IV domenica del tempo ordinario
La chiesa ci chiama oggi a meditare sulle beatitudini pronunciate da Gesù in apertura del suo «discorso della montagna».
In queste parole c’è davvero la proposta di un modo nuovo di pensare, di essere, di vivere. Per noi credenti questo discorso indica la direzione della nostra continua conversione; per i non credenti, invece, è un enigma e nello stesso tempo una sfida.
Quando leggiamo queste acclamazioni non possiamo restare indifferenti: o le rigettiamo come utopiche, impossibili da realizzare, oppure dobbiamo accoglierle quale pungolo che mettono in discussione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù e la nostra gioia e felicità nel vivere il Vangelo.
Essere «beati» è una assicurazione a colui che cerca gioia e felicità. Se la fede non dà contentezza, evidentemente non c’è, oppure è debole, fluttuante, incerta. Se portiamo tristezza e diffondiamo tristezza, è da rivedere tutta la nostra vita cristiana perché fede e gioia si cercano e si muovono insieme.
Questo l’aveva capito bene santa madre Teresa di Calcutta. Ciò che più colpisce nella sua vita è la continua serenità del suo volto. Un giorno disse alle sue suore: «La nostra gioia è il mezzo migliore per predicare il cristianesimo».
Ebbene, le beatitudini indicano a noi cristiani di dare un senso alla vita: Gesù proclama beati quanti vivono alcuni comportamenti in grado di facilitare il cammino verso la piena comunione con Dio, comportamenti che vanno assunti nel cuore e messi in pratica tanto nel contenuto quanto nello stile. E lo fa con l’autorevolezza di chi vive ciò che chiede agli altri, di chi è affidabile perché fa ciò che dice!
La prima beatitudine pronunciata da Gesù è: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli». In questa proclamazione sono racchiuse le altre beatitudini. I poveri sono i primi destinatari della buona novella, sono i privilegiati del Regno. Essere poveri nello spirito non è semplicemente una condizione economica, ma un atteggiamento dell’animo: il Vangelo, infatti, parla di poveri nel cuore, poveri nelle intenzioni, poveri nello spirito.
Ma chi sono i poveri nello spirito?
Sono coloro che non puntano sul denaro, sul potere, sul successo. Povero è chi ha rotto con l’idolatria del denaro e del potere. Povero è chi sente dentro di sé una profonda inquietudine che lo spinge al di là delle cose di quaggiù e lo porta a salire, a cercare, fino a trovare Dio. Povero è colui che si appoggia sulla Roccia, che è Dio!
Chi non è «povero» secondo il Vangelo non può fare posto agli altri nella sua vita, non si accorge spesso neppure della loro presenza, rimane chiuso in se stesso, nel suo egoismo, nel suo orgoglio, nella sua avidità. Chi non è «povero» secondo il Vangelo non può rischiare la propria vita per costruire la pace, non può essere affamato e assetato di giustizia, non conosce la misericordia nel senso pieno di questa parola. Il «povero» del Vangelo è capace di tutto perché ha scoperto il valore del dono che gli è fatto.
Ed infine, nell’ultima beatitudine, Gesù dice: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Ciò significa che chi vive il vangelo delle beatitudini, si aspetti scherno e persecuzione: perché coloro che vivono nelle tenebre odiano la luce. Ma anche la persecuzione rientra nella povertà del credente: la Chiesa più rinuncia alle sicurezze umane e più è grande e luminosa. Per questo i cristiani della prima ora, così come quelli del nostro tempo, non hanno temuto e non temono le prove e le persecuzioni! Dio, infatti, fa cose grandi con i piccoli, con gli umili, con coloro che non hanno pretese da imporGli, Per fare qualche esempio, pensiamo ad Abramo: un oscuro nomade che diventa padre di una moltitudine di credenti; Mosè, un balbuziente cacciato dal faraone, diventa il liberatore d’Israele; Davide, l’ultimo figlio di Jesse, umile pastore, diventa re d’Israele ed erede della promessa messianica; Maria, una ragazza sconosciuta, diventa la benedetta fra tutte le donne.
Ma la grandezza di Dio ha continuato ad operare prodigi nei secoli fino a raggiungere i nostri giorni: basti pensare al santo curato d’Ars, a san Leopoldo Mandic, a san Pio da Pietrelcina etc… erano niente per il mondo, osteggiati dal mondo, eppure il mondo è stato costretto a riconoscere in loro una grandezza che viene dall’Alto.
Il Vangelo di questa domenica, dunque, ci invita a convertirci, a cambiare strada, mentalità. Ed inoltre ci fa riflettere che non vinceremo con l’intelligenza, con le capacità e con i mezzi umani: vinceremo il male se saremo poveri e umili, perché solo allora Dio vincerà in noi. Amen!
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