III domenica di Avvento
In questa terza domenica di Avvento, chiamata domenica «Gaudete» «della gioia», la nostra attenzione si concentra sulla figura di Giovanni il Battista il quale non è più nel deserto, non può più parlare, non ha attorno a sé le folle che chiedono un battesimo di penitenza. Ora lui è solo: è stato rinchiuso nel carcere da Erode Antipa, un potente di questo mondo che non sopporta le critiche rivoltegli dal Battista circa il suo legame illecito con Erodiade, moglie di suo fratello (cf Mt, 4, 12; 14, 3-4). In questa situazione di umiliazione e sofferenza sente «parlare delle opere del Cristo», del Messia che lui, ispirato da Dio, aveva annunciato.
Giovanni attendeva un Messia con i tratti del giudice severo, che avrebbe tagliato con la scure gli alberi che non danno frutto e bruciato la paglia con fuoco inestinguibile (cf Mt 3, 10.12); e invece apprende che Gesù siede a mensa con i peccatori, che prova compassione per le folle, che sembra annunciare solo la misericordia di Dio. Questo Messia non era esattamente come Giovanni l’attendeva. Ed è per questo che egli – annota Matteo -: «per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». La risposta che Gesù dà loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo», indica che questo è il compimento della Scrittura, queste sono le azioni di Gesù, Messia «mite e umile di cuore» (cf Mt 11, 29) che è venuto nel mondo per annunciare il grande amore di Dio per tutti gli uomini. A questa risposta Giovanni credette, non si scandalizzò di lui: «È beato colui che non trova in me motivo di scandalo». Il Battista dal carcere accoglie quest’ultima rivelazione di Gesù, la accoglie con affidamento personale. Chissà nel carcere quanto meditò queste parole alle quali risponde con un «fiat-amen» silenzioso ma pieno d’amore; le fece sue e dette la vita per testimoniare la fede in Gesù. Egli è un uomo che ha camminato nella fede e così va verso una morte ingiusta in piena obbedienza, facendosi precursore del Messia anche in questa fine.
E proprio mentre Giovanni esce di scena, Gesù manifesta con grande solennità alle folle l’identità del Battista. Egli annuncia che Giovanni non è «una canna sbattuta dal vento», ossia non è un uomo che si è adattato a una vita comoda, servile, rammollita, non è un potente che, avvolto in lussuose vesti, sta nei palazzi del potere, ma è un «profeta…anzi, più che un profeta. È colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io manderò il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”». Giovanni, dunque, è il nuovo Elia (cf Mt 11, 14), è l’Elia venuto e non riconosciuto (cf Mt 17, 12-13), che con la sua vita e la sua morte ha aperto e annunciato l’esodo definitivo, la salvezza portata dal Signore Gesù. Ecco la chiave per comprendere bene le parole conclusive del Signore: «fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». Chi è il più piccolo? È Gesù in quanto è colui che è venuto dopo il Battista (cf Mt 3, 11), eppure, nello stesso tempo, è lui il più grande nel regno di Dio – che è venuto ad inaugurare – in quanto «lui e il Padre sono una cosa sola» (cf Gv 10, 30).
Ebbene sì, noi cristiani possiamo conoscere Gesù, solo attraverso il Battista: egli è stato il precursore di Cristo, colui che lo ha indicato e rivelato come il Messia, come «l’agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!» (cf Gv 1, 29). Se non accettiamo la sua testimonianza, grande anche nel manifestare la sua fede tentata, non potremo credere neppure a Gesù (cf Mt 21, 25-27).
Chiediamo a Dio, affinché con la forza del suo amore, sostenga il cammino del suo popolo che attende con fede il Natale del Signore.
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