IV domenica di Pasqua
A tutti sarà capitato di dire almeno una volta, in riferimento a qualcuno, “che bella persona!”. Cosa significa essere “belli”? Bello è colui che incanta per il suo modo di fare, appassiona col suo modo di credere a ciò che fa, affascina per la sua personalità… Infatti una persona non fa la bella, ma è bella: è abitata dalla bellezza, è plasmata da essa, ed è da essa animata!
Gesù dice letteralmente «Io sono il Pastore bello» (Gv 10, 14), ma è chiaro che non c’è alcun riferimento all’estetica, o almeno non in senso diretto. La sua bellezza deriva dalle cose “belle” che fa e dal bel motivo per cui le compie: “offrire la vita”, verbo ripetuto più volte in questo brano del Vangelo (Gv 10,11-18), per sottolineare l’importanza del gesto. E questa offerta di Gesù non è solo il morire, ma l’atto proprio di Dio, come quello di una madre, come quello della linfa della piante… dà vita e mantiene in vita!
Il Signore, però, mette poi in guardia dal modo in cui, invece, dà la vita un mercenario rispetto al pastore: il mercenario, infatti, non ha a cuore. A Dio, invece, tutte le creature stanno a cuore.
Gesù insegna la passione che dobbiamo metterci nelle cose che facciamo, che non è mai passione di autocompiacimento, mai autoreferenziale, mai egocentrica… ma allocentrica (cioè incentrata sull’altro/Altro) e dove il guadagno non è mai come quello dei mercenari che fanno ciò fanno per un tornaconto.
A questo punto molti penseranno: “ma io già lo faccio”. Attenzione a non confondere l’atteggiamento altruista e generoso della filantropia con quello cristiano. Il filantropo agisce in modo disinteressato per il bene del genere umano; il cristiano non agisce in modo disinteressato solo per la crescita umana, ma anche (e soprattutto) per quella spirituale dell’uomo. Per un cristiano il suo unico guadano è far guadagnare le anime a Dio: attraverso il proprio esempio di vita e la propria dedizione permette al mondo di incontrare Dio (il Bello!). In altri termini: una vita insaporita di Gesù che parla di Dio senza alcun bisogno di parole.
Direbbe San Francesco di Sales: «Non parlare di Dio a chi non te lo chiede. Ma vivi in modo tale che, prima o poi, te lo chieda».
– La mia vita parla di Dio? Quali atteggiamenti e abitudini ho?
– Ho mai agito per interesse (anche solo per essere riconosciuto un merito)?
– In quello che faccio quanto sono attaccato ai miei titoli, alla notorietà, al prestigio…?