Domenica XXIII del tempo ordinario
Se la Chiesa ci invita a pregare affinchè Dio ci doni la sapienza del suo Spirito per essere veri discepoli di Gesù, è perchè ha coscienza che l’atto di fede in Gesù non è cosa istintiva e spontanea, ma è una scelta in risposta ad una chiamata che ha esigenze radicali e comporta il “portare la propria Croce”. La fedeltà al Vangelo può apparire follia agli occhi degli uomini, non ha nulla della sapienza umana: essa, però, può dare alla vita terrena quel “sapore” che è proprio dello Spirito di Dio. Nel Vangelo il significato dell’espressione “portare la propria croce” dietro a Cristo, per essere suoi discepoli, non ha a che fare solo con condividere idee, ma esige soprattutto disponibilità a condividere il destino. Per aderire al regno di Dio, il vangelo di Gesù chiede un amore prioritario che deve tradursi in rinuncia a tutto ciò che appesantisce la sequela. La fedeltà al vangelo ha perciò bisogno della Sapienza di Dio, invocata nella preghiera. La I^ lett. presenta come luce e forza interiore, necessaria per conoscere e mettere in pratica la volontà di Dio. Nella II^ lett. S.Paolo ci offre un esempio di sapienza divina come alternativa a quella umana: domanda a Filemone di accogliere lo schiavo Onesimo, che era fuggito, come un “fratello”, eliminando ogni forma di schiavitù e sfruttamento.
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