Natale del Signore (messa del giorno)

BUON NATALE!

La pagina del Vangelo di Giovanni, nota come il Prologo, annuncia il mistero dell’Incarnazione senza cedere a romanticismi facili, né inutili dolcinerie. Il motivo del Natale è tutt’altro che romantico. La dolcezza, la tenerezza che un neonato suscitano sono aspetti del tutto secondari nell’economia della salvezza inaugurata dalla nascita di Gesù. Purtroppo, come spesso accade, gli elementi accessori, il contorno, l’involucro,… prevalgono sul contenuto, sull’essenziale, sul nucleo, sul fondamento… Maledetta apparenza!!

Tuttavia, spingendo l’esame critico alle sue estreme conseguenze, si rischia di liquidare l’evento del Natale, nel suo concreto manifestarsi – il dato puramente fenomenico – come un dettaglio irrilevante; ciò che conta è che Dio si sia dato una mossa, finalmente, scendendo dal suo tranquillo Paradiso, per venire a visitarci, e a salvarci…

Sarebbe un grosso errore trascurare il fatto che l’Onnipotente si è fatto bambino, fragile e impotente. In fondo, qual è il motivo della cura che dedichiamo a un neonato? per contro, qual è la causa del disgusto e della rabbia che proviamo leggendo notizie di violenza, di accanimento sul corpo di un bambino – le pagine dei quotidiani ne sono piene -? È la fragilità della vita che nasce, la totale incapacità di essere autonoma, il bisogno di tutto,… OK la tenerezza, OK la commozione, ben venga la poesia. Ma guai, però, a fermarci lì!

Ecco il problema!!…Molti – tutti? – si fermano alla tenerezza, alla commozione, alla poesia!… Non sollevano il velo dell’apparenza, per scoprire la Verità che c’è sotto… almeno provarci. I versetti che introducono il quarto Evangelo rappresentano il tentativo di Giovanni di sollevare il velo dell’ignoranza che avvolge il Mistero del Natale, per indagare il fatto sconvolgente di un Dio che viene a visitare gli uomini, azzerando le distanze tra cielo e terra, tra santità e peccato, tra forza e debolezza,… Di più, il mistero del Natale ci insegna che la forza di Dio consiste proprio nel farsi debole. E se la debolezza di un bambino, di un malato, di un povero, di uno straniero, di un carcerato, di un moribondo suscita sentimenti di pietà, spinge ad avvicinarsi, convince a farsi prossimo,… allora Dio è un bambino, Dio è un povero, Dio è un malato, Dio è un profugo, Dio è un carcerato, Dio è un moribondo (cfr. Mt 25, 31-46)…!

Che cosa risveglia in noi il mistero del Natale?

Giovanni, più di Matteo, Marco e Luca, identifica il messaggio con una persona, più che con un compendio di norme, di insegnamenti: al cap 14 – siamo nel contesto della cena di addio – il Signore dichiara: “Sono io la via, io la verità, io la vita”.

C’è una progressione rovesciata – dal più al meno – nella descrizione dei destinatari immediati del Vangelo, e di quanti hanno ascoltato e messo in pratica l’annuncio di Cristo: il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo – l’umanità intera – non lo ha riconosciuto; venne tra i suoi, eppure i suoi non l’hanno accolto – dall’umanità intera ai Giudei -; a quanti però l’hanno accolto, gli Apostoli, ha dato potere di diventare figli di Dio – dall’umanità, ai Giudei, ai Dodici -.
Noi ci lamentiamo che il Vangelo non interessa più a nessuno, o, se non proprio a nessuno, (il Vangelo interessa) a pochi… Ebbene, che il criterio quantitativo, la conta dei numeri, non sia mai stato rilevante ai fini del futuro del Vangelo, e, aggiungo io, dell’avvenire della Chiesa, lo testimonia il Natale del Signore e di quanto avvenne nei trent’anni a seguire. Il Re dei Re ricevette l’omaggio dei pastori, coloro che nella società del tempo contavano nulla; chi avrebbe perduto tempo ad ascoltare il loro racconto? Eppure, all’inizio, c’era quello e nient’altro. È la logica del granello di senapa, della pecora smarrita, della moneta perduta, della perla preziosa, del tesoro rinvenuto per caso in un campo,… di una debole luce che splende nelle tenebre, come quella che abbiamo visto stanotte.
BUON NATALE a tutti!

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