Domenica XXII del tempo ordinario
Mentre l’orgoglio crea autosufficienza, la virtù dell’umiltà ci aiuta a trovare il nostro vero posto nella vita, di fronte agli altri e soprattutto di fronte Dio. In questo sta la nostra autenticità e la vera sapienza: nel riconoscere che la sorgente della nostra personale dignità si colloca nel mistero profondo del nostro essere che ci lega a Dio come origine e fine, più che nelle nostre produzioni terrene. Quando l’uomo riconosce i propri limiti, Dio è a lui vicino. Nel Vangelo, Gesù sollecita i discepoli a non lasciarsi travolgere dall’orgogliosa corsa ai primi posti. Le espressioni che usa riguardano la loro fede, ossia il modo in cui essi si orientano secondo i criteri del “Regno di Dio”. Chiede loro l’umiltà del riconoscere che la vera dignità della persona sta nel valore davanti a Dio. Questa umiltà, che acaturisce dalla consapevolezza del proprio limite, dovrà tradursi, stando alla riflessione suggerita dalla I^ lett. in un duplice atteggiamento: da una parte l’ascolto della Sapienza, dall’altra la misericordia verso il prossimo. Tutto il cammino verso Dio, come ricorda la II^ lett., non è in primo luogo conquista umana, ma è dono di un’alleanza a cui noi possiamo corrispondere. Essa ha bisogno di mediazione: il cristiano trova in Gesù il mediatore della nuova alleanza.