V domenica di Quaresima
“Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”: scrive sant’Agostino commentando questa stupenda pagina di Vangelo che abbiamo la possibilità di meditare oggi.
Ma prima diamo uno sguardo alle altre letture che ci preparano all’ascolto del brano evangelico.
Ecco, io faccio una cosa nuova (…).Aprirò anche nel deserto una strada…, dice il Signore.
Due anni di pandemia, le guerre, la povertà che aumenta, popoli in fuga dalla propria terra: “Dov’è, Signore, la cosa nuova che annunci, la strada aperta in questo tempo desolato? I nostri occhi sono stanchi, il cuore è appesantito: troppo dolore, troppo “non senso” in tutto ciò che ci sta accadendo!”. Carissimi, nessuno si stupisca se in questo tempo si è trovato a gridare a Dio parole simili a queste. Egli è nostro Padre, ascolta il nostro grido e risponde: «Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».
La cosa nuova, la strada aperta, i fiumi nella steppa: gli occhi della fede ci aiutino a riconoscere tutto questo affinché, testimoni di speranza, portiamo la consolazione di Dio ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che sono nel pianto. Siamo cristiani, siamo chiamati a guardare tutto ciò che accade alla luce della Pasqua, e a comunicare questo sguardo a tutti gli uomini, proprio come ha fatto san Paolo.
Dimenticando ciò che mi sta alle spalle: di cosa sta parlando l’Apostolo delle genti? Del suo peccato, della sua vita “prima di Cristo”: fariseo, persecutore dei primi cristiani… Quante ne ha combinate!
Eppure Dio ha avuto misericordia di lui e da persecutore lo ha trasformato in apostolo del Vangelo. Il perdono del Padre gli ha “messo le ali” e lui ha viaggiato di terra in terra per annunciare Gesù Cristo.
Sì, Paolo ha obbedito con piena fiducia al «Va’ e d’ora in poi non peccare più» rivolto anche a lui come all’adultera del Vangelo. Ma questa parola è rivolta anche a ciascuno di noi ogni volta che, pentiti, ci accostiamo al sacramento della Riconciliazione.
Col perdono, Dio “mette una pietra” sopra al nostro peccato e fa di noi e con noi una cosa nuova: ci rende testimoni di resurrezione con la nostra stessa vita risorta dal peccato alla grazia. Questo è il frutto della Confessione: una strada aperta, un fiume di grazia nel deserto delle nostre miserie.
Il Vangelo: Gesù nel tempio è raggiunto da scribi e farisei, venuti insieme per “incastrarlo”. Essi gli conducono una donna sorpresa in adulterio. Viene chiamata in causa la Legge, e poi: «Maestro, tu che ne dici?». Ecco la trappola! E Gesù si china due volte e scrive col dito per terra…
I Padri della Chiesa e gli esegeti di ogni tempo hanno detto e scritto molto a riguardo: “Cosa avrà scritto Gesù per terra?”. Lasciamo a ciascuno la libertà nello Spirito Santo di un approfondimento.
Noi fermiamo l’attenzione su Gesù che si china: chinarsi sull’uomo è proprio di Dio.
Tra pochi giorni vedremo lo stesso Gesù chinarsi per lavare i piedi ai suoi discepoli, poco prima di dare il Comandamento nuovo. Ecco la strada aperta, il fiume nella steppa: l’Amore.
Dio non giudica dall’alto, ma si china sulla nostra miseria: e il suo giudizio è la misericordia. Cosa c’è infatti di più sporco della terra, dei nostri piedi?
Gesù è chinato, mentre scribi, farisei e la donna sono in piedi: Gesù sta amando tutti loro; e, in loro, sta amando tutti noi.
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei»: parola che, dopo i suoi gesti, rivela tutta la sua compassione per i presenti. Gesù sta invitando tutti a guardarsi dentro, a riconoscersi peccatori e ad incominciare dietro di Lui una vita nuova, dove protagonisti insieme a Dio siamo io e te (noi!): fondamento è l’amore, regola d’oro il perdono.
Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo: “L’orgoglio non permette all’anima di intraprendere un cammino di fede” (Silvano del Monte Athos).
Cammino che pensiamo la donna adultera perdonata abbia intrapreso.
Una parola conclusiva su di lei: questa donna si è macchiata di un gravissimo peccato. L’adulterio secondo la Legge era punito con la morte (cfLv 20,10): è un peccato che uccide la relazione con l’altro, con colui (o colei) che il Creatore in principio ha fatto un’unica carne con me e ha benedetto (cfGen 1,27-28; 2,22-24).
Gesù non sta giustificando il peccato dell’adultera, non sta andando contro la Legge, che è dono del Padre suo. Ma questa donna non è il peccato che ha commesso! L’uomo e la donna non sono il loro peccato! (Pensiamo alle belle etichette che invece noi ci incolliamo addosso gli uni gli altri…).
“Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”. È questo il paradosso della nostra fede: siamo peccatori, adulteri nei confronti di Dio e del prossimo, e al contempo siamo figli amati nel Figlio.
Traduciamo l’espressione di sant’Agostino con la Parola di Gesù Cristo: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Misera e misericordia.
Non disperiamo, fratelli e sorelle: tra pochi giorni sarà di nuovo Pasqua!
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