IV domenica di Quaresima
Celebriamo oggi la quarta domenica di quaresima, anche chiamata “domenica Laetare”. Come ci ricorda l’espressione stessa, questa tappa del nostro cammino quaresimale ci invita a rallegrarci. Sembra difficile e anacronistico rallegrarci oggi, in questo tempo così difficile, tra il covid che continua a paralizzare la nostra vita sociale e la guerra che prosegue in tutta la sua drammaticità. Probabilmente la gioia alla quale il Signore ci chiama segue criteri diversi dalla logica del mondo. Lasciamoci guidare dalla Parola di Dio per scorgere la luce che il Signore vuole donare a ciascuno di noi.
La liturgia odierna ci propone la parabola del padre misericordioso. Si tratta di una pagina affascinante del vangelo di luca. Gesù, di fronte alle critiche dei farisei e degli scribi, che lo accusano di mangiare con pubblicani e peccatori, risponde raccontando il cuore del Padre. Il punto di partenza è proprio qui, Gesù vuole presentarci lo stile di Dio, che ama oltremisura. Il protagonista del racconto è un padre che ha due figli. Ripercorriamo il ritratto del cuore di Dio che Gesù ci presenta, attraverso tre icone del vangelo di oggi.
La prima icona riguarda il desiderio di libertà e autonomia che il figlio più giovane sente emergere con molta forza. È il desiderio che ciascuno di noi si porta dentro. È difficile dipendere da qualcuno e come figli possiamo sentire spesso dentro di noi l’esigenza di camminare con le nostre gambe. Quante volte, anche nel nostro rapporto con Dio, siamo convinti di voler camminare esclusivamente con le nostre gambe? Quante volte preferiamo fare di testa nostra senza fare spazio al confronto? Questo figlio giovane ci permette oggi di prendere seriamente in considerazione che desideriamo essere liberi e soprattutto scoprire in cosa consista davvero questa libertà. All’interno di questa icona, il padre si dimostra aperto alla richiesta del figlio. Gli permette di osare. Il nostro è un Dio che ci consente di osare, di sperimentare. Non è facile capire cosa si muova all’interno del nostro cuore e un padre sa che il figlio deve fare tanta strada per riuscire a scorgere la grandezza alla quale è chiamato.
La seconda icona ci presenta un’azione che il figlio più giovane compie: ‹‹allora ritornò in sé›› (Lc 15,1-6). In questa frase viene sintetizzato il luogo in cui Dio comunica con noi. Spesso a noi sfugge la dimensione dell’interiorità e della preghiera, che ci consente di riscoprire i movimenti della nostra anima. Spesso come figli, anche nei confronti di Dio, diamo tutto per scontato e non ci fermiamo mai a fare mente locale per assaporare il privilegio di essere e sentirci figli. Forse si tratta di vedere la realtà con occhi diversi. Il vangelo ci invita oggi a ritornare in noi stessi, per chiederci dove il nostro cuore davvero si sente a casa. Domenica scorsa la liturgia ci ha presentato Mosè sul monte Oreb, dove incontra Dio che gli rivela il suo nome. Mosè incontra Dio in un roveto che arde. Dio si rivela a noi riscaldandoci. Ritornare in noi stessi è una prerogativa per poter sperimentare il calore di un Dio che non vuole condannare o metterci sotto esame, ma un Dio che vuole farci sperimentare la bellezza di essere figli amati, come rivela a Gesù nel battesimo.
La terza icona ci parla dello sguardo del padre. Una delle caratteristiche più affascinanti della personalità di Gesù è il suo modo di guardare le persone. Il suo modo di guardare chi soffre, chi sbaglia, chi ama, chi lo segue, ci dice tanto dello stile di Dio. Il nostro è un Dio che ci ama guardandoci dentro. Il figlio più giovane della parabola decide di tornare a casa e il padre lo vede da lontano. In quel verbo “vedere” Gesù vuole concretizzare l’amore di Dio nei nostro confronti. Dio ci guarda in modo del tutto diverso. Ci guarda come una mamma e un papà osservano il proprio figlio o figlia che gioca, dorme, mangia. Quante volte rischiamo di non entrare in questa sguardo? Quante volte ci capita di distogliere lo sguardo? È quello che è successo al giovane ricco ed è la fatica che compie il figlio maggiore della parabola. Chi lo sa se quel fratello maggiore sia entrato a far festa? Il cuore della parabola è proprio qui: scoprire e sperimentare di essere figli dello stesso Padre.
Gesù con questa parabola probabilmente vuole ricordarci che la sfida più grande è quella di crescere come figli di un unico Padre e fratelli tra noi. Le guerre e le ingiustizie nascono proprio dal malinteso che ci fa dimenticare di essere fratelli. Come cristiani siamo invitati a questa festa; il motivo della gioia di questa quarta domenica di quaresima è proprio qui: la misericordia di Dio Padre. Gesù con questa parabola desidera raccontarci il cuore di Dio. Ci aiuti questo racconto ad assaporare e gustare il Dio che ci chiama alla vita e che ci ricorda la bellezza di essere figli amati, sempre e comunque.
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