Pentecoste
Quando si è stanchi e sfiniti dopo una lunghissima giornata estenuante, si ha voglia di riposare e si rimandano al giorno seguente eventuali altri impegni e mansioni. Se però al termine della giornata ci attende un hobby o un lavoro che siamo soliti eseguire con piacere, non si considera la stanchezza, ma continuiamo a metterci all’opera. Una canzone può durare all’infinito quando non la si ascolta volentieri; abbiamo l’impressione che duri solo cinque minuti quando invece la ascoltiamo con passione e dedizione.
Analogamente, quando si ascolta un’omelia o un passo della Bibbia, lo si può sempre capire ma non sempre lo si comprende, ossia non sempre lo si assimila. Quando si realizzano delle opere di bene, queste sono certamente sempre lodevoli e meritorie, ma non sempre esaltano il cuore di chi le intraprende e non sempre l’agire è sinonimo di schiettezza e sincerità. Quando si prega, è possibile anche non dare senso alle parole, ma biascicare distrattamente espressioni passive. Occorre che l’ascolto della Parola, la preghiera e la carità effettiva siano sospinte da uno sprone fondamentale che infonda in noi il piacere, il desiderio, il gusto, insomma da una motivazione fondamentale per la quale esercitiamo senza riserve codeste virtù. E questa motivazione fondamentale è lo Spirito Santo. Grazie allo Spirito siamo in grado di trasformare l’elemosina in carità, il chiacchiericcio in orazione esaltante, il sentire nell’ascoltare. Grazie allo Spirito ogni sermone o qualsiasi scrittura sacra oltre che ad essere da noi compresa viene assimilata come Parola di Dio e sempre in forza dello Spirito qualsiasi attività, per quanto difficile e insostenibile non è mai impossibile e viene da noi messa a punto con fervore, gioia ed entusiasmo. Lo Spirito Santo è la vitalità del nostro essere e del nostro operare, ciò che colma di senso e di valore ogni elemento della nostra vita cristiana; lo Spirito è anzi la vita stessa. “Lo Spirito attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio”(Rm 8, 16) afferma Paolo e aggiunge anche che lo Spirito Santo poiché abita in noi, da’ anche vita ai nostri corpi mortali (Rm 8,11). Dare vita vuol dire ricomporre la carnagione sulle ossa inaridite che un po’ alla volta cominciano a formarsi nelle membra e nella carnagione per noi animarsi e assumere dinamicità e vigore (Ez 37, 4 – 8); lo Spirito è infatti fautore della vita fisica che sovrasta la morte, fino ad averne ragione. Tuttavia dare vita vuol dire anche promuovere dinamicità, entusiasmo, gioia e dinamismo su tutto quanto si opera e questa prerogativa è propria dello stesso Spirito. Si tratta infatti dello Spirito di colui che da morto è passato la vita perché tutti avessimo la vita in pienezza, quello che Gesù Risorto aveva promesso ai suoi discepoli ancor prima di essere consegnato; lo Spirito che non li avrebbe lasciati soli ma che li avrebbe condotti alla conoscenza della verità.
Sulla croce Gesù era spirato “affidando lo Spirito al Padre”; la sua resurrezione era avvenuta in forza dello Spirito Santo; dello Spirito era stato dispensatore già una vota risuscitato comparendo ai suoi discepoli perché avessero il potere di discernere sui peccati degli uomini.
Adesso, giorno della Pentecoste ebraica, si verifica la promessa di Gesù: lo Spirito Santo discende su di loro attraverso elementi caratteristici del divino e la sua azione produce sui discepoli appunto quegli stessi effetti motivazionali di cui si parlava: da timidi e impauriti diventano intrepidi e coraggiosi; prima nascosti, circospetti e taciturni, ora sono esposti e parlano a tutti con franchezza, senza riserve e disinvoltamente, adoprando un linguaggio comprensibile da tutti gli astanti di varie provenienze e nazioni (xenoglossia). Prima titubanti e malsicuri, ora stupiscono tutti per entusiasmo e zelo esplosivo. Il solo discorso di Pietro, che fa appello a Davide per dare credibilità alla resurrezione di Gesù, suscita la conversione di ben tremila persone e magari fra quelle ci sono i crocifissori dello stesso Cristo. Cos’è successo? Nulla di particolare, lo Spirito che Gesù Risorto aveva promesso ha agito su di loro inculcando quella motivazione, quello sprone e desiderio fondamentale che a loro mancava per dare senso e rigore alla missione; per comprendere essi stessi e per far capire agli altri che quello che proferiscono è messaggio divino. Lo Spirito Santo li istruisce su ogni cosa, li rende edotti della presenza del Risorto e fa assimilare loro che lo stesso Signore agisce imperterrito loro tramite nella vita della Chiesa.
La verità non può non essere il criterio entro il quale ci muoviamo perché ogni atto sia conforme ed equo e solo lo Spirito Santo, poiché Dio assieme al Padre e Figlio, è in grado di illustrarci ciò che è vero e giusto. Gesù diceva espressamente: “Egli (lo Spirito) prenderà del mio e ve lo annuncerà (Gv 16, 15). Appunto perché garante di verità,
lo Spirito è l’elemento indispensabile dei nostri buoni propositi e il propulsore delle nostre azioni e ancor prima ispiratore delle nostre intenzioni. Diceva Giovanni M. Vianney che quando abbiamo pensieri buoni, lì è lo Spirito Santo che viene a trovarci. Soprattutto perché si possono realizzare azioni su pensieri positivi, perché quando le convinzioni sono buone anche le risultanti dell’agire saranno produttive; e in tal caso anche i fatti sono opera dello Spirito. Questi agisce e soffia dove vuole (Gv 3, 8) senza che nessuno possa dirigerlo, condizionarlo o peggio ancora impossessarsene. E del resto non si tratta di una forza immateriale o astratta, né di un’illusione aleatoria e fugace: è lo Spirito che procede sin dall’eternità dal Padre e dal Figlio; quello che S. Agostino descrive come l’amore che intercorre fra i Due, essendo egli stesso Dio assieme agli stessi Padre e Figlio. Questa verità, prima ravvisabile solo per mezzo di figure o di riferimenti indiretti, ce l’ha rivelata lo stesso Verbo di Dio incarnato, che per volontà del Padre è stato egli stesso condotto dallo Spirito e dello Spirito è dispensatore nel giorno di Pentecoste. Se Dio è Verità in senso assoluto, il suo Spirito non può quindi non farci vivere di questa verità anche in senso relativo.
Domandiamoci: perché non godiamo di tutti questi benefici effetti dello Spirito Santo? Come mai la Chiesa non sempre vive lo slancio e la passione delle origini? Come mai si riscontrano al contrario risultati ben diversi o addirittura del tutto opposti a quelli di cui il Signore è capace nella Terza Persona della Trinità? Occorre considerare che lo Spirito Santo è paragonato a una fiamma viva (At 2, 3). alla quale possono essere riservati tre destini: essere attizzata, restare indebolita o finire spenta. L’uomo può scegliere nella sua vita a quale di questi tre destini sottoporre lo Spirito. O meglio, non proprio lo Spirito ma i doni che questi infonde nel nostro animo, le attività con cui ci avvince e ci coinvolge. Si può essere docili e deferenti all’opera del Signore che interviene in noi, ma anche refrattari, per la qual cosa Paolo esorta: “Non spegnete lo Spirito”(1Ts 5, 19). Letteralmente: “Smettete di soffocare continuamente lo Spirito Santo, non ponetegli resistenza, non rispondente con ostinata refrattarietà ai doni spirituali. Il nostro atteggiamento è purtroppo quello di voler sopprimere gli effetti della vita spirituale in noi, di limitare o di estinguere la fiamma dello stesso Dono supremo che Dio elargisce a piene mani. Si è indifferenti e refrattari di fronte al dono di Dio; ci si ostina a non credere o almeno a interpretare il dono in senso egoistico, pretendendo benefici e grazie spesso non meritate; siamo soliti trascurare che i doni dello Spirito Santo sono innanzitutto quelli della sana edificazione personale, ossia la gioia, la prudenza, intelletto, scienza., timor di Dio, sapienza… tutti quei benefici con i quali è possibile cogliere l’opportunità di edificare noi stessi, di rinnovarci in vista degli altri e del mondo intero. Ma mancare di docilità allo Spirito equivale a un’occasione mancata poiché vuol dire esere manchevoli a noi stessi.
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