V domenica del Tempo Ordinario
L’evangelista Luca oggi ci descrive minuziosamente la chiamata di Pietro: una chiamata fondamentale per la vita della Chiesa.
Pietro era un pescatore che veniva da una pesca fallimentare. Aveva faticato tutta la notte sul lago di Tiberiade, che conosceva palmo per palmo. Era stata una sua scelta di vita fare il pescatore. E un buon pescatore non esce mai in mare se non ha la quasi certezza di tornare con le reti piene. Tornare a mani vuote non voleva dire solo confessare un’incapacità ‘professionale’, ma anche e soprattutto non avere il sufficiente per vivere e fare vivere.
Ma quella notte, davanti al Maestro che aveva scelto di fare da spettatore, era stata la notte del fallimento, così ben espressa dalle amare parole di Pietro: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla’. Gesù sembra voler dare un segno a Pietro, proprio sul campo della sua competenza: ‘Prendi il largo, e calate le reti per la pesca’.
E’ stupendo l’atteggiamento di Pietro, questo uomo deluso e affaticato! Aveva mille ed una ragione per essere furibondo con se stesso, con il mare di Galilea, e quindi scettico verso qualsiasi speranza di soluzione, perché per lui, trovarsi a mani vuote dopo una notte di grande fatica, era come avere perso, non solo le forze fisiche, ma la fiducia in se stesso… è come sentirsi rotte le gambe.
Eppure non fa obiezioni: ‘Sulla tua parola getterò le reti’.
Supera se stesso e con la docilità di un bambino, fidandosi della parola di Uno che in fondo conosceva appena di vista o di fama, ma con il quale non aveva ancora alcuna familiarità, torna in mare, avventurandosi al largo, dove si misura resistenza, capacità e coraggio.
Dice il Vangelo che ‘avendolo fatto presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.”
Un fatto che intacca la dura crosta del pescatore che ‘al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: ‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore’
È pronta la risposta di Gesù che, a sua volta, getta le sue ineffabili reti verso Pietro, Giacomo e Giovanni: ‘Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini’.
Hanno gettato le reti, con un’obbedienza carica di fiducia, propria del vero discepolo. Si sono fidati e affidati alla Parola di Colui che l’ha pronunciata e giungono a gettare anche tutto quello che hanno per seguire Gesù: ‘Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. (Lc. 5, 1-11)
Quella di Pietro sul lago è la storia di ogni battezzato, chiamato da Gesù, nel Battesimo e nella Cresima, a seguirlo e quindi invitato a ‘gettare le reti al largo’.
Il risultato – e questa è la bellezza della nostra missione – non dipende dalle nostre capacità, ma dalla fede nella Sua Parola. A volte chiamati a stare vicini a Lui nella preghiera, sempre invitati a ‘prendere il largo’, con fiducia in Lui, conoscendo le nostre debolezze.
Siamo tentati a volte e come scoraggiati nel gettare le nostre reti in questo mondo, diventato un mare inquinato da mille veleni, dove sembra difficile sopravviva, almeno così ci pare, ogni forma di ‘vita vera’, di Presenza di Dio.
Eppure occorre la piena fiducia di Pietro e ‘gettare le reti’, come sanno fare tanti.
Pensiamo alla mamma di S. Agostino, che pregò una vita intera perché il figlio tornasse alla Chiesa di Cristo. E non solo ottenne quanto chiedeva, ma Dio le diede di più: un figlio Vescovo.
Quante volte mi si confidava: ‘Non so più che cosa fare per mio marito, per i miei figli, per riportarli a quella bontà e fede su cui da tempo era fondata la mia famiglia’; oppure ‘Con tutti gli sforzi, avrei voluto dare alla mia vita un indirizzo che mi portasse alla serenità interiore… ma… ‘.
Tutti, senza eccezioni, conosciamo momenti difficili, che possiamo attraversare nella quotidianità della vita, nella famiglia, nella fedeltà del matrimonio, nell’educazione dei figli, sul lavoro, nella società in cui sembra che nulla funzioni, nella stessa Chiesa, dove a volte i pastori vedono le loro fatiche annullate, i loro piani pastorali subire fallimenti, causando quel terribile pericolo che è lo scoraggiamento, da considerare una grave tentazione per un uomo di fede ‘chiamato e mandato’.
Quando Paolo VI mi pregò di accettare il mandato di vescovo, lo accettai per la grande fiducia che lui aveva in me. La Chiesa di Acerra, per non so quali motivi, era senza vescovo residenziale da ben 12 anni, affidata ad un Ausiliare della Diocesi di Napoli, che veniva quando poteva.
Davvero era ‘un gregge senza pastore’ e, per di più, un territorio tremendamente tenuto sotto pressione dalla camorra. Fui accolto molto bene. Cercai di affrontare le difficoltà, di mettere insieme un popolo che era senza guida, spargendo a larghe mani la fiducia.
E divenne, in breve, ritrovando sacerdoti e fedeli la fiducia, davvero una bella Diocesi, che alla fine del mio mandato donò alla Chiesa due Vescovi.
Direi davvero che la nostra fede o, se volete, il nostro coraggio nella prova, nel superare insieme i momenti difficili, che sono per tutti, sostenuti dalla Grazia di Dio, ha dato i suoi frutti.
La misura del coraggio non è nel considerare la vita una bella ‘discesa’, ma una ‘ripida salita’ che porta alla ‘porta stretta’, ma molto in alto, all’incontro vero con Gesù!
Papa Francesco concluse un’omelia a S. Marta, dopo aver meditato questo brano, con queste parole:
“Il Signore ci dia la grazia di lasciarci incontrare da Lui. Ci dia la grazia, tanto bella, dello stupore dell’incontro. E ci dia la grazia di avere la doppia confessione nella nostra vita: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, credo. E io sono un peccatore.'”.
È ciò che prego per tutti oggi: tempo di coraggio, sentendoci sempre come Pietro ‘peccatori’, gente che senza la Grazia davvero è incapace anche solo di camminare, ma con la fiducia in Dio sa ‘prendere il largo e gettare le reti’.
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