SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
“La lingua non può dire né parola esprimere, solo chi ne ha esperienza impara con dolcezza che cosa sia amare Gesù” (Dulcis Iesu Memoria, str. V), canta un antico e sempre attuale Inno della Chiesa.
E dice bene: chi può trovare parole per descrivere il mistero di Gesù Cristo? Solo l’esperienza del suo Amore per noi può “parlarne”, o meglio: balbettarne qualcosa, e allora diventa testimonianza.
Infatti la comprensione totale di un così grande mistero di misericordia l’avremo nella pienezza della visione, nei Cieli. Oggi, qui sulla terra, ci è chiesta e ci è data la fede per adorarlo nell’Eucaristia e per imitarlo nella vita.
E siccome Dio è infinitamente più grande di noi (e lo sa bene!), per realizzare il suo desiderio di rivelarsi agli uomini e di camminare con loro, ha scelto di farsi carne nel Figlio: è l’Incarnazione!
Mistero non così lontano dalla Solennità, che celebriamo oggi, del Corpo e del Sangue di Cristo: Gesù, il Figlio di Dio fattosi carne, ha scelto di restare con noi per sempre in un pezzo di pane e in poche gocce di vino, consacrati dal suo Spirito per le mani del sacerdote.
I Santi, uomini e donne come noi, che si sono lasciati plasmare dalla grazia e convertire dall’incontro con Gesù Cristo, hanno adorato e fatto proprio questo mistero: essi hanno compreso bene che l’Incarnazione del Figlio di Dio continua nel Sacramento dell’Eucaristia. Mistero di amore e di umiltà!
Anche loro, pur essendo testimoni e luci nel nostro cammino di fede, hanno balbettato solo qualcosa di così grande mistero, ma si sono impegnati a viverlo con la grazia di Dio.
“O umiltà, umiltà!”, esclamava S. Teresa d’Avila adorando l’Eucaristia: una parola – tutto il mistero. E S. Francesco d’Assisi? Il minore – l’ultimo nella Chiesa e tra gli uomini, dietro le orme di Gesù povero e crocifisso: “O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!”. E ancora, il recente canonizzato Charles de Foucauld: ha fatto dell’umiltà di Gesù eucaristia l’anima del suo carisma.
Nel Corpo e nel Sangue di Cristo, il Padre rivela il suo Cuore misericordioso e dice a noi suoi figli che è possibile avere un cuore simile al suo, proprio perché il Figlio si è fatto uomo come noi e cibo per noi.
Ecco dunque la risposta di Gesù ai suoi: «Voi stessi date loro da mangiare». Perché sul suo esempio, cioè il dono di sé sulla Croce che si perpetua in ogni eucaristia, anche noi possiamo donarci ai nostri fratelli. E ciò è frutto non dei nostri sforzi, ma della sua grazia che abita in noi dal Battesimo e si alimenta ad ogni eucaristia.
«Voi stessi date loro da mangiare»… Ma da dove partire? Come facciamo a farci “cibo”, a farci “pane” per i nostri fratelli? Dalla memoria di Lui e del suo amore, e quindi dal nutrirsi di Lui, della sua vita divina.
Oggi, Solennità del Corpus Domini, è il giorno favorevole per mettersi in ginocchio e chiedere il dono dell’umiltà perché la grazia che ci abita ci renda simili a Lui nell’amore.
Oggi è il giorno giusto per fare memoria e dire “grazie” per la sua Presenza in mezzo a noi.
La processione che tradizionalmente compiamo per manifestare apertamente la nostra fede, ci ricorda non solo che Gesù passa in mezzo a noi benedicendoci – e non è poco! – ma anche che cammina al nostro fianco, che è presente nelle nostre case, sulle nostre strade, nella nostra umile vita di tutti i giorni, luogo privilegiato dell’offerta di noi stessi ai fratelli.
E l’umiltà è il “biglietto da visita” di Dio: dove c’è umiltà, lì c’è Lui e il suo amore!
Anche la prima e la seconda Lettura di oggi ci aiutano a meditare su ciò che celebriamo.
Nella prima Lettura troviamo Abramo che, mentre è in cammino verso la Terra promessa, fa esperienza della fedeltà di Dio attraverso l’incontro con quello strano personaggio che è Melchìsedek. Cosa avrà capito l’antico Patriarca di questo incontro? Forse poco, ma dall’offerta della decima di tutti i suoi averi, intuiamo che il nostro padre nella fede riconosce in Melchìsedek un uomo mandato da Dio, e risponde con la sua offerta in segno di ringraziamento e di riverenza.
Noi abbiamo molto più di Melchìsedek: abbiamo Gesù Cristo!
Le parole di san Paolo nella seconda Lettura costituiscono la formula di Consacrazione del pane e del vino: sono il Memoriale del Sacrificio di Cristo che, per opera dello Spirito Santo, si rinnova in mezzo a noi. E così noi possiamo offrire al Padre (molto più di Abramo: poiché – lo ripetiamo – abbiamo il Figlio!) tutta la nostra vita: per Cristo, con Cristo e in Cristo, e come Cristo.
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