V domenica del tempo ordinario
Abbiamo ascoltato che Gesù dice ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra […], voi siete la luce del mondo». Il sale e la luce sono due elementi che in ogni civiltà sono considerati tra i più utili alla vita. Gesù si serve di questi due elementi attinti dall’ambiente quotidiano palestinese per dire che i discepoli devono essere nella loro vita sale e luce. Questi titoli – «sale» e «luce» – non sono attributi e qualità di onore, quasi da farci sentire in uno stato di superiorità di fronte agli altri; sono parole che ci devono responsabilizzare e farci sentire sempre più impegnati a vivere in quello stile diverso che Gesù ci indica, ad essere testimoni credibili.
Le parole dette da Gesù, dunque, devono dare un senso, un orientamento a tutti gli uomini, altrimenti vengono meno allo scopo che hanno, non servono a nulla, anzi sono calpestati e gettati via. Una prima considerazione è proprio questa: noi cristiani dobbiamo essere sale sparso tra gli uomini e luce che illumina e rallegra quanti avviciniamo. È grande la nostra responsabilità! Non possiamo rimanere grumi di sale, né luce nascosta. C’è un invito preciso di Gesù: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Non siamo noi la luce: è Gesù la «luce delle nazioni» (cf Is 49, 6), noi dobbiamo con umiltà e gratitudine ricevere questa luce e rifletterla, espanderla intorno a noi perché, come ha affermato Gesù: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre» (cf Gv 8, 12). Ebbene sì: è Gesù Cristo il sale della sapienza, il sale che dà senso alla vita umana sulla terra; è lui «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (cf Gv 1, 9).
Nella prima lettura abbiamo ascoltato che il profeta Isaia, al popolo ebraico preoccupato della pratica esteriore e irreprensibile del culto, indaffarato a ricostruire il tempio distrutto, ricorda, a nome di Dio, ciò che veramente è essenziale perché la sua luce brilli fra le tenebre e la sua luce sorga come l’aurora. Egli deve spezzare il pane condividendolo con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire chi è nudo, togliere via l’oppressione, cessare di puntare il dito e di parlare in modo empio. Le opere buone che dobbiamo compiere, perché la luce che viene da Cristo risplenda davanti agli uomini e il Padre sia glorificato, sono quelle indicate dal profeta. Non basta una religiosità puramente esteriore, dove non c’è un amore vero, autentico, operativo a guidare la nostra vita. I cristiani sono chiamati ad essere un segno di Cristo, vero sale e vera luce, e a non nascondere sotto pesanti schemi questa luce. Anche le strutture alle quali diamo l’etichetta di «cristiane», se non stiamo attenti e vigili, possono diventare scherno o controtestimonianza del messaggio evangelico.
Essere oggi sale e luce significa, quindi, vivere nella trasparenza, nella limpidezza. Per questo più volte pregando con il salmo abbiamo ripetuto: «Il giusto risplende come luce». Di conseguenza, o noi siamo capaci di distinguerci cristianamente nella società e siamo sale, nel senso che sappiamo darle sapore, e siamo luce perché accogliamo e riflettiamo tra gli uomini la luce di Cristo; oppure siamo quel sale di cui Gesù ha detto che, avendo perso il sapore, «a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente».
Che Dio onnipotente, per intercessione della Vergine Maria, ci aiuti, durante il nostro pellegrinaggio terreno, ad essere luce e sale della terra affinché con le nostre opere buone possiamo rendere gloria al Padre nostro che è nei cieli.
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