I domenica di avvento
Fratelli e sorelle carissimi, oggi inizia un nuovo Anno liturgico; oggi prende avvio il cammino di Avvento che ci conduce al Natale.
Sì, nonostante quest’“ora buia”, come la definisce Papa Francesco, che segna la nostra storia contemporanea, la luce vera che viene dal Cielo continua ad illuminare la terra attraverso la speranza che l’Avvento ci comunica, trasformandola in “speranza certa” (S. Francesco) nel Fatto della nascita del Salvatore.
Ascoltate! Oggi la Parola è poesia, lirica; è nostalgia e desiderio; è memoria delle grandi opere di Dio e fiducia che le compirà ancora. Infine, è confidenza dei figli e fedeltà del Padre, Colui che – ci ricorda san Paolo – “è degno di fede”.
«Tu, Signore, sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Ritorna per amore dei tuoi servi. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani».
Carissimi, facciamo nostra la supplica-memoriale del profeta Isaia: un’incalzare di termini pieni della confidenza di un figlio che si rivolge a un “Tu” che sa essere “Padre nostro”.
Cronaca della nostra vita personale e libri di storia alla mano, ricordiamo anche noi ciò che Dio ha fatto per noi, per le nostre famiglie e per questo nostro amato mondo, per diventare “profeti” tra e per i nostri fratelli, ovvero testimoni luminosi della vera speranza di cui abbiamo tutti tanto bisogno.
In questa supplica-lode al contempo, il profeta Isaia si rivolge al Padre usando il soggetto “noi”: egli, pur nella consapevolezza della sua particolare elezione, sa di essere parte di un popolo. Un popolo peccatore e oppresso, ma già salvato in passato e amato da sempre da Dio.
“Siamo diventati tutti come una cosa impura”; ma siamo anche tutti opera delle mani del Creatore: nonostante noi, i nostri peccati e l’indurimento del nostro cuore, lo sguardo del profeta è sulla misericordia di Dio che si manifesta “nella grazia che ci è stata data in Cristo Gesù”.
«Vegliate!»: il Vangelo sembra cambiare tono; invece, anche l’imperativo di Gesù si muove sulla corda della misericordia (altrimenti non sarebbe Vangelo!).
Parola – “Vegliate!” – detta ai suoi discepoli, e poi specificato sul finire: detta a tutti.
Vegliamo! Perché il dono della salvezza è per tutti, proprio per quei “tutti” diventati “cosa immonda”, di cui l’uomo di ogni tempo con il suo peccato fa parte, e anche noi oggi.
«Vegliate!» – ci dice Gesù – per essere giudicati da un giudizio di misericordia, che è il primo e solo sguardo di Dio sull’uomo.
Ma come si veglia? Lasciamo che a risponderci sia l’esperienza della vita.
Quando infatti, fratello o sorella, hai vegliato nella tua vita? Quando tuo figlio era piccino e magari non dormiva la notte o non stava bene. Quando un tuo caro malato aveva bisogno di cure e di sentirti vicino. Quando eri preoccupato per qualcosa di importante che era in pericolo… Vedete, quante occasioni di veglia ci offre la nostra esistenza.
Sì, la vita ci chiama a vegliare: si veglia per amore. O meglio: veglia chi ama!
Ecco che allora comprendiamo che il “Vegliate!” che ci rivolge il Signore è sinonimo di “Amate!”.
Amiamo! Amiamo per riconoscere il Suo passaggio, umile e quotidiano, tra le vicende della vita e nelle persone che incontriamo; e poi, un giorno, per vederlo nella Sua seconda e definitiva Venuta, glorioso.
In quanto cristiani quante possibilità ci dà la nostra fede per amare – per vegliare.
Eccone alcune: la partecipazione ai sacramenti, la preghiera, la carità, l’elemosina, le opere di misericordia corporali e spirituali, la pazienza, ecc.
Oh, quanto è dinamico vegliare! Quanto ci spinge – ci muove verso l’Altro: “Tu, sei nostro padre”, e verso l’altro: noi, “argilla” amata.
Santo cammino di Avvento a tutti! «Vegliate!».
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