III domenica di Avvento
Che cosa dobbiamo fare? Giovanni sta predicando e annunciando il Cristo nella regione del Giordano, e come conseguenza la gente gli pone questa domanda. La stessa domanda viene posta dai pubblicani (ossia esosi esattori delle imposte), e dai soldati. Tre gruppi di persone pongono la stessa domanda, e Giovanni dà tre risposte diverse: alle folle (e quindi a tutti), suggerisce l’atteggiamento della condivisione, ai pubblicani la giustizia e ai soldati la correttezza. Più semplicemente Giovanni risponde: siate la versione migliore di voi stessi, non di un altro. Vivi bene ciò che sei chiamato ad essere, non devi compiere strani riti o fare chissà cosa: sii te stesso, vivi bene la tua vita. Chi pone questa domanda? Chi ha ascoltato la buona notizia del vangelo e desidera rispondere concretamente (non chiedono cosa dobbiamo credere, ma FARE).
La concretezza dell’incarnazione è la scelta di Dio non solo per incontrare l’uomo, per essergli vicino: l’incarnazione è l’essenza stessa di Dio, la sua modalità, la sua anima. Proprio per questo Dio è Creatore (plasma, si sporca le mani, crea), e Salvatore (si incarna, piange, gioisce, soffre, muore). La fede in Cristo ha bisogno di carne e ossa, non di idee, di filosofie, ma di muscoli e tendini che lavorano in sintonia col cuore e la testa, per rendere il mondo un luogo più bello e più buono.
Io vi battezzo con acqua. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Abbiamo necessità dell’acqua, per lavarci, per bere, per pulire, e abbiamo necessità del fuoco, per scaldare, bruciare, purificare, plasmare, sciogliere. Dio che è Creatore sa bene come gestire la materia, e sa che alla dolcezza dell’acqua c’è bisogno della forza del fuoco. Questi due battesimi non sono in contrapposizione, ma si completano. La proprietà pulente dell’acqua è completata dalla potenza del calore del fuoco, dall’azione trasformante dello Spirito.
Il fare non è solo nostro: il fare è il lavoro di Dio che si affatica e si stanca, proprio come noi. Ecco perché desidera l’incontro con te: per riposarsi, per stare in famiglia, per dirti che gli sei mancato, per raccontarsi e per ascoltarti.