V domenica di Pasqua
Continuiamo a meditare le parole che Gesù ha pronunciato prima della sua passione e morte, e che i discepoli hanno ricordato e compreso dopo averlo incontrato vivo e vincitore della morte. Come domenica scorsa, anche oggi Gesù parla del rapporto tra Lui e noi con l’aiuto di una immagine della natura: quella della vite e i tralci. Come quella del pastore, che abbiamo meditato domenica scorsa, anche questa immagine dice una relazione che è fonte di vita. Per Gesù è importante rivelare che è venuto per vivere con i discepoli una rapporto che produce vita; ci dice che il valore della nostra vita sta nel corrispondere alla relazione con lui.
Ciò che succede nella natura con la vite e i tralci, succede nel rapporto tra Gesù risorto e i suoi discepoli, che siamo noi. La vite esiste per dar vita ai rami; i rami esistono per produrre il frutto, che è l’uva (si tratta di una pianta molto comune nella regione mediterranea, e usata spesso come immagine nella Bibbia, per indicare il rapporto tra Dio e il suo popolo; diverse parabole do Gesù hanno al centro la vite). Con questa immagine Gesù ci dice che la bellezza della nostra vita consiste nel dare frutto, cioè vivere facendo crescere vita e gioia (dall’uva viene il vino, causa e simbolo di gioia). Fuori di metafora, quali frutti Gesù e il Padre attendono da noi? Ci risponde l’apostolo Giovanni (nella seconda lettura): amarci gli uni gli altri, secondo il comandamento dato da Gesù nell’ultima cena.
Voglio dare frutto con la mia vita? Quali frutti produco giorno per giorno? Voglio dare i frutti che Gesù ci ha insegnato?
Guardando alla vite è facile capire cosa è necessario perché i rami diano frutto: rimanere uniti alla vite. Se in natura è impossibile che un ramo decida da solo di staccarsi dalla vite, Gesù lascia intendere che questo può invece succedere nel rapporto tra noi e Lui: il ramo può decidere di non stare unito alla vite. L’uomo e la donna possono liberamente decidere di vivere in modo diverso da ciò per cui esistono (cioè, dare vita): possono decidere di non dare frutti, o frutti che producono morte. La condizione che Gesù chiede è di rimanere in Lui e permettere che Egli rimanga in noi. Come si fa a rimanere in questa unione con Lui? Conservare in noi le sue parole, perché con il tempo ci cambino e noi diamo frutti simili ai suoi.
Quale spazio riservo nella mia vita per ascoltare e interiorizzare le Parole di Gesù? Mi lascio illuminare dalle sue parole nelle mie decisioni e azioni di ogni giorno?
Un’altra condizione che Gesù indica è “essere suoi discepoli”, cioè desiderare imparare da Lui, sceglierlo come maestro; cercare qual è la nostra vocazione, e viverla con tutte le nostre energie. La prima lettura ci offre l’esempio di Paolo, che dopo essere stato illuminato da Gesù diventa un suo annunciatore. Come Paolo, abbiamo molti altri esempi nei santi, fino a chi vive vicino a noi e ci mostra nel suo modo di agire profondamente umano che vale la pena vivere dando frutto, e frutto di vita: frutto di resurrezione.
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