Domenica XX del Tempo Ordinario
Signore, Aiutami
Signore, aiutami! Il bisogno è la chiave di ogni grido di preghiera. Ma finché la preghiera è solo voce di un bisogno, resta inascoltata. Ci è chiesto molto di più: lasciare che il nostro desiderio si faccia spazio nel nostro cuore prima che diventi bisogno espresso, lasciare che apra altre porte di salvezza e crei spazi nuovi di ricerca di senso. Una figlia malata. Una mamma. Gesù. Fuori dei confini del popolo scelto. Realtà che hanno bisogno di incontrarsi per trovare insieme risposte. Le pecore perdute, i padroni, possono stare insieme con i cani. Perché no?! Ma il centro non sono né gli uni né gli altri. Il centro è il pane che sta sulla tavola, comprese le briciole che cadono: Gesù. E altro centro è la fede, la risposta a questo pane.
Proviamo a entrare nella scena di vita che il vangelo ci offre per capire quale sia la grandezza della donna cananea. Gesù è lì vicino, lei soffre molto per la figlia crudelmente tormentata dal demonio, va verso di lui e grida: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Un grido che somiglia al grido di altri che si sono rivolti a Gesù. Riconosce in lui il figlio di Davide, e chiede aiuto. La risposta di Gesù è inaspettata. Di fronte a un grido di dolore, non le rivolge neppure una parola. Qui la risposta poteva essere: andarsene. I discepoli che non nutrono simpatia per persone extra stavolta intercedono, si avvicinano a lui e lo implorano, non perché abbiano compreso il bisogno ma per liberarsene. Ancora una volta la risposta di Gesù è inattesa: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Anche qui la risposta della donna poteva essere: andarsene. Lei non era una pecora perduta della casa di Israele. Ma la donna non si arrende. Invece che allontanarsi si avvicina e si prostra dinanzi a lui, e dice: «Signore, aiutami». Gesù le rivolge la parola, ma è una parola impersonale: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Qui l’apertura è data. Nella frase ci sono delle fessure, delle possibilità, pur se apparentemente non lascia entrate. I figli sono i figli di Israele, i pagani sono considerati cani. Gesù addolcisce il termine, parla di cagnolini… la corda di attracco è lanciata e la donna non se la lascia sfuggire, tira fuori tutta la sua forza e soprattutto la sua intelligenza: «È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Non pretende nulla, le sta bene essere un cagnolino. Non desidera il pane che sta sulla tavola, le sono sufficienti le briciole che cadono. Non è neanche necessario che le vengano date, può aspettare che cadano per sovrabbondanza o per noncuranza, a lei è sufficiente poter stare sotto la tavola. Cosa spinge la donna a non mollare e a credere fino in fondo? Il dolore per la figlia. Non ha nulla da perdere, insiste finché la risposta è immensa: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». Gesù colma il desiderio di questa donna audace. Da quell’istante: Gesù che aveva fatto attendere la donna fino ad allora, agisce. È una figlia del suo gregge quella donna cananea! Si è aggiudicata l’appartenenza…
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