II domenica di Avvento
I sentieri pieni di curve e di tornanti vanno bene in montagna. Quando si sale, la fatica è minore se si allunga il cammino attraverso ante che smorzano il pendio ripido. Ma se si cammina in pianura, e tanto più nel deserto, più la via è diritta e più diviene corto l’itinerario, meno dura la fatica. Camminare nel deserto tracciando curve e deviazioni potrebbe essere molto pericoloso, addirittura mortale.
Giovanni esorta il popolo a raddrizzare i sentieri nel deserto. Da quando il Signore è sceso dal monte Sinai e dal Tabor della trasfigurazione, ecco che le sue vie hanno più il sapore dell’esodo che della scalata al Paradiso. ‘Il regno dei cieli è vicino’, infatti. Dio ha già fatto la sua parte, anzi continua a farla e ci viene incontro. Accorcia la sua distanza da noi. A noi il profeta suggerisce, con la passione del fuoco, di fare altrettanto con Lui.
Com’è facile che ci perdiamo in vie storte e strane peregrinazioni, che ci distolgono dall’incontro. A volte cerchiamo Dio, seppur sinceramente, ma pretendendo di penetrare da soli gli strani labirinti del nostro cuore. A volte ci torturiamo da soli, tra domande e dubbi che poco hanno del gusto della ricerca. Anziché lasciarci abbagliare dal fascino del mistero che squarcia il buio dell’abisso del nostro animo, preferiamo vagare in ragionamenti ed elucubrazioni che in fondo nascondono una sottile paura: quella di sentire risuonare la voce che grida: ‘Convertitevi!’.
Pensiamo che la conversione sia questione di comportamenti giusti, di ulteriori sforzi di buone opere, di sudate arrampicate nelle pareti irte della morale. È chiaro che questa prospettiva ci spaventa. Se l’ira di Dio dovesse essere quella terribile scure che da soli afferriamo per percuoterci e ferirci, per massacrarci di giudizi e di violenza, allora sarebbe davvero molto meglio stare alla larga. Come si può desiderare di incontrare un boscaiolo deciso a recidere definitivamente i nostri tanti rami secchi e a bruciare senza via di scampo i poveri tralci dei nostri fallimenti?
Ma ‘il regno dei cieli è vicino’. E il profeta Isaia ci promette che questo regno supererà ogni nostra aspettativa. Se per noi appare arduo pensare alla gioia di una riconciliazione tra sposi separati e tra fratelli litigiosi, Egli invece va ben oltre, certo che persino le prede possono convivere con i predatori. Nel regno dei cieli che viene, anche i sentieri che normalmente separano i nemici tra loro divengono ponti che congiungono e vie di pace.
Un Dio così va conosciuto. A Lui, che i farisei e i sadducei pensano di possedere con i loro ragionamenti e i loro moralismi… a Lui, che invece è molto lontano da quegli occhi poco verginali, oggi vogliamo volgere lo sguardo assetato di buone notizie, e il nostro cuore da ‘azzeccagarbuglì tanto ansioso di semplicità e di riposo.
‘La conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare’ (Is 11, 9b). La conoscenza è intimità, affettuosità reciproca, frequentazione casta e dialogo. Basta con le ipotesi e le rimuginazioni su noi stessi e su Dio. Egli ci propone un rapporto totalizzante. Ci promette di poterlo davvero conoscere, e non soltanto noi, ma tutta la terra, tutta la creazione. Nel germoglio che nasce, nel virgulto di speranza ricolmo di Spirito Santo, ogni creatura riconoscerà Colui che l’ha generata. Conoscere è riconoscere, grati, il grembo da cui siamo venuti.
Ecco allora la necessità di andare al dunque. Le mille domande della vita, gli innumerevoli dubbi, le paure e le incomprensioni sulla storia vanno condotte a Lui. Si avvicina fragile e tenero per essere accessibile. Ci chiede di rinunciare alle fughe, e di volgerci direttamente alla grotta. Sarà quel bimbo che accenderà di fuoco il nostro cuore. Può darsi che brucerà qualche ramo inaridito. Ma dentro il fuoco, ciò che è oro si pulisce, si purifica, diviene tesoro prezioso. Il nostro cuore è pieno di perle preziose, che solo il contatto diretto con Lui, fuoco acceso dallo Spirito, possono profumare come frutti di conversione, come grano pronto a diventare pane.
‘Raddrizzate i suoi sentieri’, quindi, andate diritti al cuore di Dio. Il suo abisso chiama il nostro abisso. E in questo incontro rinnovato nei giorni dell’attesa, impareremo a lasciar cadere per sempre ciò che è vano ed empio. Non c’è tempo da perdere: Dio grida, con la sua voce di innamorato, che desidera essere conosciuto. E la conoscenza di Dio, la pienezza di Lui scardinerà le azioni malvage, e guarirà il nostro cuore troppo spesso saccheggiato della sua pace.