III domenica di Avvento
E’ la domenica della gioia. Nel cammino di avvento il Signore ci invita alla gioia, alla pace del cuore, alla fiducia profonda; il Signore ci dà e ci vuol dare la sua gioia, il suo amore. Certo, non è facile tutto questo, ma ci è necessario. Mi ha colpito nei giorni scorsi leggere alcune espressioni del rapporto Censis, che, in un certo senso, fotografa la situazione della nostra gente, di tutti noi che viviamo in questo tipo di società, in questo periodo. Secondo questo rapporto il popolo italiano è molto scoraggiato e per tutta una serie di motivi: la pandemia ci ha segnato profondamente, i danni li stiamo pagando adesso, ad esempio, nella riorganizzazione del sistema sanitario o nella situazione psicologica fragile e in pericolo dei ragazzi, chiusi in casa per lungo tempo, ma non solo dei ragazzi. Poi questa orribile guerra, la situazione e le tragedie, i drammi, di un intero popolo, il popolo ucraino. Inoltre sappiamo di tante altre guerre che colpiscono molti popoli. Si parla continuamente di guerre e questo non è bello, ci dà insicurezza, sentiamo dolore nel sapere che ci sono milioni di vite umane appese alla follia delirante di una mira espansionistica. Poi si avverte la crisi economica, l’inflazione, il valore diminuito del denaro. Abbiamo la crisi ecologica, che non è un appannaggio di qualcuno, ma va affrontata con determinazione, anziché continuare a distruggere la terra, nostra casa comune. C’è tutta una serie di cose, che la nostra gente non tollera più, come ad es., disparità, ingiustizie, relazioni di contrapposizione, di tensioni anziché di armonia, di comprensione, di pace. Molte volte si finisce per dare la colpa agli altri, “la colpa è sempre degli altri…”, anziché rimboccarsi le maniche moralmente e fisicamente e diventare sapienti e costruire in maniera solida i valori della vita e della pace, anche in quel piccolo spazio di relazioni dove si snoda la nostra esistenza.
Cosa possiamo fare? Alzare lo sguardo, convertire il cuore, chiedere e credere fermamente a Dio. Sentirci incoraggiati, sentirsi amati da Lui, imparare ad amare. Dio la sua parte la fa tutta, possiamo chiederci: ‘noi facciamo la nostra parte?’. Il Signore ci vuole donare la sua forza, la sua pace, la speranza… Dice il testo del profeta: “Si rallegri il deserto e la terra arida, si canti con gioia e con giubilo, si vedrà la gloria del Signore. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: “coraggio, non temete, ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi”. Torneranno i riscattati dal Signore, verranno con giubilo, felicità perenne splenderà sul loro capo, gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”. Questa è la parola, questa è la promessa di Dio, questo è il suo progetto di amore e di grazia per ciascuno di noi e per la umanità intera. Il Vangelo ci riporta la testimonianza che Gesù stesso pronuncia a riguardo di Giovanni Battista, il precursore, il grande profeta, colui che prepara la via al salvatore del mondo. Fa tutto questo con la sua predicazione, col suo battesimo, con la sua vita, col suo martirio. Quando manda i suoi discepoli a Gesù per chiedere se lui è il Messia, forse in un momento di dubbio doloroso oppure perché i suoi discepoli aprissero gli occhi e la vita al Signore Gesù, Gesù non risponde direttamente ma elenca le opere del Messia, la guarigione dei malati: ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, morti, poveri ai quali è annunciato il Vangelo…
Il Signore è presente e opera e tanti, tantissimi, sono i segni del suo amore. Si tratta di affidarsi a Lui, di credere a Lui che è il vero salvatore, di collaborare con lui a portare avanti e realizzare i segni della sua salvezza, nell’amore e nell’aiuto di guarigione dei malati, dei poveri, dei peccatori. Tante persone hanno vissuto e vivono così. In questi giorni ho avuto la notizia dolorosa e commovente della morte di Suor Marzia, una missionaria che è stata tanto importante per la mia vita, mi ha onorato della sua amicizia, mi ha reso partecipe, un pochino almeno, della sua opera missionaria, mi ha sempre sostenuto col suo esempio, la sua fede, la sua consacrazione, il suo amore totale e pieno ai poveri.
Giunsi in Somalia, in una prima visita missionaria, mi portarono nel suo orfanotrofio, dove accoglieva, curava, nutriva, salvava tanti bambini. In quei giorni nell’orfanotrofio ce ne erano 1200; mi venne incontro, mise sulle mie braccia due piccoli gemelli e lei ne aveva altri due, e una schiera dietro di lei. In una sua testimonianza afferma così: “Noi abbiamo sempre lavorato nella semplicità, nel silenzio, nel nascondimento, condizione essenziale per chi lavora in terre musulmane. Sono una missionaria della Consolata e questa è una gioia grande per me e non ringrazierò mai abbastanza il Signore per il grande dono della vocazione e della missione. Ho trascorso 55 anni in Africa: 40 in Somalia e 15 a Gibuti.Sono stato rapita e le donne musulmane mi hanno salvato; una consorella ha subito il martirio, come il vescovo e alcuni padri. Durante una guerra infinita, alla sera non si sapeva se arrivavamo al mattino o alla sera successiva. Ogni mattina ricominciavamo il lavoro con un amore nuovo, offrendo a Dio la nostra vita, per il bene della nostra gente, sempre affidate a Lui solo e alla sua volontà. Il pensiero che tante altre vite erano a rischio e avevano bisogno di aiuto ci dava tanta forza e siamo volute rimanere lì, sempre. Pur nella mia fragilità, ho cercato sempre di amare tutti, piccoli e grandi, sentire tutti come fratelli, aiutandoli nelle loro necessità, cercando sempre il loro bene, per renderli migliori. La mia vita l’ho donata al Signore e in Lui ho cercato di amare i fratelli e le sorelle che ha messo sul mio cammino, testimoniando loro l’amore che Dio ha per ogni creatura”. Questi sono i segni di Dio, i suoi miracoli di amore, di grazia di salvezza. Dove c’è amore, c’è speranza e forza.
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