Domenica XVI del tempo ordinario
Gesù si commuove
Forse dovremmo dedicare un po’ di tempo a ripensare alla nostra idea di chi sia Gesù. Si commuove: non è un’emozione passeggera, non è debolezza di cuore, non è compassione facile. In Lui è partecipazione profonda alla vita dell’altro, è un movimento verso, è un mettersi in gioco. E la nostra fede è in quest’ottica? Oppure viaggia ancora in: “Non devi fare questo… Fai questo… Dio vuole che…” Non è così scontato capire cosa Dio vuole. Prima è necessario conoscerlo nella profondità del suo Mistero! Gesù si commuove… Viene verso di te… Non ti chiede. Viene per darti interamente ciò che Lui è!
“Venite in disparte”
Gli apostoli: erano andati, avevano fatto e insegnato. Erano tornati e gli avevano riferito tutto… Riuniti attorno a Gesù… Avevano accolto la Parola, l’avevano seguita, la mangiavano di continuo fino a quando erano stati inviati per andare a portarla “facendo e insegnando”. Erano discepoli e ora facevano come il Maestro… Non avevano più tempo per sé. Non avevano più neanche il tempo di mangiare, perché erano loro diventati pane per quanti avevano fame. Gesù ascolta i suoi. La Parola riceve se stessa, raccoglie i frutti della sua dimora nei cuori. È tempo di gustare e di assaporare il raccolto. Il riposo di Dio! Dopo la creazione del mondo il Signore contempla ciò che ha operato. Gesù chiama i suoi ad andare in disparte, in un luogo solitario: riposare equivale a ruminare ciò che è stato perché non vada perduto il frutto dell’agire umano. Sono i momenti in cui la solitudine e la distanza dai contesti abituali di vita rigenerano e consentono di vagliare ciò che è utile portare con sé e ciò che è utile lasciare alla dimenticanza. È uno spazio che urge ogni qualvolta si vive intensamente la novità dello Spirito che scrive i propri giorni. È lo spazio del narrare a Gesù e a se stessi ciò che è stato. Non basta vivere, è indispensabile narrare la vita… ma a chi può interessare per intero se non a Colui che ce l’ha data e desidera che la gustiamo in tutte le sue sfaccettature creative? Attorno a Gesù, ecco il luogo del raccontarsi. Attorno a Gesù, a Lui che ci ha fatto crescere anticipandoci la fiducia del riuscire. Aveva dato loro il potere di… Non erano maestri, ma vanno a insegnare. Avevano ancora tanto da imparare, ma sono già da Lui investiti di autorità. Si insegna mentre si continua a imparare, perché il Maestro è unico, e ciò che si insegna non è una ideologia o un insieme di verità o parole che colpiscono l’attenzione… si insegna ciò che è storia per sé, la propria esperienza di Lui, la Sua parola passata già nel proprio vivere.
La folla: andava e veniva. Non erano discepoli ancora, ascoltavano soltanto, ma erano fortemente attratti, per questo seguivano tutti i movimenti di Gesù. Conoscevano talmente bene ormai il suo modo di essere che quando li videro partire sulla barca, ne seguirono la direzione via terra e quando arrivarono loro stavano là ad aspettarli. Stupendo questo “precedere” l’arrivo di Gesù. Preludio del discepolato: l’attrazione, una sorta di innamoramento che orienta tutta l’attenzione verso l’oggetto desiderato. Quella folla commuove Gesù. Si erano allontanati dalla folla per stare da soli, un po’ in disparte… ma il vederli là, in attesa, stanchi per aver camminato in fretta nel tentativo di arrivare prima di loro chiede prepotentemente qualcosa. Persone che cercano una guida, persone che fanno gruppo, che vivono già i loro impegni responsabilmente ma che nel profondo cercano, attendono qualcuno che le chiami per nome e le faccia uscire dalla folla. Gesù si ferma a insegnar loro molte cose. Addio riposo per Lui e gli apostoli!
Ci sono dei bisogni che urgono e che esigono risposta rispetto ad altri, pur necessari, ma comunque rimandabili… bisogno la cui priorità è dettata dalla crescita della vita. Chi ha imparato ad essere discepolo, chi ha già in sé la Parola e vive di essa, può attendere perché è ricco, è colmo, è sazio… chi non è ancora discepolo è come un affamato all’estremo: ha bisogno di ricevere nutrimento, se non lo riceve al momento opportuno, muore. La Parola di Gesù è il Pane che fa crescere la vita umana.
Il Vangelo dei piccoli
Gesù va con i suoi a riposarsi un po’, ma la gente lo trova subito. Gesù è come un ricercato! C’è chi lo cerca come gli apostoli perché è il Maestro, è il Figlio di Dio, è una persona amata con cui vivere. C’è chi lo cerca perché ha bisogno di lui e allora qualsiasi cosa può diventare una porta che si apre sul mistero. C’è chi fa l’indifferente ma in realtà dentro di sé il desiderio di entrare a contatto con Dio è forte, e allora smania, diventa insopportabile, se la prende con tutti. È come uno che ha fame di pane e per saziarsi mangia le briciole che trova in giro: è normale che la fame aumenta; ha bisogno di nutrirsi e invece di andare a cercare il pane dove c’è inganna se stesso! Gesù è proprio un ricercato. E tu lo cerchi? Lui, quando ti vede che non sai che fare o che pensare, che stai lì chiuso e non pieno di vita, si commuove per te. Aspetta solo che tu lo pensi un attimo, che tu lo chiami. È l’amico del tuo cuore, e il tuo cuore lo sa. Sei tu che non lo comprendi, e pensi a Gesù come qualcuno che sta lontano e ha talmente cose da pensare che tu non ci sei nella sua attenzione. Lui invece ti parla. Dove? Nel Vangelo, perché il vangelo è Gesù in persona. Quando? Quando lo leggi, è lui che ti parla… non allora, ma oggi, proprio a te! Non leggere per capire, leggi per mangiare. Mandala giù quella Parola, ti nutrirà il cuore e allora capirai. Prova! Non dimenticarti… Il Vangelo è Gesù.
L’arco
Un giorno, il santo abate Antonio conversava con alcuni dei giovani che avevano scelto di vivere come lui nel deserto. Un cacciatore che stava inseguendo una preda si avvicinò con deferenza. Ma vide che il santo abate e i giovani che lo attorniavano ridevano allegri e scuotendo la testa li disapprovò con parole aspre. L’abate Antonio gli parlò con calma.
«Metti una freccia nel tuo arco e scoccala». Il cacciatore lo fece.
«Adesso lanciane un’altra, poi un’altra, poi ancora un’altra…», continuò il sant’uomo. Il cacciatore protestò: «Se piego il mio arco tante volte così, si romperà!». L’abate Antonio lo guardò sorridendo: «Succede così anche nella vita spirituale. La via di Dio costa sforzo. Ma se ci sforziamo oltre misura, presto verremo meno. È giusto perciò, di tanto in tanto, ricordarci che anche Dio si riposò, il settimo giorno».
Oggi ricordati dell’arco. E soprattutto ricordati del settimo giorno.
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