Domenica 15 settembre 2024
Alle 10.30 S.Messa Solenne presieduta dall’arcivescovo emerito di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato.
Festa della benedizione del nuovo capitello dedicato a San Carlo Acutis, l’inizio del nuovo anno pastorale e la preghiera d’ inizio del nuovo anno scolastico con la benedizione degli zainetti.
Aprile – Giugno 2024
Nuovo capitello votivo dedicato al Beato Carlo Acutis: “colonnina” di ricarica spirituale per tutte le età
Il “foglietto” settimanale del 14 aprile 2024 riporta queste righe:
Nei prossimi giorni, grazie ai volontari, speriamo di iniziare il lavoro di costruzione del nuovo capitello votivo dedicato al Beato Carlo Acutis, voluto anche dai bambini della s.messa di prima comunione.
Vuole essere la continuazione dei segni religiosi (= tracce di Dio nel paesaggio dell’uomo ) della tradizione e cultura cristiana della nostra Europa.
Sarà anche segno del desiderio di “ricarica spirituale” per le nostre Comunità Cristiane e per i ragazzi che frequentano gli spazi della parrocchia in questi tempi di “desertificazione spirituale e religiosa”. Anche questo segno si colloca nel piano di riqualificazione del territorio, della salvaguardia del CREATO (viale dei cipressi, piantumazione di alberi, custodia del verde, …).
Gli alberi crescono piano come il bene!
Creare un giardino è una lezione pratica di accoglienza, incontro, dialogo, freschezza in un mondo che si surriscalda. Vogliamo far crescere il bello, dare una boccata di ossigeno in una società soffocata dall’individualismo, dallo scontro, dal virus della guerra!
I santi ci aiutino a porre segni concreti di PACE. Piantumeremo anche dei cipressi per ricordarci che siamo in un luogo sacro.
Alla fine di aprile 2024, sempre nel “foglietto”, troviamo scritto:
I bambini con le loro famiglie e le catechiste della S.Messa di Prima Comunione, celebrata il 10 marzo 2024, hanno espresso il desiderio di lasciare un “segno spirituale” in ricordo della loro Festa con Gesù nell’ Eucaristia.
Quale segno?
Seguendo le nostre tradizioni, …, un capitello votivo al Beato Carlo Acutis (Londra 03.05.1991 – Monza 12.10.2006). per sua volontà sepolto ad Assisi nella Basilica di Santa Maria Maggiore chiamata anche Santuario della Spoliazione e proclamato BEATO il 10.10.2020.
Abbiamo iniziato la costruzione del capitello nell’aprile del 2024 grazie al lavoro di due – tre muratori volontari, pensionati, del Gruppo Alpini di Casella.
Il 23 maggio 2024 la sala Stampa Vaticana annuncia che il Sommo Pontefice Papa Francesco ha riconosciuto il (secondo) miracolo attribuito al Beato Carlo Acutis, …, per cui presto sarà canonizzato con il titolo di SANTO.
Abbiamo iniziato il capitello per un BEATO, ora le finiture dell’opera saranno per il SANTO !!! GRAZIE a tutti, ma soprattutto ai donatori e agli specialisti muratori.
Abbiamo chiesto all’Arcivescovo di Assisi, ed ottenuto, di avere una reliquia di prima classe e una pietra tolta dal luogo della sepoltura del Santo.
Andremo a prenderle!!!
Foto Costruzione Capitello
BEATO CARLO ACUTIS, nato a Londra il 03.05.1991, morto a Monza il 12.10.2006 a soli 15 anni, beatificato ad Assisi il 10.10.2020 (da Papa Francesco), è sepolto nel Santuario della Spoliazione ad Assisi.
Il capitello a lui dedicato speriamo possa diventare un luogo per una pausa di riflessione, una preghiera, una ricarica spirituale per ragazzi, giovani ed adulti.
L’Eucaristia domenicale con la Comunità, il servizio della carità e la preghiera sono i punti cardine della vita del battezzato. Carlo partecipava quotidianamente alla Santa Messa e diceva: “l’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo” .
La costruzione del capitello, grazie ai nostri volontari, è arrivata al tetto, i ragazzi del catechismo hanno firmato le tavelle del tetto come segno di partecipazione e impegno a vivere e far conoscere ai loro coetanei le tradizioni religiose e culturali del nostro territorio.
Giovedì 30 maggio 2024 ore 19.30 celebreremo la solennità del CORPUS DOMINI, con la s.messa e la processione dalla chiesa al capitello.
Speriamo che TUTTA la Comunità si senta coinvolta: le famiglie con i ragazzi, giovani e adulti.
Ricordiamo che il Vescovo di Treviso già dal 1821 autorizza la “presenza Eucaristica” (conservazione delle particole consacrate nel tabernacolo della nuova chiesa; anche se in sacrestia a Casella c’è un calice donato nel 1960 dai fanciulli della Dottrina Cristiana in ricordo del centenario della presenza eucaristica. [libro storia di Casella pag. 18].
Foto Corpus Domini 2024
Lunedì 10 giugno 2024, il parroco don Alessandro Michele Dal Ben, la catechista di 4a elementare Claudia con tre ragazzi che hanno partecipato alla s.messa di prima comunione il 10 marzo 2024 a Casella, il papà Loris catechista per la preparazione al Battesimo e 3 giovani dei gruppi delle superiori che si preparano alla Comunione di maturità, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore ad Assisi – chiamato anche Santuario della Spoliazione, hanno ricevuto la reliquia ex capillis del B. Carlo Acutis e la pietra del XIII secolo ricavata dalla stamponatura dell’antica porta di accesso all’episcopio.
Il Documento che certifica e accompagna la pietra con sigillo dice: possa allora questa umile pietra giovare ai pellegrini e visitatori, aiutandoli a fare memoria del gesto audace e determinato di San Francesco di Assisi, il quale non ha avuto paura di rimanere povero e nudo per abbracciare con tutto se stesso il nostro nudo e crocifisso Signore Gesù Cristo.
Foto Spoliazione Pietra e Consegna Reliquia da Fra Walter
Assisi 10 06 2024 patente reliquia Carlo Acutis
Assisi 10 06 2024 documento reliquia
Assisi 10 06 2024 documento pietra Santuario Spoliazione
24 Aprile 2024 – 102 ANNI DI ZAFFIRA MAZZAROLLO SCARIOT
TUTTA LA COMUNITA’ DI VILLA D’ASOLO AUGURA BUON COMPLEANNO
31 Marzo 2024 -Articolo su “LA VITA DEL POPOLO” sulla “Ciotola di riso”
14 Gennaio 2024 – Articolo su “LA VITA DEL POPOLO” sul progetto di Riqualificazione
25 Dicembre 2023 – Articolo su “LA VITA DEL POPOLO” sulla domenica dedicata ai presepi sulle vie paesane
17 Dicembre 2023 – Prima passeggiata di Natale alla scoperta dei presepi nel cuore di Villa d’Asolo
27 Giugno 2023 – Celebrazione festa Madonna del Perpetuo Soccorso a Ca’ Giupponi
Lettera del Vescovo di Treviso Michele Tomasi (click per scaricare il documento)
Treviso 27 giugno 2023 Prot. n. 1198/23/PG
Al carissimo don ALESSANDRO DAL BEN, parroco della parrocchia Santissimo Nome di Maria in Villa d’Asolo.
L’antica chiesetta situata nella località «Ca’ Giupponi», nel territorio della parrocchia di Villa d’Asolo, dedicata a San Pietro d’Alcantara e nella quale è venerata la Vergine Maria sotto il titolo di «Madonna del Perpetuo Soccorso» è sempre stata un luogo di culto tanto amato e ben conservato dai fedeli del borgo sin dagli inizi del 1700 circa.
Recentemente, in tale chiesetta sono stati collocati due reliquiari, realizzati dallo scultore Carlo Balljana contenenti l’uno un frammento della veste del Beato Giovanni Paolo I, papa; l’altro, un pezzo di stoffa con il sangue di San Giovanni Paolo II, papa.
Inoltre, non va dimenticato che le tre immagini che raffigurano la Beata Vergine Maria «Madonna del Perpetuo Soccorso» sono state benedette rispettivamente dai santi pontefici Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II
Tale ricordo, unitamente alla summenzionata presenza delle reliquie di due pontefici amati e venerati dai fedeli, fa di questa chiesetta un luogo originale e propizio per invocare la protezione e il soccorso della Beata Vergine Maria sul Sommo Pontefice nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale.
E questo il compito che vorrei affidare ai fedeli che visiteranno e verranno a pregare in questo luogo, ricordando le commoventi parole che il santo pontefice Paolo VI, pronunciò: «Posso domandarvi, figlioli carissimi, questa grazia che voi certamente non mi rifiutate: amate il Papa. Amate il Papa… perché senza alcun suo merito e senza certamente alcuna sua ricerca gli è capitata questa strana, singolare vocazione di rappresentare Nostro Signore. Non guardate a Noi, guardate al Signore di cui rappresentiamo.. .Siamo al vostro servizio fratelli!» (PAOLO VI, Discorso, Anagni – 1° settembre 1966). E noi tutti sappiamo bene come non ci sia discorso dell’attuale pontefice Francesco che non si concluda con la sua umile richiesta che è diventata familiare a tutti noi: «per favore, non dimenticatevi di pregare per me».
Affido questo compito in maniera particolare quest’anno in cui ricordiamo i centovent’anni dell’elezione a Sommo Pontefice del “nostro”
san Pio X, le cui venerate spoglie avremo la gioia di accogliere prossimamente nella nostra diocesi.
Accompagno te e tutti i tuoi parrocchiani con la mia benedizione.
Don Alessandro Dal Ben
Parroco della parrocchia
Santissimo Nome di Maria in Villa d’ Asolo
e per conoscenza:
Cav. Uff. Federico Dussin
Responsabile del Gruppo Ca’ Giupponi «Don Giuseppe Stevanato» di Villa d’Asolo
Foto della S.Messa celebrata nella chiesa di Ca’ Giupponi
Scuola Materna – Pasqua 2023
I bambini della scuola dell’infanzia insieme ai genitori e alle maestre, hanno scoperto nei giorni scorsi quanti talenti siano racchiusi in ciascuno di noi. Hanno poi appeso tanti nastri colorati, che rappresentano i tanti talenti scoperti, che non possono essere tenuti nascosti, ma devono colorare le nostre giornate. L’augurio a tutti voi, in questa giorno di Pasqua, è quello di rinascere insieme a Gesù con occhi nuovi, capaci di vedere i talenti che portiamo dentro, con l’impegno di aiutarci perché questi non siano nascosti, ma siano in grado di colorare la nostra vita e quella degli altri….. a volte basta davvero poco, Buona Pasqua!
Venerdì Santo 2023
24 Marzo 2023 Giornata di Preghiera e Digiuno in ricordo dei Missionari Martiri
Nella chiesa di Villa d’Asolo i giovani del Vicariato di Asolo (21 parrocchie), hanno preparato un bel momento di incontro, riflessione, preghiera.
In chiesa erano presenti circa 130 persone.
15 Marzo 2023
E’ ritornata alla casa del Padre Suor Tiziana Belleri, nata a Marcheno (Brescia) nel 1937.
Suor Tiziana ha prestato servizio nella Scuola Materna di Villa d’Asolo dal 1983 al 1993 e partecipato alla pastorale parrocchiale.
Tutta la comunità di Villa d’Asolo la ringrazia per il suo esempio ed il suo operato che ancor oggi continua nella nostra parrocchia.
Quaresima 2023
Il pittore trevigiano RENATO SARTORETTO, dopo averci donato nel 2022 la sua opera composta da 15 stazioni della VIA CRUCIS, chiamata STABAT MATER, per questa QUARESIMA 2023 ci ha fatto dono di un’altra sua opera
DEPOSIZIONE DI GESU’ DALLA CROCE – 2010 [tela 120 x 120 cm. in acrilico di RENATO SARTORETTO Dosson di Casier (Treviso)]
La nostra riconoscenza all’artista si manifesti anche con la nostra preghiera e l’impegno di vita cristiana nella vicinanza a tutti i “crocifissi” di ogni popolo e nazione che invocano il dono della PACE che, oggi, Papa Francesco invoca come dono per il suo decimo anniversario di elezione al Soglio Pontificio.
VIA CRUCIS – STABAT MATER
Il pio esercizio di preghiera chiamato VIA CRUCIS trova nelle pareti delle chiese la collocazione delle immagini delle “14 stazioni” di cui si compone.
In questi ultimi decenni si è diffusa la preghiera della VIA CRUCIS con l’aggiunta della “quindicesima stazione : LA RISURREZIONE” a completamento del percorso teologico – storico e di Fede che la Via Crucis propone al cristiano, la luce della Risurrezione, il Cristo Vivo, Risorto.
Nel libro del “benedizionale” c’è uno specifico capitolo che riguarda “la benedizione della Via Crucis” in una chiesa. Nel passato veniva anche chiesto al Vescovo in persona di benedire la Via Crucis, e si trovano documenti di archivio in cui il vescovo delegava il parroco a benedire la Via Crucis.
Nella nuova chiesa di Villa d’Asolo (consacrata il 02 ottobre 1977) c’è stata una rappresentazione in terra cotta delle 14 stazioni, poi sostituita da delle semplici immagini dipinte su delle tavole di compensato.
In almeno due periodi i parroci hanno proposto ai fedeli di completare l’arredo della chiesa con la Via Crucis: una proposta si orientava su delle immagini a “mosaico”, un’altra proposta (visita ai laboratori artistici del legno ad Ortisei in Val Gardena nel giugno del 2016) per un opera scolpita nel legno.
I costi delle opere hanno scoraggiato l’intento.
Nel gennaio 2022 l’artista RENATO SARTORETTO, classe 1940, ha donato al parroco don Alessandro Michele Dal Ben, la sua opera realizzata nel 2013 per un concorso di 13 artisti richiesti di realizzare la “VIA CRUCIS” da esporre in Italia e a Gerusalemme.
L’opera si compone di 15 tavole in cartone, 50×70 cm. , eseguita con tecnica mista (carboncino e pastello). Le cornici sono state applicate dalla parrocchia.
L’originalità dell’ opera di Renato Sartoretto è stata di cogliere la presenza di MARIA, madre di Gesù, durante tutta la vita di Gesù, e nel momento dell’estremo dolore in cui Gesù compie la missione affidatagli da Dio Padre di salvare l’umanità dal peccato morendo in croce, e con la Risurrezione aprendo a tutta l’umanità la nuova via al Padre.
L’artista ha intitolato la sua opera: STABAT MATER.
Stabat Mater dolorósa iuxta crucem lacrimósa, dum pendébat Fílius.
Immersa in angoscia mortale, La Madre dell’Unigenito Geme nell’intimo del cuore
Trafitto da una spada
Piange la Madre pietosa Contemplando le sue piaghe:
Chi potrà trattenere il pianto Davanti a tanto tormento
Per il peccato del mondo Vide il Figlio tra i tormenti
Vide il suo dolce nato Quando emise lo spirito
Questa sequenza/preghiera è attribuita a Jacopo da Todi, XIII secolo, e ha ispirato molti compositori di musica sacra, solo per citarne alcuni: Lorenzo Perosi, Marco Frisina, Lorenzo Bartolucci, …,
La sequenza è stata inserita nel Missale Romanum nel 1727, sotto papa Benedetto XIII.
Dopo la riforma liturgica è recitata in maniera facoltativa durante la messa dell’ Addolorata (15 settembre) e le sue parti formano gli inni latini della stessa festa.
E’ cantata nella Messa del venerdì della settimana di Passione, ma popolare è soprattutto perché accompagna il rito della Via Crucis e le processioni del Venerdì Santo.
Un grazie riconoscente a Renato Sartoretto da tutta la Comunità parrocchiale e dal Parroco per questo prezioso dono che aiuta la vita e il cammino di Fede personale e comunitario.
1 novembre 2022 [Tutti i Santi] Termine lavori Restauro chiesa di Casella d’Asolo
Sono terminati i lavori di restauro della chiesa di Casella d’Asolo
3 aprile 2022 Restauro Tabernacolo chiesa di Villa 1977-2000
Sabato 02 aprile 2022 ore 10.00 – BENEDIZIONE POSA 1a PIETRA PALESTRA,
presso il Plesso Unico, Città di Asolo
Riflessione del parroco Don Alessandro Dal Ben:
LAPIS ANGULARIS,
buongiorno a tutti,
nell’epoca del “digitale”, “virtuale”,
degli incontri a distanza, della DAD,
delle piattaforme WEB , CLOUD, …,
noi oggi ci siamo riuniti in presenza,
in carne ed ossa, e con il “cuore e la mente”,
su questo terreno ben concreto, tangibile,
per un gesto, un segno, un rito, ….,
che fa parte della nostra cultura, tradizione,
della nostra spiritualità,
del nostro IMPEGNO EDUCATIVO.
Le Comunità cristiane, la Chiesa
hanno sempre avuto come “missio”, compito
l’affiancamento alle famiglie, ai genitori,
nel compito educativo dei figli.
Oggi l’ educazione è diventata una “sfida”!
Poniamoci una domanda:
cosa dice alla generazione “zeta”, ai millennians,
ai nativi digitali …, questo segno, questo gesto?
Fatto di terra, sasso, di calli nelle mani,
questa invocazione di un aiuto
che chiediamo dall’ ALTO,
di una preghiera che ha origini nelle nostre tradizoni
che hanno segnato per secoli il nostro territorio.
Cosa vedono? Cosa capiscono i nostri ragazzi?
Personalmente mi auguro che possano vedere,
oggi e domani un segno del nostro amore
per ciascuno di loro,
per il loro presente e il loro futuro,
un segno di speranza per una società inclusiva,
che anche in questo luogo può costruire un mondo
unito, basato sull’ accoglienza, la solidarietà,
la pace, il rispetto, la libertà, attento alla realtà,
al bene comune di oggi e domani,
che fa crescere ogni persona nella sua ricchezza
fisica e spirituale.
questo è il mio augurio, questa è la benedizione che
invochiamo dal Signore.
PADRE NOSTRO.
17 Marzo 2022
Chiesa parrocchiale del Ss. Nome di Maria in Villa d’Asolo, Quaresima 2022
VIA CRUCIS – STABAT MATER
Il pio esercizio di preghiera chiamato VIA CRUCIS trova nelle pareti delle chiese la collocazione delle immagini delle “14 stazioni” di cui si compone.
In questi ultimi decenni si è diffusa la preghiera della VIA CRUCIS con l’aggiunta della “quindicesima stazione : LA RISURREZIONE” a completamento del percorso teologico – storico e di Fede che la Via Crucis propone al cristiano, la luce della Risurrezione, il Cristo Vivo, Risorto.
Nel libro del “benedizionale” c’è uno specifico capitolo che riguarda “la benedizione della Via Crucis” in una chiesa. Nel passato veniva anche chiesto al Vescovo in persona di benedire la Via Crucis, e si trovano documenti di archivio in cui il vescovo delegava il parroco a benedire la Via Crucis.
Nella nuova chiesa di Villa d’Asolo (consacrata il 02 ottobre 1977) c’è stata una rappresentazione in terra cotta delle 14 stazioni, poi sostituita da delle semplici immagini dipinte su delle tavole di compensato.
In almeno due periodi i parroci hanno proposto ai fedeli di completare l’arredo della chiesa con la Via Crucis: una proposta si orientava su delle immagini a “mosaico”, un’altra proposta (visita ai laboratori artistici del legno ad Ortisei in Val Gardena nel giugno del 2016) per un opera scolpita nel legno.
I costi delle opere hanno scoraggiato l’intento.
Nel gennaio 2022 l’artista RENATO SARTORETTO, classe 1940, ha donato al parroco don Alessandro Michele Dal Ben, la sua opera realizzata nel 2013 per un concorso di 13 artisti richiesti di realizzare la “VIA CRUCIS” da esporre in Italia e a Gerusalemme.
L’opera si compone di 15 tavole in cartone, 50×70 cm. , eseguita con tecnica mista (carboncino e pastello). Le cornici sono state applicate dalla parrocchia.
L’originalità dell’ opera di Renato Sartoretto è stata di cogliere la presenza di MARIA, madre di Gesù, durante tutta la vita di Gesù, e nel momento dell’estremo dolore in cui Gesù compie la missione affidatagli da Dio Padre di salvare l’umanità dal peccato morendo in croce, e con la Risurrezione aprendo a tutta l’umanità la nuova via al Padre.
L’artista ha intitolato la sua opera: STABAT MATER.
Una grazie riconoscente a Renato Sartoretto da tutta la Comunità parrocchiale e dal Parroco per questo prezioso dono che aiuta la vita e il cammino di Fede personale e comunitario.
|
17 Gennaio 2021
COMUNICATO MORTE P. ZAMPERONI
(Segreteria Generale dell’Istituto)
Questo pomeriggio, 17 gennaio, verso le ore 13.15, presso la nostra casa di Rancio di Lecco, è morto il nostro caro confratello p. Lino Zamperoni.
Aveva 91 anni. Soffriva da tempo per motivi legati alla senilità; il decesso è avvenuto anche per complicazioni legate al Covid-19.
Padre Lino nasce ad Asolo (provincia e diocesi di Treviso), il 26 febbraio 1929. I suoi genitori sono Roberto e Ersilia Rossi. Per 4 anni frequenta il Collegio diocesano di Treviso, insieme ai seminaristi della diocesi; si trasferisce poi a Torino dove inizia l’attività di sarto e nel 1952, entra nell’Istituto a Busto Arsizio come aspirante fratello. Emette il Giuramento il 9 agosto 1958 e parte per il Brasile. Lavora a Brangança Paulista e a Assis fino al 1969 dopodiché si trasferisce a Manaus, aiutando mons. Cerqua nella amministrazione della diocesi. Nominato responsabile dei missionari laici in Brasile, partecipa con questo ruolo alla preparazione del Capitolo di Aggiornamento del 1971. Fu in seguito Direttore del Collegio di Assis, fino alla chiusura delle sue attività. Sentendosi chiamato al presbiterato, chiede ed ottiene la dispensa dal Giuramento e viene accolto nella diocesi Apucarana (Paranà) dove il vescovo Mons. Romeu Alberti, lo ordina diacono il 14 aprile 1973 e poi presbitero il 4 agosto 1974, nominandolo Segretario e in seguito parroco delle parrocchie di Flórida, Lobato, Ângulo, Romeopolis e Aricanduva. Nel marzo 1977 è nominato ad interim Vice-Direttore della Facoltà di Filosofia, Scienze e Lettere di Arapongas. Alla fine del 1979 la Direzione Generale, dietro presentazione della Direzione regionale del Brasile Sud, stipula prima una convenzione con la diocesi di Apucarana per la ri-associazione temporanea di p. Lino all’Istituto e successivamente, nel luglio 1984, accoglie la Promessa Definitiva di appartenenza, con cui è riammesso pienamente nell’Istituto come suo membro. Come missionario del PIME, continua il suo servizio in varie zone del Brasile Sud (Bela Vista, Campo Mourão, Porto Murtinho, Porecatu), viene nominato economo regionale, diventa responsabile della formazione dei missionari laici a Sao Paolo. In data 13 febbraio 2001 è nominato primo rettore ed economo della Casa Rahina dos Apóstolos ad Ibiporã. A gennaio 2005, è nominato parroco della parrocchia S. Antonio, a Jardim (Mato Grosso del Sud), e poco dopo Vicario Generale della stessa diocesi. Ritiratosi per motivi di salute, dal febbraio 2013 accetta di ritirarsi a Rancio.
“Perché rientrare nel PIME?” – scriveva p. Lino nel 1984, dopo 10 vissuti come sacerdote diocesano – “perché sono nato nel PIME e sono vissuto sempre nel PIME. Sono fatto di PIME. L’esperienza come sacerdote diocesano mi ha messo in contatto con un mondo che spiritualmente non sento mio. Ho lavorato con impegno nelle diverse responsabilità affidatemi, ma il mio cuore rimaneva in sintonia con l’Istituto da cui mai mi sono sentito slegato. Ne parlai con il vescovo, che forse aveva avuto sentore di cosa succedeva in me e che fece qualche resistenza, ma alla fine piuttosto che vedermi afflitto mi permetteva di tornare a casa, nel PIME.”
Il funerale di p. Lino verrà celebrato a Rancio, martedì 19 gennaio, alle ore 9.30.
Non essendo possibile essere presenti alle esequie a causa dell’emergenza sanitaria, ci uniamo spiritualmente in preghiera con i confratelli della Comunità. Seguirà la tumulazione nel Cimitero di Villa Grugana, verso le ore 11.
Santo Natale 2020
Un Grazie a chi ha preparato il presepio in chiesa, grazie ai genitori della scuola dell’infanzia di Villa, grazie alle insegnati e ai bambini della scuola dell’infanzia, che ci hanno fatto gli auguri di Buon Natale. In chiesa troverete i bigliettini.
1 Novembre 2020, Solennità di Tutti i Santi
30 Settembre 2020 Benedizione Capitello dedicato a S.Michele Arcangelo
il Vescovo Michele Tomasi ha fatto la sua prima visita a Villa d’Asolo, in occasione della benedizione del nuovo capitello dedicato a San Michele Arcangelo.
La s. messa al capitello è stata celebrata dal parroco d. Alessandro Michele Dal Ben alle ore 17.20.
26 Settembre 2020 Memoria Fr. ILDELFONSO
Foto Cimitero e Monastero Monastero SS.Trinità Dumenza (VA)
30/07/2020 Uscita in Cadore: l’impegno educativo delle parrocchie non va mai in “ferie”
Anche se quest’anno non ci sono stati il GREST, i campi scuola, ma con la disponibilità di genitori, educatori e del DON abbiamo già realizzato due belle giornate di uscita in Cadore; i ragazzi che hanno partecipato all’ uscita-passeggiata in Centro Cadore (Domegge, rifugio Cercenà, Eremo dei Romiti e troi de l’orse) si sono divertiti e nel contempo hanno avuto modo di conoscere meglio se stessi, le proprie doti, conoscere le meraviglie del Creato e sapere che c’è sempre la parrocchia e dei volontari che si dedicano a loro. Anche questa è “scuola di vita”! grazie alle famiglie e a quanti dedicano il loro tempo per i ragazzi.
14/07/2020 Uscita i con ragazzi di 5^ elementare e chierichetti
In periodo di COVID-19 dove tutte le attività estive come il GRE.EST, SAGRA paesana, ecc. sono state sospese, si è riusciti ad organizzare una gita in montagna con i ragazzi di 5^ elementare e i chierichetti
29/03/2020 Fr. Ildefonso Pietro dal Bello è ritornato alla Casa del Padre
Nella notte, al termine della Domenica di Lazzaro, domenica 29 marzo 2020 verso le ore 21.00 , nella sua camera, il nostro confratello Ildefonso Pietro Dal Bello ci ha lasciato per entrare nella casa del Padre, dove il Signore Gesù con la sua Pasqua ci ha preparato una dimora.
Ildefonso Pietro Dal Bello
figlio di Dal Bello Andrea fu Pasquale e di Pauletto Amabile di Bernardo, sposati a Vallà di Riese (TV) il 27.02.1920.
Era nato Il 30 giugno del 1938 nella località Pradazzi di Asolo (Treviso), ivi battezzato il 03 luglio 1938 da don Carlo Noè, essendo padrino Dal Bello Antonio (detto Toncio) di fu Pasquale, cresimato a 6 anni nella Cattedrale di Asolo il 29 giugno 1944.
Aveva fatto la sua professione monastica temporanea presso l’Abbazia di Praglia (PD) il 26 aprile 1967, a 29 anni, la sua professione solenne il 13 novembre 1970 ed era stato ordinato sacerdote a 35 anni il 1° luglio 1973 nell’Abbazia di Praglia (Padova).
Il 12 agosto 1973 aveva celebrato la sua prima S.Messa solenne nella chiesa del Ss. Nome di Maria in Pradazzi – Asolo.
Nel 1989 era stato tra gli iniziatori della Comunità Monastica Ss. Trinità, ora a Dumenza (Varese), in diocesi di Milano, dove è deceduto il 29 marzo 2020.
Mercoledì 31 marzo 2020, in forma privata stante la situazione sanitaria di quarantena, sono state celebrate le esequie dal parroco della chiesa di San Giorgio di RUNO in Dumenza, la salma è stata inumata nel cimitero attiguo, accanto ad un confratello.
Colui che ha detto
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26)
ora lo accoglie con sé presso il Padre, e come ha asciugato le lacrime delle sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, consola tutti coloro che l’hanno conosciuto, gli hanno voluto bene e gli sono stati amici e hanno ricevuto la sua amicizia.
I fratelli della Comunità Monastica Ss. Trinità di Dumenza (Varese).
Parrocchia di Villa d’Asolo – 05 aprile 2020, domenica delle Palme.
primi provvisori appunti sulla vita di Padre Idelfonso Pietro Dal Bello,raccolti telefonicamente da don Alessandro, parroco
Nato ai Pradazzi di Asolo (TV) il 30 giugno 1938, alle ore 11 pomeridiane (ore 23.00)
morto nel Monastero della Ss. Trinità in Dumenza (VA) domenica 29 marzo 2020.
Famiglia di contadini, molto poveri, di profonda fede cristiana, il padre Andrea dal primo matrimonio ha cinque figli vivi:
1 – Giovanni, emigrato in Australia,
2 – Angelo, emigrato in Australia, poi rientrato e sepolto nel cimitero di Villa,
3 – Giovanna,
4 – Marina,
5 – Ernesta,
Andrea rimasto vedovo si risposa con Pauletto Amabile di Bernardo il 27.02.1920 a Vallà di Riese, da cui ebbe quattro figli vivi, che, assieme alla moglie educa cristianamente, e cura l’armonia della numerosa famiglia e dei fratelli di due madri diverse,
1 – Matilde, che diventa suora Dorotea, ricordata come grande lavoratrice sia in convento come quando poteva avere qualche raro giorno di “vacanza” in famiglia, dove lavorava in casa e nei campi, è sepolta nel cimitero di Villa,
2 – Severo,
3 – Giuseppe, morto appena tornato dalla guerra,
4 – Pietro, detto Pierin, la mamma lo educa cristianamente, pregano per i fratelli in guerra.
Pietro sente la chiamata del Signore, ma le condizioni economiche e il bisogno di “braccia per i campi” non gli permettono di realizzare il suo sogno, nel frattempo oltre che al duro lavoro in famiglia, trova il tempo per aiutare anche i vicini, dai quali riceve piccole ricompense con le quali si procura delle statuine del presepio, lui stesso intaglia dei pezzi di legno per fare delle statuine, sempre disponibile al servizio liturgico e al servizio in chiesa ai Pradazzi.
Solo agli inizi degli anni Sessanta, con il miglioramento delle condizioni lavorative ed economiche delle famiglie del territorio, mentre si installano le prime fabbriche e aziende artigianali, e alcuni emigrati rientrano in paese, Pierin può realizzare la sua vocazione di donare la vita totalmente al Signore, e bussa al Convento dei Padri Benedittini dell’Abbazia di Praglia (Padova).
Non gli fu certo facile rimettersi sui banchi di scuola dopo anni e anni di lavoro manuale, ma la buona volontà e l’intelligenza non gli mancavano, e a 29 anni viene ammesso alla professione monastica temporanea, il 26 aprile 1967.
Anche dopo molti anni, quando gli si telefonava per chiedere delle informazioni riguardanti i quadri e la storia della chiesa dei Pradazzi, sapeva raccontare nei minimi particolari dettagli che solo uno che aveva amato e curato la chiesa e le sue opere poteva fare.
Personalmente ho avuto la possibilità di rendergli visita, anche se per sole poche ore (viveva in clausura), dopo la Pasqua del 2016. Nell’estate 2019 avevo pensato e sperato di poter ripetere la visita a Dumenza con alcuni parrocchiani che lo conoscevano. Ma purtroppo non siamo riusciti.
don Alessandro Dal Ben, parroco.
OMELIA Esequie di Ildefonso, 31 marzo 2020
Letture: Isaia 25,6a.7-9; Sal 41-42; Rm 8,31b-35.37-39; Gv 12,1-11
Il nostro fratello Ildefonso è stato chiamato dal Signore all’incontro definitivo con lui nella domenica di Lazzaro, quando la liturgia ci propone l’ultimo segno che Gesù compie nel Vangelo di Giovanni, chiamando Lazzaro a uscire dal sepolcro. Oggi ascoltiamo quello che accade dopo, in questo banchetto di festa nel quale la famiglia è al completo: c’è Lazzaro, ci sono le sue sorelle Marta e Maria, c’è Gesù. Siamo sempre a Betania, possiamo facilmente immaginare che ci troviamo proprio nella casa dei tre fratelli, nella quale Gesù – ce lo racconta anche Luca – amava sostare e trovare ospitalità e ristoro.
Ildefonso aveva preparato già l’omelia che avrebbe voluto pronunciare domenica scorsa, se la malattia non lo avesse costretto in camera. L’aveva preparata con cura, anche con un po’ di fatica, perché ne abbiamo trovato due versioni, in parte simili, in parte diverse. Probabilmente ne aveva fatta una prima stesura, che poi aveva riscritto, cambiandola parzialmente. Non so quale delle due nelle sue intenzioni doveva essere quella definitiva. In entrambe comunque c’è un accenno a Betania, in una più breve, nell’altra più lungo. Leggo quest’ultimo:
Betania è un villaggio appena fuori di Gerusalemme est, nel versante orientale del Monte degli Ulivi. Per Gesù era il luogo della serenità, della pace, dell’amicizia, ospite con i suoi discepoli nella casa di Lazzaro, Marta e Maria, ai quali voleva molto bene. Ma Betania era anche il luogo del pianto di Gesù per la morte dell’amico. In quella casa l’ospitalità non era formale e la genuinità di Gesù aveva contagiato sia Lazzaro sia Marta e Maria.
Da quello che poi aggiunge subito dopo, si intuisce che Ildefonso intendeva dire che l’aveva contagiata di amicizia. Betania era il luogo dell’amicizia e della pace, ma era anche il luogo del pianto, dove Gesù piange Lazzaro. È sempre così nella vita: i sorrisi si mescolano facilmente con le lacrime, perché la gioia si alterna al dolore, e quanto gli affetti sono veri ci fanno sempre conoscere entrambi i sentimenti: la gioia dell’amicizia e della fraternità, il dolore per una perdita. È quello che stiamo vivendo in questo momento anche noi: il dolore per un distacco da un fratello amato, insieme alla gioia che ci viene dalla consapevolezza che lo stiamo accompagnando all’incontro pieno e definitivo con l’amicizia del Signore. In questo momento Ildefonso sta ascoltando e comprendendo in pienezza quello che noi riusciamo solamente un poco a intuire e immaginare, e cioè quello che scrive san Paolo ai romani:
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? […] Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Chi ci separerà? Niente e nessuno potrà separarci dall’amore di Gesù, quel Gesù che a Marta e Maria si è rivelato dicendo: «Io sono la risurrezione e la vita». Essere nell’amicizia del Signore – come Lazzaro, come Ildefonso – significa essere nella risurrezione e nella vita. Accennavo già ieri alle ultime parole che Gesù pronuncia dopo aver comandato a Lazzaro di uscire dal sepolcro: «Liberatelo e lasciatelo andare». Ma dove occorre lasciarlo andare? Occorre lasciarlo andare all’incontro con Gesù, che è risurrezione e vita. Perché la vita vera è lì, in quell’incontro, in quella relazione, in quella amicizia. In quel banchetto di festa nel quale Gesù è presente, e noi possiamo far festa non tanto perché Lazzaro è tornato alla vita, ma perché Gesù è presente, e se Gesù è presente, è presente la risurrezione, è presente la vita, è presente la gioia che asciuga ogni nostra lacrima, è presente quella comunione che vince e riconcilia ogni lontananza, ogni separazione. Se Gesù è presente, è presente la vita.
Accogliendo la visita di Gesù, sia Marta sia Maria gli dicono: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!» (Gv 11,21.32). È la domanda o l’obiezione che sempre ci facciamo: dove sei Signore, se Ildefonso è morto? Se tanta gente muore in questi giorni, ma come da sempre muore e continuerà a morire. Se tu fossi qui, se tu davvero ci fossi, tutto questo non ci accadrebbe. Gesù, rispondendo a Marta e a Maria, rispondendo a ciascuno di noi, ci chiede di capovolgere lo sguardo, di capovolgere la prospettiva. Marta e Maria dicono: se tu fossi stato qui, Lazzaro non sarebbe morto. Gesù dice: se io sono qui, Lazzaro, anche se è morto, vive e vivrà per sempre. La vita e la morte non sono qualcosa che ha che fare soltanto con la nostra esistenza biologica, ma con la nostra relazione con il Signore Gesù. Con lui, dal quale niente ci può separare. Marta lo capisce, al punto da sprecare il suo nardo, assai prezioso, per Gesù. La vita non dipende dalla carità che possiamo fare e che dobbiamo fare per i poveri. Dobbiamo donare la nostra vita ai poveri, ma la nostra vita non dipende da quello che facciamo per i poveri, ma dalla nostra relazione con Gesù e da ciò che Gesù fa per noi. E se viviamo, perché viviamo nell’amore di Gesù, possiamo poi aiutare i poveri come dobbiamo fare. Ma la nostra vita dipende da lui e da ciò che lui fa per noi, donandoci il suo amore, donandoci la sua amicizia. E poi ci chiede certo di aiutare i poveri. I poveri li avremo sempre con noi, ma se non abbiamo lui, se non intessiamo la nostra relazione con lui offrendogli la nostra vita, potremmo forse dare ai poveri qualcosa, ma non riusciremmo a dare loro la vita. La vita la doniamo davvero se la riceviamo dalla relazione con Gesù, se è lui a farci vivere e se noi viviamo per lui. Gesù non pone se stesso in alternativa ai poveri: o loro o me. Fa esattamente il contrario: me e dunque anche i poveri, i poveri e dunque anche me. L’alternativa Gesù la pone in modo diverso, non tra lui e i poveri, ma tra lui e la morte. Dove ci sono io, non c’è la morte. Dove ci sono io, c’è la vita. E per questo la morte è per la gloria di Dio: perché nella morte si rivela chiaramente che ciò che rimane, ciò che solo rimane, è Dio e il suo amore per noi, è Dio e l’amicizia di Gesù per noi. La morte ci spoglia di tutto. Non ci rimane più nulla, tutto ci vien portato via e noi siamo separati da tutto. L’unica cosa che rimane è Dio, la sua presenza, e il suo amore. E allora tutto ci viene restituito in Dio e da Dio, tutto ritroviamo in lui. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Niente e nessuno. Ma in lui non siamo più separati da nulla e da nessuno Tutti ritroviamo e allora anche Lazzaro può far festa, con coloro che ritrova, con Marta e con Maria, con Gesù, e con tutti gli altri che incontra di nuovo. La morte è la grande separazione da tutto. Gesù è la vita ed è la grande comunione con tutto. Nella sua omelia Ildefonso scriveva:
La morte non è un precipitare nel nulla, ma il passaggio verso la luce beatifica ove Cristo ci attende, e ci attende il dono della sua Pasqua; è il trionfo della vita sulla morte. La nostra vita cristiana non è altro se non tensione, cammino verso la comunità dei santi. E il nostro battesimo è partecipazione al mistero pasquale di morte e risurrezione di Cristo Gesù. […] Questo è dare un senso alla nostra vita, per una serenità interiore, per una fiducia, per la speranza. In Cristo tutto è destinato alla risurrezione. «Chi vive e crede in me non morrà in eterno».
Questo Ildefonso lo diceva di Lazzaro, non sapendo che misteriosamente stava anche parlando di se stesso e di ciò che poco dopo avrebbe vissuto. E ora, Ildefonso, ce lo puoi confermare, perché lo stai già sperimentando, e tu lo comprendi come noi non riusciamo ancora a comprenderlo pienamente. Noi lo crediamo, tu ora già lo vivi dopo averlo creduto: «La morte non è un precipitare nel nulla, ma il passaggio verso la luce beatifica ove Cristo ci attende». Ove Cristo adesso ti incontra!
Testimonianza di Fr. Luca, priore in memoria di Ildefonso, nell’ora della risurrezione e della vita, Dumenza, 31 marzo 2020
Il nostro fratello Ildefonso è stato chiamato dal Signore all’incontro definitivo con lui nella domenica di Lazzaro, quando la liturgia ci propone l’ultimo segno che Gesù compie nel Vangelo di
Giovanni, chiamando Lazzaro a uscire dal sepolcro. Al capitolo dodici, l’evangelista narra quello che accade dopo, in un banchetto di festa nel quale la famiglia è al completo: c’è Lazzaro, ci sono le sue sorelle Marta e Maria, c’è Gesù. Siamo sempre a Betania, possiamo facilmente immaginare che ci troviamo proprio nella casa dei tre fratelli, nella quale Gesù – ce lo racconta anche Luca – amava sostare e trovare ospitalità e ristoro.
Ildefonso aveva preparato già l’omelia che avrebbe voluto pronunciare domenica, se la malattia non lo avesse costretto in camera. L’aveva preparata con cura, anche con un po’ di fatica, perché ne abbiamo trovato due versioni, in parte simili, in parte diverse. Probabilmente ne aveva fatta una prima stesura, che poi aveva riscritto, cambiandola parzialmente. Non so quale delle due
nelle sue intenzioni doveva essere quella definitiva. In entrambe comunque c’è un accenno a Betania, in una più breve, nell’altra più lungo. Leggo quest’ultimo: Betania è un villaggio appena fuori di Gerusalemme est, nel versante orientale del Monte degli Ulivi. Per Gesù era il luogo della serenità, della pace, dell’amicizia, ospite con i suoi discepoli nella casa di Lazzaro, Marta e Maria, ai quali voleva molto bene. Ma Betania era anche il luogo del pianto di Gesù per la morte dell’amico. In quella casa l’ospitalità non era formale e la genuinità di Gesù aveva contagiato sia Lazzaro sia Marta e Maria.
Da quello che poi aggiunge subito dopo, si intuisce che Ildefonso intendeva dire che l’aveva contagiata di amicizia. Betania era il luogo dell’amicizia e della pace, ma era anche il luogo del pianto,
dove Gesù piange Lazzaro. È sempre così nella vita: i sorrisi si mescolano facilmente con le lacrime, perché la gioia si alterna al dolore, e quanto gli affetti sono veri ci fanno sempre conoscere entrambi i sentimenti: la gioia dell’amicizia e della fraternità, il dolore per una perdita. È quello che stiamo vivendo in questo momento anche noi: il dolore per un distacco da un fratello amato, insieme alla gioia che ci viene dalla consapevolezza che lo stiamo accompagnando all’incontro pieno e definitivo con l’amicizia del Signore. In questo momento Ildefonso sta ascoltando e comprendendo in pienezza quello che noi riusciamo solamente un poco a intuire e immaginare, e cioè quello che scrive san Paolo ai romani:
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? […] Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Chi ci separerà? Niente e nessuno potrà separarci dall’amore di Gesù, quel Gesù che a Marta e Maria si è rivelato dicendo: «Io sono la risurrezione e la vita». Essere nell’amicizia del Signore –
come Lazzaro, come Ildefonso – significa essere nella risurrezione e nella vita. Gesù, dopo aver comandato a Lazzaro di uscire dal sepolcro, dice ai presenti: «Liberatelo e lasciatelo andare». Ma
dove occorre lasciarlo andare? Occorre lasciarlo andare all’incontro con Gesù, che è risurrezione e vita. Perché la vita vera è lì, in quell’incontro, in quella relazione, in quella amicizia. In quel banchetto di festa nel quale Gesù è presente, e noi possiamo far festa non tanto perché Lazzaro è tornato alla vita, ma perché Gesù è presente, e se Gesù è presente, è presente la risurrezione, è presente la vita, è presente la gioia che asciuga ogni nostra lacrima, è presente quella comunione che vince e riconcilia ogni lontananza, ogni separazione. Se Gesù è presente, è presente la vita.
Accogliendo la visita di Gesù, sia Marta sia Maria gli dicono: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!» (Gv 11,21.32). È la domanda o l’obiezione che sempre ci facciamo:
dove sei Signore, se Ildefonso è morto? Se tanta gente muore in questi giorni, ma come da sempre muore e continuerà a morire. Se tu fossi qui, se tu davvero ci fossi, tutto questo non ci accadrebbe. Gesù, rispondendo a Marta e a Maria, rispondendo a ciascuno di noi, ci chiede di capovolgere lo sguardo, di capovolgere la prospettiva. Marta e Maria dicono: se tu fossi stato qui, Lazzaro non sarebbe morto. Gesù dice: se io sono qui, Lazzaro, anche se è morto, vive e vivrà per sempre. La vita e la morte non sono qualcosa che ha che fare soltanto con la nostra esistenza biologica, ma con la nostra relazione con il Signore Gesù. Con lui, dal quale niente ci può separare. Marta lo capisce, al punto da sprecare il suo nardo, assai prezioso, per Gesù. La vita non dipende dalla carità che possiamo fare e che dobbiamo fare per i poveri. Dobbiamo donare la nostra vita ai poveri, ma la nostra vita non dipende da quello che facciamo per i poveri, ma dalla nostra relazione con Gesù e da ciò che Gesù fa per noi. E se viviamo, perché viviamo nell’amore di Gesù, possiamo poi aiutare i poveri come dobbiamo fare. Ma la nostra vita dipende da lui e da ciò che lui fa per noi, donandoci il suo amore, donandoci la sua amicizia. E poi ci chiede certo di aiutare i poveri. I poveri li avremo sempre con noi, ma se non abbiamo lui, se non intessiamo la nostra relazione con lui offrendogli la nostra vita, potremmo forse dare ai poveri qualcosa, ma non riusciremmo a dare loro la vita. La vita la doniamo davvero se la riceviamo dalla relazione con Gesù, se è lui a farci vivere e se noi viviamo per lui. Gesù non pone se stesso in alternativa ai poveri: o loro o me.
Fa esattamente il contrario: me e dunque anche i poveri, i poveri e dunque anche me. L’alternativa Gesù la pone in modo diverso, non tra lui e i poveri, ma tra lui e la morte. Dove ci sono io, non c’è la morte. Dove ci sono io, c’è la vita. E per questo la morte è per la gloria di Dio: perché nella morte si rivela chiaramente che ciò che rimane, ciò che solo rimane, è Dio e il suo amore per noi, è Dio e l’amicizia di Gesù per noi. La morte ci spoglia di tutto. Non ci rimane più nulla, tutto ci vien portato via e noi siamo separati da tutto. L’unica cosa che rimane è Dio, la sua presenza, e il suo amore. E allora tutto ci viene restituito in Dio e da Dio, tutto ritroviamo in lui. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Niente e nessuno. Ma in lui non siamo più separati da nulla e da nessuno Tutti ritroviamo e allora anche Lazzaro può far festa, con coloro che ritrova, con Marta e con Maria, con Gesù, e con tutti gli altri che incontra di nuovo. La morte è la grande separazione da tutto. Gesù è la vita ed è la grande comunione con tutto.
Nella sua omelia Ildefonso scriveva:
La morte non è un precipitare nel nulla, ma il passaggio verso la luce beatifica ove Cristo ci attende, e ci attende il dono della sua Pasqua; è il trionfo della vita sulla morte.
La nostra vita cristiana non è altro se non tensione, cammino verso la comunità dei santi. E il nostro battesimo è partecipazione al mistero pasquale di morte e risurrezione di Cristo
Gesù. […] Questo è dare un senso alla nostra vita, per una serenità interiore, per una fiducia, per la speranza. In Cristo tutto è destinato alla risurrezione.
«Chi vive e crede in me non morrà in eterno».
Questo Ildefonso lo diceva di Lazzaro, non sapendo che misteriosamente stava anche parlando di se stesso e di ciò che poco dopo avrebbe vissuto. E ora, Ildefonso, ce lo puoi confermare,
perché lo stai già sperimentando, e tu lo comprendi come noi non riusciamo ancora a comprenderlo pienamente. Noi lo crediamo, tu ora già lo vivi dopo averlo creduto: «La morte non è un precipitare nel nulla, ma il passaggio verso la luce beatifica ove Cristo ci attende». Ove Cristo adesso ti incontra!
Fr Luca
OMELIA di Fr. Ildefonso per la V Domenica di Quaresima – A (Gv 11,1-45)
Domenica di Lazzaro
La liturgia della parola in questa domenica di Quaresima ci sollecita a rivitalizzare il nostro battesimo con il quale Dio ci ha resi figli adottivi e fratelli di Gesù Cristo. Gesù si è dichiarato Messia
obbediente al Padre che lo ha proclamato suo Figlio prediletto. Alla Samaritana, al pozzo di Giacobbe, Gesù si rivela «acqua viva che zampilla per la vita eterna», ed è luce per chi lo accoglie e
ascolta la sua Parola. Oggi dice: «Io sono la risurrezione e la vita».
In questa solenne autodefinizione, che Gesù fa nella narrazione del brano evangelico della risurrezione di Lazzaro, troviamo il motivo unificante della liturgia odierna, preparata fin dalla prima
lettura con la visione surreale del profeta Ezechiele. Sotto l’irrompere dello Spirito di Dio, Ezechiele profetizza una scena di creazione: su delle ossa aride e morte ritorna la vita. È il segno ormai
prossimo dato al popolo, pronto per il grande ritorno nella terra d’Israele, ma vi è anche inclusa la storia di un’umanità morta, peccatrice e ribelle, sulla quale il profeta Ezechiele invoca: «Spirito vieni dai quattro venti e soffia su questi morti perché rivivano»; allora «conosceranno che lui solo è il Signore».
Come poi ci dice l’apostolo San Paolo nella lettera ai Romani «Lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti, darà la vita anche i vostri corpi mortali», morti a causa del peccato.
Alla nostra fragilità peccatrice subentrerà l’infinito amore misericordioso di Dio per farci risalire dalle tenebre del peccato alla luce che dà senso alla vita e alla stessa nostra morte naturale. Come
cristiani siamo uomini nuovi, ma nella misura in cui sappiamo morire al male per risorgere con Cristo.
La condotta, l’agire del cristiano, non è altro che la sua fede vissuta. Il toccante racconto giovanneo della resurrezione di Lazzaro manifesta i sentimenti umani che ci troviamo a vivere
davanti alla scomparsa e alla morte di un nostro caro. Le sorelle del morto, Marta e Maria, e lo stesso Gesù piangono.
Betania è un villaggio, appena fuori di Gerusalemme Est, nel versante orientale del Monte degli Ulivi. Per Gesù era un luogo di serenità, di pace, d’amicizia; dove si fa ospite con i suoi discepoli,
nella casa di Lazzaro, Marta e Maria, ai quali voleva molto bene. Betania è stato anche il luogo del pianto di Gesù per la morte dell’amico. In quella casa l’ospitalità non era formale e la genuinità di Gesù aveva contagiato Lazzaro, Marta e Maria. «Signore, mandarono a dire le sorelle, il tuo amico è malato». Gesù attende che in Lazzaro si compia tutto il ciclo della malattia in modo da lasciare lo spazio alla sola iniziativa divina.
Poi Gesù dice ai discepoli: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là perché voi crediate». Gesù vuole offrire ai discepoli un anticipo della sua risurrezione per mostrare
loro il significato della croce, che non è una strada di morte, né di sconfitta, ma di vita e di vittoria. Marta, saputo dell’arrivo di Gesù, si affretta a incontrarlo. «Signore se tu fossi stato qui mio
fratello non sarebbe morto». «Tuo fratello risusciterà». Di fronte a queste affermazioni del maestro, Marta esprime la sua fede nella risurrezione, opera di Dio nell’ultimo giorno. Gesù la invita ad
approfondire la sua fede, a renderla cristiana. A credere, cioè, che la risurrezione passa attraverso la sua Pasqua. «Io sono la risurrezione è la vita». Accogliere il Cristo nella propria vita, il figlio di Dio venuto nella carne, è aprire la nostra fede a non vedere più Dio lontano, fuori dal nostro mondo.
Dio è fra noi! La vita stessa, cosi come il riscatto dalla morte e il germe della risurrezione, stanno già nell’incarnazione, nel suo amore che salva!
Gesù venne e trovò Lazzaro già da quattro giorni nel sepolcro. E quando vide Marta, Maria e i Giudei li presenti piangere, lo stesso Gesù scoppiò in pianto. È il pianto che esprime l’amore per
l’amico che la morte ha strappato e che nasce dalla condizione umana di Gesù. Egli prova dolore e tristezza, ma non resta prigioniero di questi sentimenti. Guarda al significato della sua prossima
morte, la quale diventerà causa di redenzione e di risurrezione per l’umanità. «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà». Per l’uomo di fede, la morte apre alla
speranza, orienta verso l’incontro con il Signore della vita.
«Togliete la pietra». «Lazzaro, vieni fuori». Il miracolo della risurrezione di Lazzaro è la manifestazione della divinità di Cristo proiettata a suscitare o a consolidare la fede in lui. «Alla vista
di quello che Gesù aveva compiuto, molti Giudei credettero», ma tale gesto convincerà altri Giudei della necessità di ucciderlo.
I segni di Dio sono un giudizio e costringono gli uomini a svelarsi, anche se alcuni si ostinano a rifiutare quei segni che non sono strumentalizzabili. Vi è chi crede e chi rifiuta. Gesù è risurrezione
e vita per coloro che credono in lui, si fidano del Dio della vita.
La risurrezione di Lazzaro apre la porta su una vita che si ritroverà nell’eternità, per cui la morte fisica non è un precipitare nel nulla, ma il passaggio verso la luce beatifica ove Cristo ci attende,
dono della sua Pasqua, trionfo della vita sulla morte. Occorre che il nostro cuore, la nostra vita, nel nostro quotidiano si impegni a modellarsi sulla Parola di Dio. Occorre che la vita cristiana sia
tensione, progetto e cammino verso la comunità dei Santi. Non è un percorso di chiusura, ma un andare verso la libertà, verso la gioia vera che viene nel fare, nel compiere il bene. La risurrezione
di Lazzaro proclama Cristo Signore della vita.
Il battesimo cristiano è partecipazione al Suo mistero pasquale di morte e risurrezione. Il credente è chiamato a vivere un’esistenza nuova. Morto al peccato per vivere secondo lo Spirito:
questo dà alla vita serenità interiore, fiducia, speranza. In Cristo tutto è destinato alla risurrezione. «Chi vive e crede in me, non morrà in eterno».
Memoria fotografica di fr Ildefonso
Padre Ildefonso atto battesimo 1938
Ordinazione Padre Ildefonso 1973
01/12/2019
3/11/2019 – Benedizione Nuovo Monumento Madonna del Perpetuo Soccorso a Ca’ Giupponi
Molti Oratori campestri delle terre venete sorsero fin dal XVI sec. accanto alle Ville padronali dei nobili veneziani, costruite anche con i sacrifici e il lavoro dei contadini che lavoravano le terre dei nuovi “padroni”. I poveri contadini esprimevano la loro Fede nella Divina Provvidenza e ne imploravano la protezione con i loro poveri mezzi e si accontentavano di costruire piccoli capitelli o mettere immagini sacre sugli alberi dei campi o nei crocicchi dei “cavini” a benedizione del loro duro lavoro. Nel contempo, oltre alla loro vita di Fede in parrocchia e negli Oratori campestri, si curavano anche della manutenzione e arredo di questi luoghi di culto e di Fede cristiana (vedi i numerosi ex voto – P.G.R.), anche perché verso la fine del XIX sec. i “padroni storici” vendevano le proprietà e lo spirito con cui erano state costruite andò perso. Sempre i cristiani del luogo accoglievano e aiutavano con i loro poveri mezzi (prodotti agricoli) i sacerdoti (mansionari) che talvolta abitavano in semplici case accanto alle chiesette. Il 18 giugno 1957 il Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Civile e casa di Riposo Aita di Crespano del Grappa cede la proprietà dell’Oratorio di San Pietro d’Alcantara in Ca’ Giupponi alla Parrocchia di Asolo. Il 24 ottobre 1957, il nuovo vescovo Egidio Negrin erige la nuova parrocchia distaccata da Asolo, Ss. Nome di Maria in Pradazzi, primo parroco don Giovanni Poletto. Nell’ottobre del 1958 il vescovo A.Mistrorigo nomina don Giuseppe Stevanato (Salzano 19.02.1910, sacerdote il 05.07.1937, morto a soli 66 anni il 29.11.1976) sacerdote mansionario di Ca’ Giupponi. Il parroco di Asolo chiese, e in parte ottenne, che anche gli arredi sacri e le reliquie dell’Oratorio della Madonna della Salute in Ca’ Falier passasero alla chiesetta di Ca’ Giupponi. Subito iniziarono i lavori per la nuova cappellina dedicata alla Madonna del Perpetuo Soccorso che suscitò grande devozione tra i fedeli. Il 24 maggio 1967 il vescovo Antonio Mistrorigo con decreto sposta la parrocchia del Ss. Nome di Maria dai Pradazzi a Villa, con il nuovo parroco don Giovanni Tasinazzo. Il giorno dopo (25 maggo 1967) il vescovo con un decreto allarga i confini della parrocchia a nord fino alla strada statale Bassanse, comprendendo quindi le frazioni di Ca’ Falier e di Ca’ Giupponi distaccandole dalla parrocchia di Asolo.
Questa è la storia. Queste sono le nostre tradizioni culturali e religiose, non dimentichiamole e continuiamo a viverle nel rispetto reciproco e nell’accoglienza delle nuove persone che vengono ad abitare il nostro territorio.
Dopo la morte di d. G. Stevanato, il Vicario Generale mons. Pietro Guarnier per rispondere alle vive rimostranze dei cristiani del luogo invia due lettere (il 09.02.1977 e il 14.02.1977) lasciandoli liberi di partecipare alla s.messa e ai sacramenti nella parrocchia di loro preferenza. Per circa 20 anni il parroco di Asolo, coadiuvato dai PP. Cappuccini del Convento di S.Anna di Asolo, ha continuato a seguire la comunità di Ca’ Giupponi e anche i lavori inerenti alla chiesa e alla insalubre casa canonica. Una nuova canonica verrà costruita alla fine degli anni Sessanta. Lunedì 16 novembre 2015, il giorno dopo il suo ingresso come parroco di Villa (e anche di Casella), don Alessandro Dal Ben celebra la sua prima s.messa nella bella e ben curata chiesetta di Ca’ Giupponi. I numerosi presenti lo accolgono consegnandogli le “chiavi” della chiesetta segno di collaborazione e corresponsabilità per il cammino a venire.
Il sacerdote don Carlo Noè (Dosson 26.10.1878 – Asolo 07.02.1960) esercito il suo ministero dal 15.08.1924 al 1955 come mansionario ai Pradazzi e a Ca’Falier.
Ai due sacerdoti sono dedicate a Casella una via don Carlo Noè, e oggi la Piazzetta don Giuseppe Stevanato a Ca’Giupponi – Villa d’Asolo.
Una reliquia di san Giovanni Paolo II a Villa d’Asolo il 3 novembreCerimonia religiosa per l’intitolazione della piazzetta di Villa d’Asolo a don Giuseppe Stevanato e l’inaugurazione del monumento alla Madonna e ai due Mansionari don Carlo Noè e don Giuseppe Stevanato, opera realizzata da Carlo Balljana, come il reliquiario che verrà benedetto Domenica 3 novembre la parrocchia di Villa d’Asolo, il Comitato organizzatore Cà Giupponi e l’Amministrazione comunale intitoleranno la piazzetta di Villa d’Asolo a don Giuseppe Stevanato e inaugureranno il Monumento alla Madonna e ai due Mansionari don Carlo Noè e don Giuseppe Stevanato, opera realizzata da Carlo Balljana, come il reliquiario che verrà benedetto. Alle 15 l’intitolazione della piazzetta in località via Ca’ Giupponi a don Giuseppe Stevanato e l’inaugurazione del monumento. Si procederà quindi alla benedizione del reliquiario in bronzo dorato raffigurante il volto di papa San Giovanni Paolo II con una folata di vento che sorregge la reliquia contenente una reliquia “ex sanguinis”. Sia il monumento che il reliquiario sono opera di Carlo Balljana, “scultore del vento e dei papi” originario di Farra di Soligo. Don Carlo Noè (1878 – 1960) fu sacerdote caritatevole, guida spirituale della popolazione, mansionario di Ca’ Falier, ad Asolo, dal 1924 al 1947. Don Giuseppe Stevanato (1910 – 1976), nominato dall’allora vescovo di Treviso Antonio Mistrorigo mansionario di Ca’ Falier, successe in questa carica a Don Noè. Stimato e amato da tutta la comunità ampliò la chiesa di Ca’ Giupponi con una cappellina dedicata alla Madonna del Perpetuo Soccorso, venerata con sentita partecipazione della popolazione e celebrata il 27 giugno. “Un momento di fede e di devozione bello quello che ci apprestiamo a vivere – sottolinea il parroco, don Alessandro Dal Ben – e anche un’occasione di riconoscimento e di gratitudine a due sacerdoti che tanto bene hanno fatto per queste comunità. Un evento al quale i parrocchiani sono invitati in modo particolare”. “Don Stevanato in tutti gli anni del servizio pastorale – hanno sottolineato i compaesani nella richiesta di intitolazione – non ha mai smesso di educare, confortare, esortare al bene e alle virtù. È stato un riferimento che ha inciso nel profondo della vita di molti, che ancor oggi a distanza di oltre 40 anni dalla morte lo ricordano con affetto”. Il reliquiario sarà posizionato nella chiesetta della Madonna del Perpetuo Soccorso (via Ca’ Giupponi). Fonte: Comunicato stampa Vita del popolo |
Possagno e Villa d’Asolo: doppio appuntamento con il Segretario di Stato ParolinVenerdì 1° novembre il cardinale è a Possagno, dove celebra i duecento anni canoviani e alle 10.30, nel tempio, presiede la celebrazione nella solennità di Tutti i Santi. Domenica 3 sarà alla cerimonia di benedizione del nuovo monumento in onore della Madonna del Perpetuo Soccorso, e del nuovo reliquiario con la reliquia ex sanguinis di S. Giovanni Paolo II, nella chiesetta di S. Pietro d’Alcantara, a Ca’ Giupponi di Villa d’Asolo. Il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, partecipa in questi giorni festivi a due appuntamenti in Pedemontana. Venerdì 1° novembre è a Possagno, dove celebra i duecento anni canoviani e alle 10.30, nel tempio, presiede la celebrazione nella solennità di Tutti i Santi. La messa sarà concelebrata, tra gli altri, dal vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi. Domenica 3 novemebre il cardinale Parolin sarà alla cerimonia di benedizione del nuovo monumento in onore della Madonna del Perpetuo Soccorso, e del nuovo reliquiario con la reliquia ex sanguinis di S. Giovanni Paolo II, nella chiesetta di S. Pietro d’Alcantara, a Ca’ Giupponi di Villa d’Asolo. In questa occasione l’Amministrazione comunale inaugurerà la piazzetta dedicata a don Giuseppe Stevanato. La cerimonia civile e quella religiosa si terranno alle 15, anche in caso di pioggia. I fedeli sono invitati alle 14.10 alla chiesa di Villa, per la processione con la statua della Madonna. La cerimonia inizierà con le autorità religiose e civili nella piazzetta antistante l’oratorio, piazzetta che verrà dedicata a padre Carlo Anoé, mansionario di Pradazzi e Ca’ Giupponi dal 1924 al 1955, e don Giuseppe Stevanato, mansionario di Ca’ Giupponi dal 1958 e scomparso nel 1976. Nella piazzetta troverà posto l’opera bronzea dello scultore Carlo Balljana, conosciuto dalla critica ufficiale come lo “scultore del vento e dei papi”, un trevigiano nato a Farra di Soligo, scopritore della “quarta dimensione trascendentale”. L’oratorio fu dedicato nel 1739 dalla famiglia Giupponi, tenutaria di una villa in zona, a San Pietro di Alcantara. Sarà però don Stevanato a iniziare i lavori per la nuova cappellina per la Madonna del Perpetuo soccorso e a diffondere il suo culto tra i fedeli di Ca’ Giupponi. Lo farà con una piccola immagine di legno e carta, che fece benedire dall’allora papa Giovanni XXIII. Nel 1962 una candela, però, mandò a fuoco questa immagine di cui si salvò miracolosamente solo il volto. Stevanato, sia pure con i suoi poveri mezzi, regalò un’altra icona dipinta su legno e con corona d’argento placata in oro, che fu benedetta da san Paolo VI. Un’altra icona della Madonna del Perpetuo soccorso, conservata sempre a Ca’ Giupponi, fu invece benedetta da papa Giovani Paolo II, immagine che il vescovo di Treviso Paolo Magnani espose a Treviso il 27 giugno del 1998. Dopo la benedizione dell’opera di Balljana in piazzetta, la cerimonia proseguirà all’interno della piccola chiesa di Ca’ Giupponi e verrà esposto il nuovo reliquiario con la reliquia ex sanguinis di san Giovanni Paolo II, la cui teca è pure opera di Balljana. “Ho richiesto – spiega don Alessandro Dal Ben, al cardinale di Cracovia, l’arcivescovo emerito Stanislaw Dziwisz, già segretario di papa san Giovanni Paolo II, di poter avere una reliquia ex sanguinis del Santo, richiesta accolta. Tutti i lavori di manutenzione di questo luogo di fede e di culto, compresa la nuova casa canonica, in questi ultimi cinquant’anni sono sempre stati voluti e finanziati dai fedeli del borgo Ca’ Giupponi. Il monumento con la risistemazione della piazzetta sagrato e il nuovo impianto elettrico esterno ed interno alla chiesetta sono il coronamento dei loro sacrifici e del loro amore al Signore e a Maria, Madre del Perpetuo soccorso”. Fonte: Comunicato stampa Vita del popolo |
Saluto al Cardinale Sua Eminenza Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano.
Quando la “MAMMA” chiama, i figli accorrono! …., anche se piove! E tutti uniti si ingegnano per l’accoglienza. GRAZIE a tutti, Villa e Casella assieme!
Buon giorno a tutti. A Lei Eminenza, ai sacerdoti delle parrocchie limitrofe, a don Joseph, incaricato della pastorale per gli indiani cattolici di rito malabarese e malankarese, a p. Julian parroco della parrocchia ortodossa rumena di Asolo, alle Autorità civili e militari che ci onorano della loro presenza, alle Associazioni d’Arma, ai giovani delle Squadre del Palio di Asolo, a tutti i cittadini e parrocchiani, ai bambini della scuola dell’infanzia, ai ragazzi dell’ A.C.R., del catechismo, dei gruppi parrocchiali, …., Siete i benvenuti!
Questa celebrazione nella sua semplicità ha due momenti: Il primo civile: l’inaugurazione della nuova Piazzetta dedicata a don Giuseppe Stevanato. Come parrocchiani e cittadini collaboriamo con l’Amministrazione Comunale affinchè la toponomastica ci aiuti a meglio conoscere la nostra storia, le tradizioni e le persone che hanno contribuito per lo sviluppo culturale, civile e religioso del territorio e delle sue popolazioni. Stiamo attendendo anche altre nuove denominazioni toponomastiche.
È significativo che l’inaugurazione di questa piazzetta venga fatta dal Sindaco della Città Mauro Migliorini assieme agli attuali residenti: una famiglia rumena, una famiglia indiana, dei giovani del Senegal e della Costa d’Avorio, e da una giovane famiglia italiana con due bambini. Possiamo proprio dire che siamo l’espressione della Città dei Cento orizzonti, che accoglie chi bussa alla nostra porta, crede nel dono della vita, e si arricchisce anche con l’apporto di altre culture e religioni.
Il secondo momento è la cerimonia religiosa di benedizione del monumento alla Madonna del Perpetuo Soccorso che sotto il suo manto protegge tutti noi raffigurati nelle persone di don Carlo Noè e don Giuseppe Stevanato, che sono ancor oggi vivo esempio di fede cristiana e carità evangelica. E per concludere l’accoglienza e benedizione della reliquia ex sanguine di San Giovanni Paolo II.
Eminenza, ci siamo permessi di “rubare” un’ora del suo preziosissimo tempo per un segno che qualcuno potrebbe definire “minore”, ma ci ha dato il coraggio di farlo perché con la Sua benedizione Lei ci conferma nel cammino di Fede nel Signore Risorto e nella devozione a nostra Madre Maria e ai Santi nostri patroni. È un dono che abbiamo ricevuto dal Signore tramite i nostri sacerdoti, suore, nonni e genitori. Questo dono vogliamo viverlo e tramandarlo alle nuove generazioni e a coloro che vengono a vivere qui con noi. Concludo rinnovando il nostro più sincero e filiale ringraziamento a Lei, che ci benedice, e le chiediamo di assicurare il Santo Padre Francesco che da queste terre preghiamo per la Sua persona e il Suo ministero apostolico.
In questa piccola, ma sempre viva comunità di Ca’ Giupponi, si conservano varie immagini e icone sacre della Madonna del Perpetuo soccorso, tutte benedette da Papi e Cardinali: Papa San Giovanni XXIII, Papa San Paolo VI, Papa San Giovanni Paolo II,
Eminenza, qualcuno pensa che con questa Sua benedizione qui a Ca’ Giupponi, Lei “rischia” di diventare … …. PAPA e ….. SANTO!
Dopo la seconda guerra mondiale l’Europa era divisa in due: il blocco sovietico comunista, sotto l’U.R.S.S., e il blocco atlantico, la NATO: USA, Canada, paesi dell’Europa dell’ovest. Si era creato un clima di guerra fredda, con una frontiera chiamata la cortina di ferro, è lo era realmente, super sorvegliata, che divideva i due blocchi di influenza e controllo. Due mondi divisi culturalmente, ideologicamente, economicamente, con stili di vita molto diversi. Il 13.08.1961, in tutta fretta i sovietici e i comunisti della D.D.R. (Germania dell’Est) costruirono un solido e inattaccabile sbarramento lungo 40 Km. : il muro di berlino! Attraversare le frontiere in quegli anni era una impresa difficile e lunga per chi aveva passaporti regolari e i visti! Ho attraversato con regolare passaporto e visto, e con minuziosi controlli la frontiera tra le due Germanie, sono entrato a Berlino Ovest (controllata dai militari U.S.A., Inglesi e Francesi, super armati!), ho attraversato il famoso Chech Point Charlie, un ora di minuziosi controlli, tanta paura! Sono entrato a Berlino Est (sotto controllo militare Sovietico). Ho visto il muro da vicino, da est e da ovest. Vi assicuro era massiccio, solidissimo! Posso assicurare che il muro di berlino NON è crollato!!! Siamo tutti testimoni che è stato abbattuto, demolito dalla volontà di dignità delle persone, di libertà, di giustizia, delle popolazioni tedesche (filmati e foto lo testimoniano, con picconi, martelli e scalpelli, ruspe, gru, …) a iniziare dal 9 novembre 1989.
il muro di berlino NON è crollato!!! Si deve attribuire il merito di questo anche a papa Giovanni Paolo II. Oggi, purtroppo, ancora tanti “muri” dividono i popoli nel mondo!
Benedizione Monumento in onore della Madonna del Perpetuo Soccorso a Ca’Giupponi
Benedizione Reliquia S.Giovanni Paolo II
È questo un segno di Fede cristiana e di amore riconoscente al Signore, alla Madonna e ai Santi, come ce lo hanno insegnato i nostri genitori, i sacerdoti, le suore che nel passato ed anche oggi continuano la loro opera di evangelizzazione tra noi. Questa è la nostra Fede, la nostra cultura e tradizione, facciamone tesoro, impegnandoci a conoscerla sempre meglio, a rispettarla e a farne dono alle nuove generazioni.
Un grazie speciale a chi ha pensato, curato e finanziato quest’opera. In questa occasione è stato rifatto l’impianto elettrico interno della chiesetta con lampade a led, per il risparmio energetico, che fanno risaltare in modo più adeguato le opere d’arte del XVIII secolo ivi custodite. Anche il sagrato è stato rinnovato e illuminato, con un nuovo arredo e due giovani alberi d’ulivo segno della “pace” per le nostre famiglie, le nostre contrade, per il mondo intero. Il dono della pace che dobbiamo difendere, coltivare e far crescere. Lavoriamo uniti per la “cultura delle pace”, dell’accoglienza, del rispetto verso tutti
13/10/2019 – S.Messa e Festeggiamenti 100 anniversario dell’Asilo di S.Apollinare
In occasione dell 100° anniversario dell’asilo di S.Apollinare è stato pubblicato un libro di 192 pagine con moltissime foto a colori e in bianco e nero:
Presentazione del libro.
Francis Contessotto, Presidente F.I.S.M. provinciale di Treviso
Ricordare cento anni di vita di una scuola non è un’operazione di Nostalgia, ma ripercorrerne la storia per ritrovare il senso. Mi Permetto, perciò, di fare un paio di riflessioni:
La storia: tempo e comunità. Una scuola è inserita nel proprio territorio e fa parte della sua storia. Giustamente questa pubblicazione inserisce la storia dell’“Asilo” dentro la storia della comunità di Casella d’Asolo: dalla comunità è stato voluto, ne ha seguito le trasformazioni ha in parte determinato la storia della comunità stessa attraverso l’educazione dei bambini poi diventati cittadini e parrocchiani. Perché la storia non è un avvicendarsi di fatti, ma è storia di persone, del loro lavoro, delle speranze e delle difficoltà che hanno segnato la loro vita. Centinaia di persone hanno ricevuto la parte della loro formazione in questa scuola, dalla scuola hanno ricevuto i primi rudimenti della conoscenza e della vita di relazione.
Il tempo è anche il tempo presente: oggi la scuola dell’infanzia continua la sua azione, continua a prendersi cura e a far crescere i bambini di oggi che saranno i cittadini di domani, e quindi continua a trasmettere linfa vitale alla comunità.
Ma bisogna guardare al futuro. Non possiamo sapere che cosa ci porterà il futuro; sicuramente viviamo in un periodo di grandi trasformazioni, che investono anche la comunità di Casella (lo dicono bene i dati riportati in appendice) ed è calzante quindi la domanda che si pone il parroco: sarà in grado la nostra scuola di cogliere le sfide che le trasformazioni ci lanciano? Non è una domanda da poco; ma è una domanda che non deve spaventare, ma piuttosto motivare verso un’azione che sia in linea con le sfide di oggi Oggi investire nella scuola vuol dire investire nel futuro, è un’operazione di Speranza.
Il senso della scuola. Nella pubblicazione si legge che la scuola venne fondata dalla comunità per ”dare ai suoi figli una sana educazione Cristiana e Civile” (p.33), e-più avanti-per “prepararli ad entrare nelle scuole comunali “ (p.36). In poche parole sono riassunte le finalità della scuola, in particolare di una scuola ad ispirazione cristiana.
In termini moderni la chiameremo “formazione integrale “ : la scuola mira all’educazione completa dei bambini, in tutte le dimensioni: le conoscenze, la vita di relazione, il mondo degli affetti, l’aspetto sociale, l’apertura alla dimensione spirituale. Tutto questo naturalmente va inserito in contesti sociali in continua trasformazione; infatti anche la scuola si è trasformata: l’adeguamento voluto nella struttura segue la volontà di adeguare il servizio alle mutate esigenze educative e sociali. Per questo la scuola si è trasformata da “Asilo” (luogo di accoglienza ed accudimento) a “scuola materna”e a “scuola dell’infanzia” poi , arricchendo la propria proposta formativa con particolare attenzione alle teorie pedagogiche adeguate al tempo.
Infatti i bambini non sono “sacchi da riempire, ma fuochi da accendere” (PLUTARCO). Questo vuol dire cogliere la sfida della trasformazione che stiamo vivendo all’interno della società e della chiesa.
Concludo con un’ ultima osservazione:in questi cento anni tante sono state le manifestazioni di amore dei parrocchiani per la loro scuola che si sono tradotte in atti concreti(dai più semplici, quali il portare cibo all’asilo, alla raccolta di fondi) che hanno permesso alla scuola di superare momenti di difficoltà. Anche in periodi di povertà, quando sembrava mancasse il necessario per la vita, Casella ha voluto mantenere in vita la scuola, perché ha sempre creduto nella scuola e vuole bene alla sua scuola. Questo è un bell’insegnamento: bisogna volere bene alla scuola, perché è un bene prezioso per i bambini e per la comunità.
Prefazione del libro.
Anniversari!
Di che cosa? Cosa si potrebbe fare? Ma ne vale la pena?
In questi ultimi quattro – cinque anni proprio nelle nostre terre ai piedi del Monte Grappa e a due passi dal Fiume Piave, Sacro alla Patria, sono state organizzate molte iniziative legate al 100°anniversario della Prima Guerra mondiale.
Anche la nostra parrocchia di Casella ha voluto ricordare l’avvenimento facendo si che una nuova via e un nuovo capitello votivo nel 2018 venissero dedicati al Santo Patrono d’Italia: San Francesco d’Assisi, l’uomo dell’incontro del dialogo perché fra i popoli del mondo cresca la “cultura della pace”.
Questa e le altre iniziative sono riuscite a trasmettere il messaggio che gli organizzatori hanno pensato, preparato, per il quale spendono con amore e convinzione le loro energie?
San Paolo ci ricorda: “c’è chi pianta, chi innaffia, ma è Dio che fa crescere” (1°lettera ai Corinti 3,6). A noi adulti il compito dell’ascolto e dell’accompagnamento paziente che sa coltivare senza aspettarsi di vedere immediatamente i frutti.
Come educare oggi i giovani a guardare e a valutare il mondo con uno sguardo a 360 gradi, ad accogliere la nostra memoria collettiva che è il nostro patrimonio, la nostra tradizione? Come educatori dobbiamo trasmettere la nostra storia a dei valori fondamentali che sono la libertà, la dignità, il rispetto delle culture e religioni di ogni essere umano.
Con queste celebrazioni e questo piccolo lavoro vorremmo coinvolgere tutti i residenti in queste terre a partecipare sempre più attivamente al consolidamento della pace e dell’accoglienza. Cari giovani, ex alunni, che venite definiti i “millenials” [i nati dopo il 1982], la “generazione Z” [i nati dopo il 2000] e i “nativi digitali”, forse avete poca dimestichezza per la carta stampata, abituati a “scorrere” le pagine su uno schermo. Mi auguro che queste pagine e le foto non siano un “ricordo di cose vecchie”, ma il tentativo di affrontare la “sfida educativa” anche grazie al vostro coinvolgimento e diventando protagonisti nel trasmettere la memoria e perseverando sulla strada dei vostri sogni.
Cento anni!
Tante sono le persone da ringraziare, di alcune troverete nomi e foto in questo libro. In primis le nostre famiglie che hanno voluto e creduto in quest’opera, i sacerdoti e le suore che hanno coordinato e sostenuto il lavoro delle insegnanti, del personale, dei volontari, dei tecnici, delle famiglie. Dice un proverbio africano: “per educare un bambino serve un intero villaggio”.
Un grazie alle varie Amministrazioni Pubbliche che con i loro mezzi hanno in parte contribuito e riconosciuto la preziosa opera di “sussidiarietà” di questa istituzione educativa pubblica, anche se non statale.
Per questo libro ringrazio in modo speciale chi già da qualche anno ha iniziato a raccogliere e studiare le “fonti” di questa storia: il signor Claudio Giusi.
Grazie al maestro Giuseppe Pagotto che con la sua ben nota passione e competenza ha saputo elaborare il vario materiale e completarlo. Ho voluto aggiungere delle appendici che ci permettono meglio di capire il contesto umano e territoriale dove continua a crescere e “camminare” quest’opera educativa e sociale.
Grazie anche a tutti voi giovani a cui affidiamo questo tesoro prezioso dove avete mosso i primi passi della vostra lunga “carriera scolastica”, i primi passi della vostra socializzazione in questo mondo globalizzato. Mettiamo nelle vostre mani questo lavoro con una frase nella lingua a voi famigliare: WE ARE BUILDING FUTURE WITH TRADITION (stiamo costruendo il futuro con le tradizioni).
La scuola dell’infanzia “Sacro Cuore di Maria” e la Parrocchia di Sant’Apollinare siano per tutti “LA FONTANA DEL VILLAGGIO” (S. Giovanni Paolo II, papa) attorno alla quale tutti si raccolgono e trovano ristoro nel cammino della loro vita.
Con quest’opera vogliamo unirci al progetto di Papa Francesco che ha promosso un evento mondiale per il 14 maggio 2020. Un incontro tra leader religiosi e politico, esponenti della cultura e scienziati, pensato per “ricostruire il patto educativo globale”, per formare i giovani ad un nuovo umanesimo, una casa comune che crei pace, giustizia, accoglienza e dialogo fra le religioni e i popoli della terra.
A tutti voi, giovani e adulti, ex allievi, auguro una fruttuosa e buona lettura.
Don Alessandro dal Ben, parroco
Casella d’Asolo, 29 settembre 2019,
Festa si S.Michele Arcangelo.
Le foto più antiche dell’asilo di S.Apollinare
19/01/2019 – S.Messa Solenne in ringraziamento per il 25°di ordinazione diaconale di don Carlo Zecchin
Foto del diaconato di Carlo Zecchin, celebrato nella Cattedrale di Treviso, l’ 8 gennaio 1994, Festa del Battesimo di Gesù, dal vescovo Mons. Paolo Magnani
08/06/2018 – Festa del Sacro Cuore di Gesù
In occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù è stato benedetto il capitello restaurato del Sacro Cuore in Via Capitello/Frattalunga a Casella d’asolo.
Per l’occasione i cristiani di Villa hanno portato in processione la statua lignea policroma che era nell’altare destro della chiesa di Pradazzi e che ora si trova nella chiesa di Villa.
La S.Messa è stata celebrata per le vocazioni alla vita consacrata e per invocare il Sacro Cuore di Gesù che protegga le attività estive: gr.est, campi scuola, attività dei gruppi, ecc.
25/05/2018 – Benedizione del nuovo capitello votivo dedicato a S.Francesco a Casella
OGGI San Francesco ci invita a vivere la nostra Fede e il nostro impegno nella parrocchia per la nuova strada delle “collaborazioni pastorali”, eccolo venirci incontro sorreggendo il grande “cartiglio” con i segni della nostra storia e della nostra Fede: sono i nostri santi patroni: Maria, Madre della Chiesa e nostra madre (Asolo e Villa),
Sant’Apollinare vescovo (Casella) e San Giovanni Battista (Pagnano), sono accanto ai nostri campanili quasi a sorreggerli; campanili che allietano il nostro territorio con il gioioso e festoso suono delle campane, invito alla lode a Dio, a rispondere alla sua chiamata, suono che scandisce il tempo e la preghiera, non certo segno di “chiusura”, di negativo “campanilismo”!.
Clicca QUI per scaricare la spiegazione
02/02/2018 – Restauro Tela Chiesa di Casella d’Asolo
Mercoledì 01/11/2017 – Benedizione e posa della prima pietra per il nuovo capitello per la Città di Asolo dedicato al Santo Patrono d’Italia: San Francesco d’Assisi
TRACCE DI DIO NEL PAESAGGIO DELL’UOMO, noi battezzati siamo le tracce di Dio nella storia dell’umanità.
Il nostro territorio riporta numerose e ricche tracce della cultura cristiana, tra le più semplici e popolari troviamo i “capitelli”, le immagini sacre appese alle case, agli alberi in campagna, croci, santi, … che proteggono il nostro lavoro, il nostro viaggio, la nostra giornata.
Oggi con il nostro correre frenetico non li vediamo, non ne conosciamo la storia e il significato, ma forse è stato nostro nonno a metterli per una ragione particolare, in ogni caso mosso dalla Fede nel Dio della Provvidenza, per invocare la protezione e l’aiuto della Madonna , dei Santi, …,
certe ricorrenze dell’anno liturgico, certe tradizioni religiose locali, …, che in alcuni casi poi sono diventate le nostre attuali sagre! (SAGRA, dal latino SACRO, SAGRATO).
Ai capitelli nel Comune di Asolo è stato dedicato un grosso libro: VIGILI SENTINELLE LUNGO LE STRADE, capitelli di Asolo, Casella, Villa, Pagnano, di Padre Fiorenzo Cuman, edizioni AURELIA, Asolo 2005.
Vale la pena oggi aggiungere altri “capitelli” nel nostro territorio? La risposta potrebbe essere anche semplice: vale la pena mandare ripetutamente segni del nostro amore e amicizia alle persone care, anche più volte al giorno?
La Città di Asolo nella toponomastica, ad oggi, è priva di una VIA o PIAZZA dedicate al Santo Patrono d’Italia proclamato tale dal Papa nel 1939: SAN FRANCESCO d’ASSISI, il santo o l’italiano più conosciuto e amato nel mondo. Il Santo tra i primi in classifica nei nomi dati ai neonati italiani.
Anche il Papa attuale ha avuto il coraggio di farsi chiamare per la prima volta con il nome di FRANCESCO: un vero, impegnativo, coraggioso programma di vita!
Il parroco di Casella e Villa nel 2016, notando questa lacuna nella toponomastica, ha scritto assieme ad alcune decine di cittadini al Sindaco perché la nuova lottizzazione davanti alla chiesa di Casella si possa intitolare la VIA a San Francesco d’Assisi. Nel 2016 si sono raccolte delle firme e fatto richiesta al Sindaco che si possa intitolare la via della nuova lottizzazione davanti alla chiesa di Casella al Santo Patrono d’ Italia (1939) San Francesco d’ Assisi. [speriamo in una favorevole risposta].
Con questo obiettivo ci siamo impegnati, sia la scuola dell’infranzia, sia i campi scuola dei ragazzi e giovani del 2016, a far conoscere la figura del Santo di Assisi, alla quale tutto il mondo si rivolge per vivere e diffondere l’impegno per il dialogo e la pace.
Un privilegio speciale ci è stato concesso dai Frati Francescani: una pietra tolta dalla tomba di San Francesco, con sigillo del sacro Convento di Assisi è stata consegnata ai nostri giovani di 2a superiore durante il loro Campo scuola ad Assisi nel luglio 2016. Anche gli altri partecipanti ai campi scuola hanno raccolto delle pietre.
1 – Pietra dalla tomba di S.Francesco, con sigillo e attestato, campo scuola 2a superiore ad Assisi 2016,
2 – pietre del Sacro Convento nel bosco di S.Francesco, Assisi, campo scuola 2a superiore ad Assisi 2016,
3 – pietre dall’ Eremo delle Carceri, Monte Subasio, Assisi, luglio 2016, don Alessandro,
4 – pietre dal Monte Grappa, nel centenario della Prima Guerra Mondiale, campo scuola 1a superiore 2016,
5 – pietre da Castel Tesino (TN), campo scuola foraniale A.C.R. 2016,
6 – pietra dal Monte San Dionisio, Campo scuola medie interparrochiale a Valle di Cadore, 2016
7 – pietre da Taizé (Francia), campo scuola 4a superiore 2016,
8 – pietre dal Santuario della Divina Misericordia, Cracovia (Polonia), Giornata Mondiale della Gioventù 2016,
9 – pietre dalla Terra Santa, pellegrinaggio diocesano 2016,
10 – pietre dal Sacro Monte di Lussari (UD), santuario delle tre culture europee, maestra Tania, 2016,
11 – pietra dal Santuario di San Michele arcangelo, Monte Sant’Angelo (FG), pellegrinaggio Ugo e Susanna, 2016,
12 – pietre dal Santuario Mariano Notre Dame de la Delivrance di Poponguine ( Senegal – Africa) p. Flavio Facchin, O.M.I. , 2016
Il 1°novembre 2017, Solennità di Tutti i Santi, i cristiani di Villa e Casella hanno partecipato uniti alla semplice e simpatica cerimonia della benedizione e posa della prima pietra del nuovo capitello votivo.
L’onore di portare le pietre raccolte dai giovani e ragazzi durante i campi scuola del 2016-2017 è toccato proprio a loro.
Anche i bambini della scuola dell’infanzia con le loro insegnati hanno partecipato portando l’immagine di San Francesco fatta da loro stessi e qualche sassolino per dire “anch’io ho contribuito”.
Non potevano mancare i nostri cari Alpini, e i membri dell’ Azione Cattolica con il nuovo stendardo.
Il G.S.P. ha preparato un semplice, tradizionale e popolare addobbo del luogo.
Un grazie speciale ai proprietari (fratelli Rosato) del terreno che lo hanno gentilmente concesso, allo Studio Basso che ne cura la progettazione e realizzazione, …
Domenica 23/04/2017 – Villa d’Asolo Festeggia il 50°della Parrocchia S.S. Nome di Maria
Queste righe non dicono quale è stato l’impegno materiale, economico e spirituale vissuto 40 anni fà dai cristiani di Villa guidati dal primo parroco don Giovanni Tasinazzo per costruire l’attuale chiesa e prepararsi alla liturgia della dedicazione – consacrazione. Tutto documentato con foto e cronistoria di don Giovanni Tasinazzo.
11 maggio 1975 :il vescovo Antonio Mistrorigo firma la pergamena assieme al parroco e al Cav. Giovanni Fantinel (Sindaco di Asolo), l’impresario Menghetti sigilla la pergamena dentro la prima pietra, che il vescovo benedice e il parroco la colloca nelle fondamenta in una serata di pioggia.
01 maggio 1976, celebrazione della prima s.messa dentro la nuova chiesa, pavimento in terra e senza il tetto. Festa di San Giuseppe lavoratore invocato come patrono dei lavori della nuova parrocchia, al quale verrà dedicato il “capitello” nel sagrato al termine dei lavori.
01 maggio 1977, benedizione e inaugurazione della nuova chiesa con la celebrazione della s.messa presieduta da mons. Raimondo Squizzato.
25 settembre 1977, il vescovo Giovanni Battista Piasentini benedice la statua della Madonna nella chiesa di Pradazzi, viene caricata su un camion dove salgono anche il vescovo e i sacerdoti, inizia la processione fino alla nuova chiesa di Villa, dove si celebra la s.messa.
29 settembre 1977, Giornata Sacerdotale, concelebrazione presieduta da mons. G.B. Piasentini con 30 sacerdoti e don Giovanni Tasinazzo.
30 settembre 1977, Giornata della Famiglia Cristiana, s.messa concelebrata da S.E. mons. G.B. Piasentini con 4 sacerdoti e don Giovanni Tasinazzo.
01 ottobre 1977, Giornata Mariana, s.messa concelebrata da S.E. mons. Carlo Bandini con 4 sacerdoti e don Giovanni Tasinazzo.
02 ottobre 1977, scrive nella cronaca della parrocchia don Giovanni Tasinazzo “STORICO GIORNO DELLA CONSACRAZIONE DELLA NUOVA CHIESA”, il vescovo di Treviso S.E. mons. Antonio Mistrorigo e 8 sacerdoti concelebrano la s.messa della “dedicazione” della nuova chiesa di Villa. Come prevede il rito, sotto l’altare vengono sigillate dentro una teca di cristallo le SS. Reliquie di: San Pio X papa, San Domenico Savio, San Giovanni Bosco.
La scelta delle reliquie stà ad indicare non solo il legame con i testimoni della Fede, il successore di San Pietro, il Papa da Riese, “il santo della porta accanto”, il parroco (Salzano) che ha dato alla Chiesa universale il CATECHISMO che per decenni ha preparato ai Sacramenti e alla vita cristiana generazioni di cristiani.
San Giovanni Bosco, grande educatore e padre spirituale dei giovani, patrono della gioventù, dei catechisti, fondatore delle famiglie religiose maschili e femminili detti “Salesiani” e Figlie di Maria Ausiliatrice. Negli oratori e scuole dei Salesiani e Salesiane in tutto il mondo ancor oggi si formano migliaia e migliaia di giovani secondo i valori e i principi della Fede e del Vangelo. San Domenico Savio è un ragazzo che frequentò l’Oratorio Salesiano di Torino e sotto la guida di Don Bosco divenne “santo”, patrono dei gruppi cristiani di giovani e dei “pueri cantores”.
Non vergogniamoci dei “segni” della nostra Fede, delle nostre tradizioni, dei nostri valori che per venti secoli sono stati alle radici della crescita culturale dei popoli europei. Fede cristiana che ha animato la Carità, l’impegno educativo e scolastico a tutti i livelli dalle Università fino alle Scuole dell’ Infanzia, il servizio agli ammalati e anziani, alle famiglie, agli “scarti” della società, …. OGGI preghiamo per il nuovo anno scolastico e per quanti operano per l’educazione e istruzione.
Nella visita pastorale ad Asolo del vescovo beato Andrea Giacinto Longhin nel 1909, il vescovo in visita alle famiglie di Pradazzi [tutti i documenti canonici e catastali civili riportano sempre questo toponimo, mai il toponimo “Lauro”, don Alessandro già nel 2015 ha chiesto che l’antico toponimo pradazzi venisse rimesso con il cartello marrone] e il loro piccolo oratorio del XVII sec. dedicato al Ss.Nome di Maria e poi anche Santa Eurosia (patrona del lavoro dei campi), notando la distanza del borgo da Asolo e il disagio dei fedeli per poter partecipare alle funzioni religiose ad Asolo, il vescovo invitò il prevosto mons. Giovanni Bertoldi a provvedere con la costruzione di una chiesa più grande accanto al vecchio e fatiscente oratorio [ora sparito] . Opera che venne realizzata con il concorso, la generosità e i sacrifici della popolazione (poche famiglie di contadini) che andavano con i carri trainati dai buoi fino al fiume Piave per cercare sassi e sabbia. L’11 settembre 1910 finalmente la benedizione del nuovo edificio di culto costruito in pochi mesi. Qui a Pradazzi svolse il servizio pastorale come “mansionario” dal 1924 al 1947 don Carlo Noè, sacerdote di venerata memoria a cui è stata dedicata una via a Casella. [se un giorno l’Amministrazione comunale decidesse di rivedere e sistemare la toponomastica e numerazione civica altri nomi di sacerdoti e toponimi potrebbero ricordare la nostra storia] Vedi foto chiese e poesia.
Il 24 ottobre 1957, il vescovo Egidio Negrin firma il decreto della nuova parrocchia, viene nominato primo parroco don Giovanni Poletto.
Nella chiesa di Pradazzi celebrarono la loro prima santa messa solenne anche don Florido Feltrin (05.07.1965), addirittura l’11.06.1965 ci fu l’ordinazione sacerdotale di padre Ilario Mazzarollo, il 12.08.1973 celebra la prima messa p. Ildefonso Dal Bello. [il campanile è stato costruito nel 1958 su terreno privato, anche la chiesa è costruita su terreno di vari proprietari].
Nel contesto del 50° della parrocchia, due pensionati di Ca’ Giupponi hanno offerto il restauro dei quattro reliquiari della seconda metà del XVII° secolo, in legno lavorato e decorato con foglie d’oro, GRAZIE di cuore, avete aiutato non solo la conservazione del patrimonio artistico e di fede della parrocchia, ma insegnate ai giovani l’amore e corresponsabilità per la parrocchia, e ancor più il significato del culto dei martiri e dei santi, nostri modelli nel vivere eroicamente le virtù del Vangelo per giungere alla patria del cielo. Il XXI secolo è iniziato con un numero sempre crescente di cristiani perseguitati e uccisi per la loro Fede.
Reliquie ex ossibus di : 1) S.Amando martire, 2) S.Placida martire, 3) S.Vittoria martire, 4) S.Crescenza m. – S.Florido m. – S.Illuminato m. il martirologio cristiano riporta poche notizie di questi martiri dei primi secoli al tempo delle persecuzioni romane.
Domenica 19/02/2017 – Villa e Casella d’Asolo festeggiano il 40°di Sacerdozio di don Alessandro dal Ben
7 Dicembre 2016 – Don Giovanni Tasinazzo ritorna alla casa del Padre
Don Giovanni Tasinazzo, nato a San Zenone degli Ezzelini il 28.12.1925, battezzato lo stesso giorno della nascita, cresimato nel 1934 dal Beato Andrea Giacinto Longhin, vescovo di Treviso e ordinato sacerdote il 26.06.1955. Fu cappellano a Caerano di San Marco e a Salzano. Nominato parroco di Villa d’Asolo dal 1967 al 1988 e parroco di Crocetta del Montello dal 1988 al 2006.
Rettore del Santuario della Rocca di Cornuda dal 2003 al 07.12.2016, la Madonna lo ha chiamato a celebrare la Solennità dell’ Immacolata verso la mattina del mercoledì 7 dicembre 2016, i funerali sono stati celebrati per suo desiderio nella chiesa del suo paese San Zenone degli Ezzelini venerdì 9 dicembre 2016 alle ore 15.00, celebrati dal vescovo di Treviso mons . Gianfranco Agostino Gardin, concelebrati da circa 60 sacerdoti, erano presenti i suoi successori a Villa: don Mario Dalle Fratte, don Franco Zoggia, don Alessandro Dal Ben.
Era Canonico onorario del Capitolo della Collegiata della Cattedrale di Asolo e Cappellano d’onore della Grotta di Lourdes, come Assistete Spirituale dell’ UNITALSI aveva guidato oltre 50 pellegrinaggi al Santuario di Lourdes, l’ultimo l’agosto scorso 2016 a quasi 91 anni.
Don Giovanni festeggia il 60° di sacerdozio
Festa patronale a Cornuda, 11 novembre 2016, San Martino, don Giovanni aveva voluto fare la processione dalla canonica alla Chiesa di Cornuda assieme agli altri preti.
11 Settembre 2016 – Inaugurazione della nuova via in onore del S.S. Nome di Maria
[Presenti don Alessandro dal Ben e don Florido Feltrin]
Il Consiglio Pastorale ricorda Don Carlo Noè.
A: Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Gianfranco Agostino Gardin Arcivescovo-Vescovo di Treviso P.zza Duomo, 2 – 31100 TREVISO
tramite: Ordinario
Mons. Giuseppe Rizzo, Vicario Generale della Diocesi, P.zza Duomo, 2 – 31100 TREVISO
Villa d’Asolo, 29-12-2010
Ecc.za Rev.ma,
innanzitutto noi, membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale della Parrocchia del SS.mo Nome di Maria in Villa d’Asolo, siamo lieti di poterLe porgere il saluto nostro e di tutta la Parrocchia e le vogliamo assicurare il nostro filiale affetto e la nostra stima.
Ormai da diversi anni, la Parrocchia di Villa d’Asolo, su proposta dell’allora Parroco (…), ha iniziato a riflettere e a confrontarsi con la figura di Don Carlo Noè, un sacerdote diocesano che ha prestato servizio per molti anni nel nostro territorio, quando era ancora Parrocchia di Asolo, e morto cinquant’anni fa, circondato da una fama di santità che attestiamo ancora perdurante.
Il lavoro di ricerca è continuato anche con l’attuale Parroco, don Mario Dalle Fratte, che con grande disponibilità ha seguito la vicenda, permettendo che le molte testimonianze raccolte fossero pubblicate in un libro che le è già stato consegnato personalmente dallo stesso don Mario.
Innanzitutto nel maturare il percorso di confronto con questo sacerdote fedele dobbiamo umilmente riconoscere che ci siamo sentiti invadere dallo stupore per i doni che la Grazia divina ha saputo suscitare in lui.
Don Carlo, come avrà avuto modo di vedere dal libro consegnatoLe, ma anche dalla documentazione conservata nell’Archivio della Curia, nacque a Dosson di Casier il 26 ottobre 1878 da una famiglia povera, che conobbe prima e dopo la sua nascita l’umiliazione e la sofferenza dell’emigrazione.
Rimasto in Seminario, mentre i genitori erano partiti per i Brasile, fu ordinato sacerdote dal Card. Giuseppe Sarto, la mattina della partenza per il conclave, il 26 luglio 1903. Fu cappellano a Montebelluna e Maerne. Il Beato Longhin, che di lui aveva molta stima, lo individuò come possibile missionario in Brasile, missione a cui dovette rinunciare perché si venne a trovare improvvisamente con la responsabilità di mantenere la madre e la sorella, tornate dalle Americhe.
Mentre era a S.Elena sul Sile, durante la Prima guerra mondiale, si segnalò per l’accoglienza e l’aiuto che diede ai profughi, ma forse per questo fu arrestato nel 1917, ingiustamente accusato e confinato a Parenti e Saliano (CS), due paesini della Calabria, dove lasciò di sé un indelebile ricordo.
Tornato in Veneto dopo due anni, fu assegnato dapprima a Martellago e poi dal 1924 al 1947 fu assegnato alla cura d’anime del territorio di Pradazzi, allora appartenente alla Parrocchia di Asolo, dal 1947 al 1949 fu invece a Castelfranco Veneto, come collaboratore di don Ernesto Bordignon. Nel 1949 fu richiamato nella piccola borgata di Ca’Falier, a nord di Pradazzi, dove rimase fino al 1955, anno in cui fu ospitato in una stanza dell’Ospedale di Asolo fino alla morte, che sopraggiunse il 7 febbraio 1960.
Le testimonianze raccolte in quest’ultimo decennio, si riferiscono, in particolar modo, al periodo di Pradazzi, Ca’Falier e dell’Ospedale di Asolo.
Ciò che colpiva in Don Carlo era innanzitutto la sua grande umiltà e povertà: fornito di pochissimi mezzi, non lesinava mai il poco che aveva a chi ne avesse bisogno, rischiando a volte di trovare chi ne approfittasse. Presso la canonica c’erano continuamente poveri ai quali arrivava a fornire il cibo con cui avrebbe dovuto nutrirsi lui. La sua povertà, tuttavia, non era solo materiale: fu sempre obbediente al suo Vescovo, anche quando l’obbedienza poteva essere umanamente non facile da accogliere.
Ma tutti sapevano dell’incessante preghiera che Don Carlo innalzava a Dio sempre, in ogni occasione possibile. Molti testimoni, che lo videro in piena notte nella chiesa di Pradazzi o nella cappellina di Ca’Falier, concordano nel dire che protraeva la sua preghiera anche lungo la notte, da giovane e da vecchio. La celebrazione della messa era molto devota ed attenta, come pure era fedele al ministero di confessore: chi si era confessato da lui, ricorda che era semplice e chiaro nel dare le indicazioni per una vita cristiana.
La gente si accorse, e ne conserva tuttora memoria, che il sacerdote si dava a continue mortificazioni e dure penitenze, di giorno e di notte. Veniva visto dormire sui tronchi di una segheria o in preghiera inginocchiato su sassi; fu sorpreso da anziano, ormai in riposo in ospedale, con pietre messe sul suo giaciglio d’Ospedale.
E certamente si ricordano la pazienza unita alla sofferenza, con cui sopportò le contrarietà della vita che fu costretto a subire: l’allontanamento per due anni dalla zona di Pradazzi, ad opera di pochi; l’essere a volte non tanto apprezzato dal Preposto di Asolo; ma anche il decadimento delle sue forze fisiche.
La fama della sua vita santa si univa all’alta considerazione che si aveva del suo ruolo di intercessore. Tutti ricorrevano al prete di Pradazzi, all’apparenza burbero, ma dal cuore umile e grande. Di lui molta gente ricorda con gratitudine tante grazie ottenute e che lui riferiva sempre a Dio e alla fede in Lui e mai alla sua persona, che cercava sempre di sminuire.
In molti casi si trattava di cose piccole e semplici, ma molto importanti in una società che allora era povera di mezzi e anche la malattia di un animale domestico poteva costituire un grave danno.
Grazie alla sua preghiera, i ladri si sentivano costretti a restituire le cose rubate. Gli animali fra lo stupore di tutti ritrovavano la salute oppure venivano inspiegabilmente cacciati, se erano dannosi parassiti.
A lui, però, si ricorreva ovviamente anche per la salute delle persone e le sue benedizioni sortivano come effetto o guarigioni immediate o più serenità nella sopportazione dell’inevitabile malattia. Da lui, però, andavano anche per un aiuto in vista di una maggiore serenità nella vita famigliare e per la liberazione spirituale.
Altre testimonianze riportano pure fenomeni fuori dall’ordinario: fu visto passare in mezzo all’acqua senza bagnarsi, come anche allontanare nuvole foriere di tempesta, che, secondo chi era presente, retrocedevano di fronte alla sua benedizione.
Altri, basandosi su quanto raccontato da altre persone, affermano che di lui si diceva che riuscisse a controllare la violenza del fuoco con la sua preghiera [e che fosse stato visto, mentre pregava in solitudine, ma anche mentre celebrava la messa, alzarsi da terra].
[Ad ogni modo, l’opinione che si aveva di lui, porta anche ai nostri giorni, a molti anni dalla sua morte, molte persone a chiedere con semplicità il suo aiuto.]
Ecco, allora, Eccellenza, che fra le varie grazie, vogliamo segnalarne due recenti.
[Innanzitutto quella che, sotto la propria responsabilità, riporta una signora anziana della Parrocchia di (…), che, dopo una caduta che qualche anno fa le causò una frattura, non sarebbe più stata in grado di camminare. Invece, dopo aver chiesto a Don Carlo di aiutarla e averlo visto in sogno, improvvisamente ha ripreso l’uso delle gambe, fra lo stupore dei medici. Di ciò e dei particolari più precisi della vicenda, ha stilato una relazione scritta della testimonianza resa dalla signora, il Parroco di (…), (…).]
[Un’altra signora di (…), invece, sotto la propria responsabilità, ha dichiarato pubblicamente, durante un incontro su don Carlo in chiesa a Villa d’Asolo il 6 settembre 2010, che nel 2008, la propria figlia, che si trovava incinta, si era sottoposta ad esami medici in più ospedali. Tutti avevano fornito il medesimo responso: il feto era privo di un polmone e il cuore era spostato nella parte destra. Le fu consigliato dai medici di abortire, ma lei non volle. Ricoverata all’Ospedale di Treviso, mentre stava piangendo le sarebbe apparso don Carlo, che nel frattempo aveva imparato a conoscere tramite il libro pubblicato dalla Parrocchia di Villa d’Asolo. Il sacerdote l’avrebbe rassicurata dicendo che la bambina sarebbe nata sana. E così fu, fra lo stupore dei medici. Per questo episodio, la signora si è dichiarata disposta a fornire relazione e documentazione direttamente a Vostra Eccellenza.]
[Di fronte a tutto questo, Eccellenza, avvertiamo di trovarci di fronte a fatti più grandi noi e di avere un “tesoro in vasi di creta”.]
[Perciò, volendo vivere questa grazia nella Chiesa e per la Chiesa, chiediamo a Lei, nostro pastore, innanzitutto come essere autentici custodi della memoria, cioè se e con che modalità tener vivo il ricordo di Don Carlo Noè e della sua fedeltà a Gesù Cristo, per l’utilità della salvezza delle anime.]
In secondo luogo, il Consiglio Pastorale Parrocchiale di Villa d’Asolo, Le chiede che la Diocesi di Treviso avvii e si assuma il procedimento di verificare l’eroicità delle virtù del sacerdote diocesano Don Carlo Noè.
Riteniamo infatti che per la crescita della nostra Chiesa locale verso il suo Signore, possa essere molto utile l’esempio di fedele vita cristiana offerto da Don Carlo Noè, ben testimoniato da Mons.Luigino Zamperoni, originario di Pradazzi-Villa d’Asolo e già Vicario Episcopale per la Vita consacrata, nella lettera del 2004 allegata in fotocopia alla presente, come anche, in altra forma, dal-la continua presenza di fiori che, a cinquant’anni di distanza, continuano ad adornare la sua tomba.
Confidando in una suo sereno ma attento e approfondito discernimento delle nostre richieste, le porgiamo cordiali saluti, invocando su di noi, sulle nostre famiglie e sulla nostra Parrocchia la Sua paterna benedizione.
INTITOLATA UNA VIA A CASELLA D’ASOLO (zona farmacia) A DON CARLO NOE’
STORIA DELLA PARROCCHIA DI VILLA D’ASOLO- Introduzione alla serata di proiezione della mostra fotografica del 24-05-2007 di P.B., bozza degli appunti non rivista dall’autore
COMMENTO STORICO ALLA MOSTRA FOTOGRAFICA DEL 24-maggio-2007
Il presente incontro non intende essere la storia della Parrocchia in senso stretto. E mi spiego. Il termine Parrocchia contiene in sé la parola casa. La Parrocchia è infatti la casa di tutti, la famiglia dei cristiani. E fare la storia della famiglia non si esaurisce nel tracciarne l’albero genealogico, neppure nello sceglierne le foto dell’album. La storia, infatti, prevede una storia di anime e di vite che sono Dio può conoscere. Ogni diverso tentativo deve avere la consapevolezza che si tratta solamente di un parlare incerto.
Per orientarsi nello scorrere del tempo, rimane comunque necessario individuare dei termini di partenza. Per la storia di una famiglia potrebbe giustamente essere il giorno del matrimonio dei genitori. Ma anche questo è chiaramente un limite. Si potrebbe obiettare che si inizia prima, con i nonni e via così…
Per la storia del matrimonio della nostra Parrocchia, gli atti di matrimonio si possono considerare i due documenti costitutivi della stessa, i decreti sul cambiamento del nome e sul ridisegno dei confini, rispettivamente il 24 maggio 1967 ( 40 anni oggi!) e il 25 maggio 1967.
A partire da quelle due date, quindi, si entra propriamente nella Storia della Parrocchia di Villa d’Asolo.
Ma c’è un prima…e che prima!
Il racconto del prima (storicamente un periodo lunghissimo) potrebbe partire dalla storia dei termini.
Il termine Villa d’Asolo non è certamente un termine recente. Il suo utilizzo è accertato da secoli, nella sua comune forma latina Villa Asyli (come la si legge nella lapide della consacrazione della Chiesa) è senz’altro più antico del termine italiano Pradazzi. Per Villa Asyli, Villa d’Asolo, si intendeva però un territorio più ampio dell’attuale. Anche Pradazzi vi rientrava, anche se in alcuni documenti sembra distinguersi, ma vi rientrava anche tutta la fascia a nord di Casella, fino a Crespignaga.
Per quanto riguarda il termine Pradazzi, i più convengono nel farlo derivare dalle denominazioni latine della località: Pradillum e Pradellum che indicavano chiaramente la il carattere del suo suolo, fatto di terreni coltivati a prato.
Diverse testimonianze storiche parlano di ritrovamenti avvenuti in un passato abbastanza lontano, nella zona di Pradazzi di oggetti molto antichi. Essi attestano in ogni caso che Pradazzi era zona di residenza romana. Nei secoli, comunque, Pradazzi non fu riservato unicamente ai prati, ma c’era pura una fitta boscaglia. Infatti nel 1604 il Podestà Antonio Baldù avvisava il Senato della Serenissima, che “nella villa dei Pradazzi certo Odoardo Razzolino, bandito per omicidio dal Cons.dei X si fece dare da mangiare e poi si è ricoverato in uno dei boschi vicini”.[1]
Nei secoli comunque Pradazzi divenne la sede di non poche ville di nobili che ne facevano perlopiù la loro residenza estiva, ma non solo: i Giustiniani, i Falier (dove Antonio Canova produsse le sue prime opere, i Giupponi, I Rover). Le persone che lì abitavano facevano comunque sempre riferimento alla Chiesa di Asolo che riservava la loro cura al Canonico Sacrista.
La parrocchia di Asolo, però, fin dal 1780, preoccupandosi dell’assistenza alle famiglie più lontane, assegnò per Villa d’Asolo (S.Apollinare e Pradazzi) un sacerdote con sede a S.Apollinare; poi diede due sacerdoti l’uno per S.Apollinare, l’altro per Pradazzi. Fino al 1910 il Sacrista aveva titolo e funzione di Parroco extra moenia e cioè per le rive, per S.Apollinare e per Pradazzi. Nel 1910, morto il Preposto Mons.Bertoldi, Mons. Longhin, con la approvazione del papa Pio X, dispose che a norma dei canoni non vi fosse che un solo parroco. Il sacrista rimaneva un aiutante del Parroco con una speciale collaborazione per le rive.
Questi termini, densi di storia e di storie, saranno utilizzate in questo lavoro con la seguente precisazione.
Nel 1930 l’amato e da molti considerato santo sacerdote, don Carlo Noè (1924-1947 Pradazzi; 1949-1955 solo Ca’Falier; 1955-1960 presso l’Ospedale di Asolo), così descriveva la porzione di territorio della Parrocchia di Asolo che il Beato Longhin gli aveva affidato:
“Al Mansionario della Prebenda, olim canonicato, Priuli della Chiesa cattedrale di S.Maria Assunta di Asolo aspetta l’ufficio della cura d’anime della Frazione denominata Pradazzi limitata tra la strada Bassanese (provinciale) a nord e la strada (comunale) detta la Rosina a sud, tra la provinciale detta Castellana a mattina e l’antico corso del torrente Muson a sera e propriamente tra la roggia del Muson, detta il Musonello, per il territorio a sud. Oggi a mattina del Muson (riva sinistra) del letto attuale vi sono alcune case appartenenti alla curazia di nuova erezione di Onè di Fonte …[2]
E’ evidente che in quegli anni con il termine Pradazzi si intendeva un territorio perlopiù coincidente con il territorio dell’attuale Parrocchia di Villa d’Asolo, includendo in un’unica definizione la parte meridionale e quella settentrionale del nostro territorio.
I tentativi di una più larga autonomia delle frazioni non erano cosa nuova. Dall’inizio del secolo cominciarono ad intensificarsi, fino a farsi molto più forti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Mons. Antonio Mantiero già nel 1946 faceva presente a Mons.Brugnoli se, viste le necessità pastorali, non convenisse dividere la Parrocchia.
Da notare anche l’erezione nel 1938 dell’Asilo in ricordo della zia ND Contessa Giovanna Brandolini Falier per testamento della ND Contessa Enrica Falier fu Conte Giuseppe Falier.
Nel 1952 un passo importante fu l’erezione del nuovo cimitero di Pradazzi, con la porta rivolta a sud per rassicurare sull’orientamento verso Pradazzi dello sviluppo del paese. Ciò avvenne mentre era mansionario di Pradazzi Don Giuseppe Mària (1950-1953), succeduto a Don Angelo Gianni (1947-1950).
Tuttavia solo nel 1957 il 24 ottobre, con effetto a partire dal 1 novembre l’Arcivescovo Egidio Negrin decide che erano maturi i tempi per l’erezione di una nuova Parrocchia, intitolata al Santissimo Nome di Maria, di Pradazzi, ma che non coincideva con il territorio dell’attuale parrocchia di Villa d’Asolo. Ne rimanevano escluse, grosso modo, le zone di Ca’Falier e di Ca’Giupponi. Da menzionare che nella bolla di erezione della Parrocchia viene fatta menzione dei motivi che spinsero il Vescovo: la possibilità di accrescere il culto alla BV.Maria e l’assistenza spirituale delle anime.
Il Primo parroco fu il Sacerdote Don Giovanni Poletto, già presente a Pradazzi dal 1955, succeduto a Don Piero Cappellotto (1953-1955) e cuugino dell’attuale Arcivescovo di Torino, S.Em. il Card.Severino Poletto che, intervistato da me, ancora si ricorda di Pradazzi e del suo strano campanile, eretto nel 1958.
Gli anni che videro l’erezione della nuova Parrocchia erano ancora gli anni del Boom economico, dell’Italia che, uscita sconfitta da una guerra che aveva arrossato di sangue innocente anche le nostre terre e le nostre famiglie, stava vivendo però un momento di sviluppo mai sperato. Era l’anno della Cinquecento. Era ancora fortissima nei nostri paesi l’identificazione fra senso di appartenenza alla Società cristiana e alla società civile. Il grande Santo Padre Pio XII proponeva all’umanità uscita dall’immane cataclisma della guerra una società che si lasciasse guidare dai valori cristiani, sotto la guida della Madonna. Fu papa Pacelli che nel 1950 aveva proclamato il dogma dell’Assunzione e che poco prima aveva proposto all’umanità l’esempio di santa purezza incarnato in Santa Maria Goretti.
E come faceva bene il Pontefice ad insistere su questo. Infatti, non molti presagivano la tempesta di valori distorti che si sarebbe abbattuta anche sul nostro cattolicissimo veneto nei successivi decenni.
Pradazzi si stava affacciando in parte a questo nuovo cambiamento.
La buona gente era ancora molto legata ai valori cristiani; amava i propri sacerdoti; la fede guidava e indirizzava le grandi scelte personali della gente. Era stata ed era ancora testimone delle straordinarie vicende spirituali di Don Carlo Noé, ancora vivente, ricoverato all’Ospedale Civile di Asolo. E infatti in questi anni si registrò il solenne invio in missione dell’allora solo fratello Lino Zamperoni, del PIME il 13-settembre-1959 e sei anni dopo, il giorno 11 giugno 1965 l’Ordinazione sacerdotale di P.Ilario Mazzarolo, avvenuta proprio a Pradazzi. E, il 05 settembre 1965, l’Ordinazione sacerdotale di Don Florido Feltrin
Tuttavia alcuni di Pradazzi si diedero molto da fare perché la Parrocchia conoscesse un ulteriore sviluppo.
Questo desiderio trovò accoglienza nel nuovo giovane Vescovo di Treviso, Mons. Antonio Mistrorigo.
Questi, rompendo ogni indugio, prevedendo uno sviluppo del paese e volendo che esso fosse accompagnato da una crescita cristiana, decise di ingrandire la Parrocchia di Pradazzi fino alla Bassanese e stabilì che si dovesse costruire una nuova chiesa che unisse, anche geograficamente, i settori nord e sud del paese.
Perciò il Vescovo attuò i primi importanti passi, prima ricordati:
il 24 maggio 1967, con decreto vescovile, cambiò la denominazione della Parrocchia da Pradazzi in Villa d’Asolo. Il giorno dopo, il 25 maggio 1967, con un altro decreto vescovile, modificò i confini della Parrocchia: a nord la statale 248, la Basssanese, ad est la provinciale per Castelfranco, a sud e a ovest dai confini del Comune di Asolo. Il 22 giugno 1967 alla presenza del Preposto di Asolo, Mons.Giuseppe Fornari, al Parroco di Casella d’Asolo, Don Orlando Berti e di Don Giuseppe Stevanato residente a Ca’Giupponi, il Vescovo nominò Parroco di Villa d’Asolo il cappellano di Resana, Don Giovanni Tasinazzo, originario di San Zenone degli Ezzelini. Il 15 ottobre 1967 il Nuovo Parroco fece il suo ingresso, alle ore 15. L’immissione fu tenuta da Mons.Angelo Fraccaro, Arciprete di San Zenone, presente Don Severo Dalle Fratte, Cancelliere Vescovile. Fra gli altri c’erano Don Fulgenzio Geremia, allora parroco di Resana, P.Luigi Petrin OMI, originario di Villa d’Asolo e parroco di Onè di Fonte. Inoltre vi fu la presenza di Don Antonio Paro allora cappellano di San Zenone degli Ezzelini, che aveva avuto la cura della Parrocchia nel periodo immediatamente precedente l’ingresso.
Si stava per scrivere una nuova pagina nella storia del nostro paese, una pagina densa di gioie, di lacrime, di fatiche e di serenità. Una pagina la cui ultima riga è, ad oggi, ancora molto distante dall’essere scritta.
Questa sera si cercherà di ripercorrere innanzitutto gli anni 1967-1988, cioè fino a quando Don Giovanni venne sostituito dall’amato Don Bernardo Merlo che ci lasciò improvvisamente una fredda sera di Dicembre del 1995. Per essere sostituito nel settembre dell’anno successivo da un giovanissimo Don Roberto Cavalli, a cui succedette nel settembre 2005, il nostro caro Don Mario Dalle Fratte.
ELENCO DI EVENTI NOTEVOLI:
- 2 giugno 1968, Pentecoste, comincia la messa vespertina al centro nelle vecchie scuole elementari.
- 26 aprile 1969 prima pietra della nuova canonica, benedetta dal Parroco e inizio dei lavori (aiuto gratuito della popolazione, lavori eseguiti dall’impresa di Faganello Aldo.)
- 13 dicembre 1969 autorizzazione dell’Ordinario Diocesano, di passare ad abitare nella nuova canonica di Villa d’Asolo.
- 15 dicembre 1969 trasloco e cambio di abitazione del parroco.
- 11 aprile 1971, Pasqua, viene dato l’annuncio in Chiesa della nuova Casa della Gioventù, intitolata a Maria, Madre della Chiesa. Sabato 17 aprile 1971 vengono cominciate le fondamenta. L’opera, eseguita dalla ditta Feltracco Gianni, dalle fondamenta alla copertura fu eseguita in 35 giorni e fu pronta al tetto il sabato prima di Pentecoste.
L’opera fu sostenuta dalla quasi totalità della popolazione con denaro o con lavoro.
I bimattoni furono offerti e pagati da un amico del Parroco di Salzano.
Le tegole furono tutte donate dalle varie fornaci di Possano. Fra lo stupore, passando di fornace in fornace, fu riempito un camion e un rimorchio di tegole, circa 15.000 ricompensate solo con un grazie. Arrivato all’ultima, le persone addette alla raccolta dissero: “Sono socialisti, non daranno niente”. Invece, arrivati, videro che le tegole erano già pronte per loro all’esterno della fornace.
- Il 29 giugno 1971 il Vescovo visita Pradazzi, invita il Parroco ad interessarsi della nuova chiesa
- 22 novembre 1971 pericoloso viaggio verso Sassuolo, per portare delle piastrelle di marmo, in cui si rischiò un incidente.
- 19 marzo 1972 Inaugurazione della Casa del Giovane, intitolata a Maria Madre della Chiesa
- 29 marzo 1972 tragica morte di Suor Rosalberta all’incrocio fra via Cavin dei Cavai e via Castellana, investita una volta scesa dalla corriera
- 01 luglio 1973 Ordinazione sacerdotale di P.Ildefonso Dal Bello (OSB)
- 12 agosto 1973 Prima messa solenne di P.Ildefonso Dal Bello
- 02 settembre 1973 Suor Guidala Bittante fa la sua Professione solenne, fra le suore Mestre di Santa Dorotea.
- 16 gennaio 1974 Il Comune di Asolo trasmette copia del decreto della “Variazione della denominazione della frazione di Pradazzi in Villa d’Asolo, firmata dal presidente della provincia, Dott. Carlo Bernini.
- 21 luglio 1974 in chiesa viene dato l’annuncio che in Asilo sarebbe stata eretta una grotta in onore della Madonna di Lourdes
- 28 luglio 1974 annuncio gara di appalto fatta dalla Curia di Treviso per la costruzione della nuova chiesa.
- 11 agosto 1974 iniziano i lavori per la costruzione della Grotta
- 14 ottobre 1974 Secondo appalto per la costruzione della Chiesa, vinto dall’Impresa Meneghetti Sebastiano
- 16 novembre 1974 primo sbancamento del terreno per la costruzione della nuova chiesa.
- 17 novembre 1974 benedizione e inaugurazione della grotta in Asilo
- 15 febbraio 1975 iniziano i lavori di costruzione della nuova chiesa e vengono scavate le fondamenta con la scavatrice. Il lavori vengono affidati a San Giuseppe con la benedizione dell’immagine il giorno dopo.
- 11 maggio 1975 il Vescovo Mons.Antonio Mistrorigo benedice la prima pietra della nuova chiesa Parrocchiale
- 25 maggio 1975 prima messa solenne di P. Lino Zamperoni
- 1 maggio 1976 Prima messa celebrata dentro la nuova chiesa, ancora scoperta
- 29 novembre 1976 Improvvisa morte di Don Giuseppe Stevanato
- 9 dicembre 1976 sono partite le gru per coprire il tetto della Chiesa
- 1 maggio 1977 Inaugurazione della nuova Chiesa di Villa d’Asolo.
- 25 settembre 1977 benedizione della nuova immagine della madonna e processione fino alla chiesa.
- 2 ottobre 1977 Consacrazione della nuova Chiesa di Villa d’Asolo
- Intanto però gli anni passano e le nefaste e velenose conseguenze del 68 si fanno sentire anche a Villa d’Asolo. E’ interessante vedere come in una riunione dei Capifamiglia, il 21-07-1978, pochi giorni prima della morte di Paolo VI, la situazione della gioventù preoccupasse i Cristiani. In essa infatti venne espressa preoccupazione per la vita spirituale della gioventù e quindi delle famiglie. Tanti giovani mancano alla S.Messa; alcuni non hanno fatto la Comunione nel periodo pasquale. Indifferenza religiosa: Dio non esiste dicono alcuni; si può fare anche senza Dio, ciascuno può pensarla come vuole. Sono perduti i veri valori della vita. La fede non è tanto viva nei giovani. Manca in loro il senso di sacrificio per il Signore. Non sanno dire dei “Sì” generosi, perché costano…”
- 16 luglio 1980 si riunisce per la prima volta di Consiglio Pastorale Parrocchiale
- 12 settembre 1981 viene inaugurato il nuovo organo. Con l’autorizzazione della Curia di Treviso viene venduto l’organo di Pradazzi alla Parrocchia di Stigliano. L’organo era a Pradazzi dal 1946 ed era l’organo della chiesa di S.Gottardo.
- 11 febbraio 1982 benedizione immagine della madonna pellegrina
- 21 marzo 1982 viene benedetto il monumento a San Giuseppe, come promesso nella riunione dei capi famiglia, la sera del 28-11-1967, riconoscenti per la protezione e l’aiuto dato nella costruzione della nuova chiesa.
- 11-26 settembre 1982 inizia la Sacra missione
- 2 ottobre 1982 il Vescovo cresima i ragazzi e consacra le cinque campane.
- 29 maggio 1983 Benedizione del Nuovo Capitello di Via Rosina in onore della Madonna Pellegrina
- 14 ottobre 1984 incoronazione della statua della Madonna, da parte di Mons. Antonio Mistrorigo.
- 30 novembre 1986 nuovo orario delle messe: viene tolta la S.Messa delle 6.30 di Pradazzi
- 7 dicembre 1986 finita la posa del marmo sul presbiterio
- 16 ottobre 1988 Santa messa di saluto di don Giovanni Tasinazzo e suo ingresso come Parroco a Crocetta del Montello
- 06 novembre 1988 Ingresso di Don Bernardo Merlo
- 5 gennaio 1989 Don Bernardo Merlo Canonico della Insigne Collegiata di Asolo
- 23 Settembre 1989 Ordinazione sacerdotale di Don Gabriele Bittante in chiesa a Villa d’Asolo, per le mani di Mons.Paolo Magnani, Vescovo di Treviso.
- 30 Dicembre 1995 morte di Don Bernardo Merlo all’Ospedale civile di Castelfranco Veneto
- 22 Settembre 1996 ingresso di Don Roberto Cavalli, come nuovo Parroco di Villa d’Asolo.
- 10 settembre 2005 Consacrazione di Elisabetta Boffo come Cooperatrice pastorale diocesana, a Scorzè, per le mani di Mons. Andrea Bruno Mazzocato, Vescovo di Treviso.
- 17 Settembre 2005 ingresso di Don Mario Dalle Fratte, come nuovo Parroco di Villa d’Asolo.
[1] Don Carlo Bernardi, Asolo e Asolano, Milano 1949,pp.223-224
[2] Arch. Prep. Asolo, 35-C-01.
26 giugno 2014
DON CARLO NOÈ, UN PADRE PER NOI
In questi giorni in Vicario Generale mons. Giuseppe Rizzo ha scritto alla parrocchia di Villa d’Asolo per tener viva la riconoscenza verso l’amato don Carlo Noè. Il Consiglio Pastorale accoglie volentieri le parole di incoraggiamento del Vicario, e cercherà modi concreti per valorizzare la figura di don Carlo. Di seguito c’è la lettera che il Vicario ha inviato alla Comunità:
Carissimo don Franco, abbiamo ricevuto a suo tempo dalla parrocchia di Villa d’Asolo, a cura di un gruppo di fedeli cui va il plauso e la riconoscenza, una ordinata raccolta di dati ed episodi riguardanti la vita di don Carlo Noè, con testimonianze preziose sulla sua attività nella quale egli mise in luce, in più occasioni, un carisma straordinario, donatogli da Dio, forse proprio in ragione dell’umiltà di questo sacerdote. Ritengo che questa storia appartenga alla storia spirituale della vostra comunità e vada custodita con fede e senso di responsabilità, in modo che i doni che don Noè ha lasciato in eredità al suo popolo continuino a dare frutti. La diocesi di Treviso lo considera degno di una memoria di benedizione e lo pone accanto ad altri sacerdoti trevigiani che con la loro vita hanno onorato il ministero presbiterale e le parrocchie loro affidate. Don Carlo è stato un padre per voi e un padre viene dato per sempre, in terra e in cielo. Tanto mi pareva doveroso comunicarti, perché tu ne renda partecipe la tua comunità e in tutti si rinnovi la riconoscenza per il dono ricevuto e l’attesa di grazie che possiamo chiedere e sperare da coloro che , fedeli al Signore in terra, ora partecipano della sua gloria in cielo.
Mons. Giuseppe Rizzo, Vicario Generale