metteva a sedere e aspettava.
Non era il sorgere del sole che aspettava. Né lo spettacolo dell’aurora del Pacifico. Aspettava fino a quando, dall’altra parte del recinto, spuntava una donna, anziana anche lei, con il volto coperto di rughe finissime, gli occhi pieni di dolcezza. La donna non parlava. Lanciava solo un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso. Ma l’uomo si illuminava a quel sorriso e rispondeva con un altro sorriso.
Il muto colloquio durava pochi istanti, poi il vecchietto si rialzava e trotterellava verso le baracche. Tutte le mattine. Una specie di comunione quotidiana. Il lebbroso, alimentato e fortificato da quel sorriso, poteva sopportare una nuova giornata e resistere fino al nuovo appuntamento con il sorriso di quel volto femminile.
Quando Follereau glielo chiese, il lebbroso gli disse: “E’ mia moglie!”. E dopo un attimo di silenzio: “Prima che venissi qui, mi ha curato in segreto, con tutto ciò che riusciva a trovare. Uno stregone le aveva dato una pomata. Lei tutti i giorni me ne spalmava la faccia, salvo una piccola parte, sufficiente per apporvi le sue labbra per un bacio… Ma tutto è stato inutile. Allora mi hanno preso, mi hanno portato qui. Ma lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere”.