Esaltazione della Santa Croce
Sia innalzato
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. Quanto di più caro il Padre lo dà a noi. Qualsiasi padre preferirebbe andare al posto del figlio sapendo di perderlo… Dio no! È il massimo del dono di sé. Ci consegna se stesso interamente, pur sapendo quanto siamo maldestri e distratti! perché non avessimo dubbi sul suo amore, ci offre quanto di più prezioso aveva, il suo Volto, la sua Parola, la sua Pace: Cristo Signore.
Nel deserto della vita è possibile essere morsi dai velenosi denti di serpenti velenosi quali le disavventure del rifiuto o le restrizioni di ogni possibile espressione umana… La ribellione alla propria esistenza apre voragini di attesa e scava abissi di delusione. Ma a chi sta naufragando nelle acque incostanti del proprio vissuto, tende la mano alla divina presenza e in lui l’esperienza della salvezza si fa pregnante di significato. Bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, perché chi crede abbia la vita eterna. Questa urgenza fa pensare che abbiamo bisogno di sperimentare il limite della caduta per avvertire forte la necessità di qualcuno che ci salvi. Il dover alzare lo sguardo, il non far da sé: questa è salvezza. Il Figlio dell’uomo posto in alto è sorgente della vita, lì dove la croce si fa abbraccio. C’è il cielo, c’è la terra. Queste due assi di legno che si incrociano parlano di salto in alto verso Dio e salto in largo verso gli uomini; nessuno resta fuori! Lo spazio di incontro tra le due dimensioni è lo spazio della vita umana di Cristo, uomo e Dio. Qui siamo chiamati a sostare, se vogliamo capire qualcosa di più del mistero che ci avvolge, qui dove si consuma il dono ineffabile del suo essere tra noi.
CONTEMPLAZIONE
Eccomi ai tuoi piedi, o Croce benedetta. Ascolto le voci che su di te hanno infierito mentre il Figlio di Dio gemeva, ritrovo tutte le tracce delle dita che ti hanno afferrato con crudele sentire, che ti hanno malmenato e maledetto, sento su di te scorrere la linfa del respiro vitale di Gesù e ogni sillaba del suo cuore squarciato. Sono qui e incontro su di te tutti gli sguardi che nei secoli ti hanno contemplato, ti hanno implorato, ti hanno insultato. E mi fa male vederti ancora pronta a ricevere le disperazioni dei cuori umani, le speranze di chi non ha altri che te come risposta al suo dolore. I miei occhi si bagnano delle lacrime versate sul tuo legno, bruciano in me i muti singhiozzi di chi non ha neanche il coraggio di urlare tanto è il tormento che vive. O croce beata, porta dell’infinito Splendore, effondi le tue gemme di vita sulle mie sopite malinconie di umanità, e che, sfinito, il mio spirito si abbandoni su di te per entrare nella ferita del tuo amore per me.
Il Vangelo dei piccoli
Se tu apri le braccia, somigli a una croce. Il tuo corpo è dritto e va verso l’alto, le tue braccia che si tendono a destra e a sinistra non hanno confini, è come se volessero abbracciare il mondo intero. Gesù? Abita la tua vita e tu sei come la sua croce, il luogo della sua divinità in terra. Essere la croce di Gesù è un bell’impegno! Ti ritrovi a dover accogliere in te il soffio del suo Spirito senza misura. Chi crede che Gesù è luce che non tramonta, si aspetta dalla croce tanti tesori. Come l’arcobaleno che spunta fuori dopo il temporale, così da Lui sgorgano colori speciali da dentro i fatti di tutti i giorni che sono la croce della semplicità. Quando ti fai il segno della croce, ricordati che Gesù è lì appiccicato a te come un frutto all’albero suo. Non hai da temere nulla, perché nell’abbraccio che sei tutto acquista il sapore del cielo.
Due asinelli
Alla grotta di Betlemme arrivarono anche due asinelli. Erano stanchi e macilenti. Le loro groppe erano spelacchiate e piagate dai pesanti sacchi che il mugnaio loro padrone caricava quotidianamente e dai colpi di bastone che non risparmiava.
Avevano sentito i pastori parlare del Re dei Re venuto dal cielo ed erano accorsi anche loro.
Rimasero un attimo a contemplare il Bambino. Lo adorarono e pregarono come tutti. All’uscita li attendeva lo spietato mugnaio.
I due asinelli ripartirono a testa bassa, con il pesante basto sulla groppa.
“Non serve a niente,” disse uno. “Ho pregato il Messia che mi togliesse il peso e non l’ha fatto…”
“Io invece”, ribatté l’altro, che trotterellava con un certo vigore, “gli ho chiesto di darmi la forza di portarlo…”
Se qualcuno ti dice: “La vita è dura”», chiedigli: “In confronto a che cosa?”.
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