III domenica del tempo ordinario
Sin dalle prime righe del suo Vangelo, Luca ci offre delle verità molto importanti, che emergono dalla sua stessa esperienza. L’evangelista, infatti, sottolinea che è possibile divenire figli di Dio, a condizione, però, che ciascuno di noi lo desideri con la propria volontà personale. Sembra quasi che l’evangelista si immedesimi nei Magi, che abbiamo incontrato nel giorno dell’Epifania, i quali giungono a contemplare e adorare Gesù, dopo aver ricercato e camminato. Luca ci dice che Dio è per tutti – e lui da pagano qual era ha sperimentato su di sé tale verità -, ma che, nello stesso tempo, Egli ha rispetto della libertà di cui l’uomo gode. Per tale motivo, se da parte nostra non c’è desiderio, ricerca di Lui, Egli non può unirsi all’uomo per sanare le sue povertà. Dopo aver ricevuto il battesimo, Gesù entra nella sinagoga del suo paese natio e la scena, che subito si dipana dinanzi ai nostri occhi, sarà la medesima dell’ingresso a Gerusalemme, prima della sua morte in croce: accolto con festa e lodi, la folla ben presto muterà i propri sentimenti nel volerlo uccidere. Aperto il rotolo del profeta Isaia, Gesù ricerca un brano specifico, il capitolo 61, dove in modo sublime è manifestata la solidarietà amorevole da parte di Dio nei confronti dei poveri. Il brano in questione, dunque, rispecchia totalmente le finalità della missione di Gesù, ribadendo il suo essere per ogni uomo. Le parole contenute nel testo del profeta Isaia troveranno concretezza nelle azioni successive, che Gesù compirà in tutto il vangelo. Ma queste parole paradigmatiche manifestano anche una ulteriore verità: Dio non chiede nulla per se stesso. Gesù, infatti, viene non per dire primariamente come l’uomo deve comportarsi, ma per ribadirci ciò che Dio è per l’uomo: puro amore solidale. Il cristianesimo, dunque, non scaturisce da un insieme di norme e precetti, ma il cristiano è tale poiché ha ben compreso qual è l’atteggiamento di Dio nei suoi confronti. Infatti, come cristiani, primariamente non siamo chiamati a fare, ma a contemplare, poiché solo dalla mistica ricerca dell’Assoluto scaturisce poi la vita santa, che testimonia la nostra fede.
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