IV domenica del tempo ordinario
I Templi antichi erano quasi sempre costruiti su alte basi rispetto alla sede stradale in modo da sottolineare che quello che stava dentro, la divinità, era ad un livello più alto della vita della città che li circondava. Lo stesso era per le statue delle divinità, che per dimensioni e collocazione erano posti sempre più in alto a rimarcare la lontananza dagli esseri umani inferiori. Questa collocazione “in alto” e “sopra” viene poi assunta anche da coloro che detenevano potere e ricchezze, che per evidenziare la loro superiorità si ponevano in alto e distaccati da chi era suddito e più povero.
I primi cristiani nel costruire le loro case di preghiera per questo motivo hanno rifiutato di assumere i modelli dei templi pagani, perché avevano capito che il primo a scendere in basso a livello dei più poveri e ultimi era stato proprio Dio stesso, nell’umanità di Gesù.
Gesù infatti è Dio che è sceso dalla realtà divina per rendere possibile il suo Regno qui dove l’uomo vive la sua vita, e nello stesso tempo per farlo “salire” alla condizione di Figlio di Dio.
Gesù quando vede le folle e in mezzo ad esse i discepoli, promulga dal monte la nuova legge di Dio, dice l’evangelista Matteo. Nelle intenzioni del racconto di Matteo, non è un monte preciso, ma un luogo simbolico, che richiama il monte Sinai dal quale Dio diede la legge al popolo di Israele. Gesù dona la nuova legge delle Beatitudini dal monte di Dio, cioè dalla realtà di Dio che è aperta ad ogni essere umano, chiamato a salirvi senza barriere, ostacoli, permessi e impedimenti.
Le prime otto beatitudini, simili nella struttura da diventare una sorta di slogan da memorizzare, insieme alla nona beatitudine che ha una struttura leggermente diversa che fa da chiusura, sono le dimensioni di un modo nuovo di essere con Dio, con se stessi e con il prossimo.
Le beatitudini sono il dono della felicità piena che sembrava possibile solo a Dio e agli angeli, ma che ora è per tutti, anche per chi piange, per chi cerca faticosamente la giustizia e la pace, per chi vive la bontà come stile di vita…
E’ beato anche chi è “povero di spirito”, cioè chi rinuncia a poggiare la propria felicità sull’avere e condivide senza accumulare a scapito degli altri.
E’ beato anche chi viene perseguitato perché crede nella giustizia e nel perdono…
La felicità profonda, esterna e perfetta è possibile non tanto per i soli sforzi umani ma prima di tutto come dono di Dio a coloro che prendono quella direzione.
La felicità che eleva più in alto di ricchezze e riconoscimenti umani, è possibile a chi si orienta a vivere lo stile di Gesù, che è stato il primo povero di spirito, il primo che ha pianto, che è stato mite e misericordioso, il primo a ricercare pace e giustizia. Gesù è il primo beato che ha inaugurato un Regno dei cieli che non è “nei cieli” (cioè lontano, futuro, astratto…) ma in terra, ovunque ci sia anche il più piccolo gesto nella sua direzione.
Oggi ho sentito una toccante testimonianza di una anziana sopravvissuta al campo di concentramento di Aushwitz.
Edith Bruck, scrittrice e poetessa, che al tempo delle deportazioni aveva 12 anni, racconta che al momento di scendere dal treno al campo di concentramento, una guardia nazista, la costrinse con la forza a separarsi dagli adulti della sua famiglia per andare nella direzione opposta, quella che non portava all’immediata esecuzione della camera a gas ma ai lavori forzati, con la possibilità di salvarsi. Questo gesto che lei al memento ha vissuto come una violenza, in realtà era un gesto di salvezza da parte di quella guardia, che la voleva preservare dalla morte immediata. Quella guardia voleva salvare una vita in mezzo a tanto orrore. Altri piccoli aiuti dati durante la prigionia da parte di guardie e soldati, le hanno permesso di sopravvivere.
La sua conclusione, che mi ha colpito, è molto forte e sento profondamente evangelica: “Esiste ancora una umanità, basta uno che non è come l’altro per dire che non tutto è perduto. Questa è la speranza veramente”
Il Regno dei cieli è possibile anche negli orrori della storia, del passato e di oggi, quando anche un solo uomo o donna, di qualsiasi razza e religione, vive le beatitudini come Gesù.
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