Domenica XV del tempo ordnario
«Prese a mandarli a due a due»
La missione dei discepoli non avviene per entusiasmo personale, per mania di grandezza: essa comincia quando Gesù ritiene che sono in grado di parlare in base a quello che hanno ascoltato e assimilato. Secondo Marco fino a questo momento hanno visto vari miracoli, hanno ascoltato alcuni insegnamenti, fra cui l’importante tema del seme che cresce in varie maniere; hanno anche assistito a qualche polemica fra Gesù e i capi. La sua prassi di guaritore, la sua chiamata alla conversione, la sua disponibilità a muoversi in mezzo alla gente, la sua predicazione itinerante, questi dovranno essere i punti a cui riferirsi. Non sono certamente ancora del tutto maturi, ma anche l’esercizio aiuterà a maturare. Sotto la supervisione di Gesù possono imparare e migliorare: troveranno le parole giuste, i gesti adeguati. Proveranno l’entusiasmo di un successo strepitoso, ma alla fine dovranno superare anche la concentrazione sui miracoli, per annunciare la morte e la risurrezione del Salvatore.
«Dava loro potere sugli spiriti impuri…»
Si tratta di quella «exousia» che anche Gesù esercitava: vengono quindi abilitati e autorizzati a usare lo stesso potere. Sembra quasi che per Marco questo sia l’esercizio principale in questo momento; del resto lui stesso si concentra su questo aspetto di Gesù «taumaturgo», e scacciatore di spiriti maligni. Dobbiamo pensare che per «spiriti impuri» si intendeva allora molte cose insieme: infermità psichica, forme di epilessia, le forze spirituali distruttrici, il potere schiavizzante della legge, ogni forma di disagio psichico, malformazioni fisiche, ecc. Il potere si esercita camminando in mezzo a queste sofferenze: accettando la sfida che esse danno alla fiducia in Dio, alla convivenza solidale, alla dignità di ogni persona umana. Non dobbiamo identificare «impuro» con impurità di tipo sessuale o legale. Si tratta di «purità» alla luce di Dio: che è amore, solidarietà, giustizia, misericordia, collaborazione, accoglienza, ecc. Perciò i Dodici dovranno chiamare «a conversione» da questi pregiudizi e da queste forme perverse e «immonde» di vivere da figli di Dio.
«Per il viaggio, nient’altro che un bastone…»
La missione deve essere itinerante, non sedentaria; cioè dovrà sempre di nuovo stimolare l’andare, l’incontro nuovo, il distacco dai risultati, la libertà interiore ed esteriore. Per questo la raccomandazione, che tutti i Sinottici riportano con evidenza, della povertà materiale del vestire e del mangiare, delle sicurezze e delle garanzie. Probabilmente si tratta anche della brevità dell’esperienza: non doveva durare a lungo questo primo esercizio, e quindi dovevano andare leggeri, sciolti, puntare più sulla immediatezza dell’annuncio che sul consolidamento dei risultati. Ma quando questo testo è stato scritto, la situazione della comunità dei discepoli era molto più sviluppata e consolidata. E quindi la memoria di queste raccomandazioni non serviva solo per ricordare quella prima esperienza gioiosa e avventurosa. Serviva anche per confrontare lo stile originario e la prassi di quel momento, ormai lontano dal tempo di Gesù. È quindi un richiamo ad uno slancio missionario meno impaurito dalle esigenze di confort e di sicurezza.
«Andatevene e scuotete la polvere…»
Le raccomandazioni del Signore mettono insieme due aspetti, solo all’apparenza in contrasto. Da un lato devono andare con totale disponibilità, per incontrare la gente, senza preoccupazione di guadagno o di sopravvivenza. Devono cercare chi è malato – per ragioni personali o sociali, per l’oppressione della legge o per la malvagità umana – e liberarlo, consolarlo con l’olio, risanarne le ferite e le piaghe del cuore. Ma dall’altro lato devono anche evitare di accettare qualsiasi ipocrisia, il buonismo senza responsabilità.
Accanto alla carità e premura per le sofferenze, devono anche avere il coraggio di smascherare le ipocrisie, di reagire alle chiusure, di accettare la sconfitta personale. Devono andarsene, senza rimpianti né debolezze, da là dove l’accoglienza non c’è, il rifiuto o l’ipocrisia rendono sterile l’annuncio e la testimonianza. Una rottura chiara e inequivocabile, che forse neppure Gesù ha molto vissuto. Egli ha sempre cercato di tornare a dialogare, ha sofferto per le chiusure dei farisei e degli scribi, ha sfidato il loro sbarramento tenace e insidioso. Eppure ora impone ai discepoli di non perdere tempo con chi non li vuole. Probabilmente in questa raccomandazione, c’è anche un adattamento alla situazione della comunità: non deve rimpiangere una intesa con la comunità israelitica. C’è stata una chiusura totale, un rifiuto feroce e aggressivo: ebbene, questo Gesù lo aveva anche previsto. Non si diano pena. Passino ad altri popoli, non perdano tempo a recuperare quello che non è recuperabile.
I gessetti colorati
Nessuno sapeva quando quell’uomo fosse arrivato in città. Sembrava sempre stato là, sul marciapiede della via più affollata, quella dei negozi, dei ristoranti, dei cinema eleganti, del passeggio serale, degli incontri degli innamorati. Ginocchioni per terra, con dei gessetti colorati, dipingeva angeli e paesaggi meravigliosi, pieni di sole, bambini felici, fiori che sbocciavano e sogni di libertà. Da tanto tempo, la gente della città si era abituata all’uomo. Qualcuno gettava una moneta sul disegno. Qualche volta si fermavano e gli parlavano. Gli parlavano delle loro preoccupazioni, delle loro speranze; gli parlavano dei loro bambini: del più piccolo che voleva ancora dormire nel lettone e del più grande che non sapeva che Facoltà scegliere, perché il futuro è difficile da decifrare… L’uomo ascoltava. Ascoltava molto e parlava poco.
Un giorno, l’uomo cominciò a raccogliere le sue cose per andarsene. Si riunirono tutti intorno a lui e lo guardavano. Lo guardavano ed aspettavano. “Lasciaci qualcosa. Per ricordare”. L’uomo mostrava le sue mani vuote: che cosa poteva donare? Ma la gente lo circondava e aspettava. Allora l’uomo estrasse dallo zainetto i suoi gessetti di tutti i colori, quelli che gli erano serviti per dipingere angeli, fiori e sogni, e li distribuì alla gente. Un pezzo di gessetto colorato ciascuno, poi senza dire una parola se ne andò. Che cosa fece la gente dei gessetti colorati? Qualcuno lo inquadrò, qualcuno lo portò al museo civico di arte moderna, qualcuno lo mise in un cassetto, la maggioranza se ne dimenticò.
È venuto un Uomo ed ha lasciato anche a te la possibilità di colorare il mondo. Tu che hai fatto dei tuoi gessetti?
Stampa Articolo