XIV domenica del tempo ordinario
“Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. (…)Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore… Il mio giogo è dolce e il mi peso leggero.”. Ecco il Vangelo di questa domenica.
Con un velo di sarcasmo, qualcuno potrebbe dire: “Fortuna che il suo giogo è leggero! Pensa se era pesante!!”; perdonate l’italiano un po’ disinvolto.
La profezia di Zaccaria annuncia un tempo di pace: ma è una profezia escatologica, che riguarda la fine dei tempi, mica l’oggi! Ebbene, un fatto è certo: la pace, sia pure escatologica, si rivelerà un’illusione, se non sarà stata “preparata” da un lavoro, da un progetto, almeno, che sia orientato alla pace e che ci riguarda in prima persona. L’escatologia non è una realtà che ci cade addosso come un fulmine a ciel sereno; l’escatologia non è totalmente altro, rispetto alla realtà che si va costruendo giorno dopo giorno. Significa che non ci sarà pace né ora, né alla fine dei tempi, fino a quando una guerra bagnerà di sangue (innocente) anche un solo paese della Terra. Per la cronaca, a tutt’oggi, sono più di 100 i conflitti bellici in giro per il mondo, che alimentano il mercato più remunerativo che l’uomo abbia mai concepito – sempre in attivo, grazie anche alla nostra amata Italia – il mercato delle armi… Maledetti Assiri, che inventarono il carro da guerra, 1000 anni prima di Cristo! Zaccaria annuncia la futura sparizione da Gerusalemme dei carri da guerra; e in realtà sono spariti, sì,…soppiantati dai carri armati. Zaccaria, questo non lo aveva previsto.
Oggi il Signore ci chiama nuovamente a sé, per ricostituire una comunità, la nostra, spaventata e disgregata da quest’ultima tremenda sciagura. Ho già riflettuto insieme con voi, subito dopo Pasqua, sul bene della comunione che l’appartenenza alla comunità cristiana può favorire, e con essa il legame sostanziale con Cristo e con i fratelli.
E veniamo alla II Lettura: San Paolo scrive ai cristiani di Roma sul tema delicato della carne e dello Spirito. Il peso specifico della carne – uso volutamente un eufemismo, per non alimentare il sospetto che la carne, il corpo in genere, sia la prigione dello spirito, un male intrinseco dal quale difendersi, rifugiandosi in uno spiritualismo disincarnato e utopico! – il peso della carne, dicevo, si manifesta in forma, possiamo dire, soggettiva, ma anche oggettiva: la prima attiene alle scelte operate dall’uomo, le sue opere, più globalmente gli atti umani; tra questi atti, ci sono anche quelli che la fede riconosce come peccati: opere e omissioni; quanto ai pensieri e alle parole, ci sarebbe da discutere se rientrino oppure no tra gli atti… Sappiamo che si può mancare il bersaglio, cioè commettere peccato anche pensando male di qualcuno, o di qualcosa – mentalità che non sono secondo il Vangelo, preconcetti, pregiudizi,… -, pronunciando parole offensive – “ne uccide più la lingua che la spada” -. Decidete voi se annoverare pensieri e parole tra gli atti umani.
L’essenziale è capire che, come dichiara lo stesso Signore (cfr. Mc 7,14-23), è ciò che esce dal cuore, dalla mente e dalla bocca dell’uomo, che può contaminare l’uomo e i suoi simili.
Ci sono tuttavia aspetti della carne che non dipendono, o non dipendono immediatamente dall’uomo, e sono quelli che poco sopra ho definito oggettivi, i quali, al pari di quelli soggettivi costituiscono senza ombra di dubbio un pondus, un peso talora insopportabile: uno di questi, credo, si chiami coronavirus.
L’apostolo dei pagani rilancia il primato dello spirito sulla carne: mi chiedo se la riflessione sullo spirito rientri in un contesto esclusivamente religioso, oppure possa essere apprezzato e condiviso anche da chi non possieda il dono della fede. Personalmente sono convinto di sì: non è necessario aderire a un credo religioso, per cogliere la dimensione spirituale come cifra dell’uomo.
Se è così, e sono certo che lo sia, è necessario riconoscere e adottare le strategie più efficaci a penetrare lo spessore della carne e raggiungere la dimensione lo spirito; diventare sensibili ai richiami dello spirito, per nutrirlo, per irrobustirlo; nella convinzione – più che una speranza! – che lo spirito è in grado di sostenere la carne in ogni circostanza, a fortiori, nei momenti in cui la carne sopporta uno stress maggiore, come ai nostri giorni.
Per noi discepoli di Cristo, la fame dello spirito può essere saziata con gli alimenti a disposizione di tutti, credenti e non credenti, ma anche e soprattutto con quelli che fede ci offre: il Vangelo di Cristo, la preghiera, e i sacramenti.
E a proposito di sacramenti e di celebrazioni pubbliche, la pandemia che stiamo vivendo ha ripresentato la questione della religione come fenomeno di massa: in momenti storici come questo il criterio quantitativo, viene messo in discussione, anzi, potremmo dire, si mette in discussione da sé… in favore del criterio qualitativo. Detto in altre parole: non c’è dubbio che oggi, manifestare pubblicamente la fede ha un prezzo più alto del solito; aumentano i rischi, e automaticamente assumono maggiore attrattiva le alternative all’impegno di fede, alla condotta religiosa, (alternative) di ordine culturale, anche spirituale, che non espongono agli stessi rischi… Che so, leggere un buon libro, visitare una mostra secondo i canali virtuali, o anche solo parlare insieme…
Qualcuno potrebbe obbiettare che anche la religione, ai tempi del colera, pardon, del coronavirus, deve accontentarsi di sopravvivere in contesti protetti e più sicuri come la famiglia; resta il timore mio personale, ma non solo, che all’indomani di questa ennesima prova per la fede, il ritorno alla professione pubblica della stessa, diminuirà. Chissà, forse è un bene… la condotta religiosa sarà ancor più oggetto di scelta, e non un’osservanza poco convinta, un’ossequio stanco e logoro alla tradizione, all’abitudine, al conformismo,…
“Venite a me voi tutti che siete oppressi e stanchi, e io vi darò ristoro”.
Proviamo ad accettare l’invito del Signore… non ce ne pentiremo.
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