XV dom del Tempo Ordinario
Questa domenica leggiamo il brano successivo al “rifiuto” di Nazareth, lì Gesù non aveva fatto miracoli perché, semplicemente, non glieli avevano chiesti; non gli avevano creduto perché troppo “familiare”, uno scandalo che il Messia fosse un compaesano, forse sarebbe stato meglio se fosse sceso dal cielo su di un carro di fuoco, sullo stile del profeta Elia. Ma l’Incarnazione è proprio questo: il Signore decide di abitare il nostro quotidiano, che ha scelto per condividerlo con noi e, per poterlo fare, è necessario stare vicini, farsi piccoli ed entrare in punta di piedi. Soprattutto, direi, che è condizione necessaria il non rifiutare la provvisorietà, la debolezza e la fragilità che l’accompagnano.
Gesù decide di rilanciare: rifiutato dai suoi, si affida ai suoi quelli veri (quelli cioè che hanno scelto di credergli) e gli dona di fare l’esperienza di mettersi nei suoi panni. Gli apostoli facevano poco: ascoltare e fare il servizio d’ordine; oggi proprio a loro rivolge la chiamata. Li chiama vicino a sé, li manda due a due perché la testimonianza per essere vera, e quindi creduta, deve avere due testimoni; il potere è quello di combattere il male in ogni sua forma, quindi si inizia cacciando gli spiriti impuri e questo è un tema tanto caro al vangelo di Marco. L’opera di Gesù è liberare l’uomo e condurlo fino al Padre: quest’opera deve fare i conti con un avversario che fa di tutto per allontanarci da noi stessi e, soprattutto, dal Padre. A chi crede – e quindi è già entrato nella strada nuova di Gesù – il Signore chiede di chiamare i suoi fratelli a seguirlo, per questo motivo non devono prendere quello che servirebbe normalmente per un viaggio, ad esempio i soldi…, ma a credere totalmente nella Sua parola, in quella redenzione che hanno cominciato a sperimentare, fino al punto di lasciare ogni sicurezza: con 2 tuniche potevi anche dormire fuori (così se anche nessuno mi accogliesse mi sono organizzato), il pane è per quando la fame si fa sentire, senza pane significa non avere alcun paracadute.
Il credente non racconta semplicemente, ma è quello che crede fino al punto di affidarsi totalmente, mettendosi nella condizione di poter contemplare come quella parola si fa carne proprio mentre l’annuncia, al punto di diventare cibo, rifugio e ogni altro bisogno (mio cibo è fare la volontà del Padre). Oggi si direbbe che è un’esperienza circolare: cioè la fede di chi annuncia cresce proprio con l’annuncio che vede compiersi, quindi più crede e più annuncia e via così, un circolo virtuoso.
Ciò è vero fino al punto che cacciano realmente i demoni, guariscono i malati semplicemente ungendoli con olio (questa è la base del sacramento dell’unzione degli infermi: annunciare e realizzare la salvezza di Cristo e non il sacramento “dell’ultimo istante”).
Ma c’è anche un altro elemento: perché devono rimanere a casa di altri? Semplicemente perché servono relazioni vere e profonde per annunciare la salvezza. Da una parte la relazione dice a chi riceve l’annuncio che chi parla veramente gli vuole bene, non è solo il destinatario di turno: chi parla lo fa perché vuole fare un dono che pensa gli sarà indispensabile. Per chi annuncia invece significa mettersi in gioco, accettare di portare un tesoro in vasi di creta, non volersi ergere a modello ma essere semplicemente servo fedele di chi lo ha mandato. Aggiungerei anche che la relazione deve essere anche annuncio di qualcosa di più grande: la chiesa è il popolo di coloro che hanno accettato di entrare in questa dinamica relazionale di salvezza, chiamati cioè a condividere la salvezza e relazionarsi da redenti. Per questo la relazione è chiamata anche sacramento di salvezza, cioè segno efficace di salvezza (da come vi amerete sapranno che siete miei discepoli Gv 13,35).
Il vangelo dice che l’effetto della predicazione e azione produce: persone che si convertono, cacciata dei demoni e guarigione di malati, questo significa che la parola di Gesù funziona. Per gli apostoli è toccare con mano che Gesù porta una salvezza vera, non solo “belle chiacchiere”, magari consolatorie, ed è un toccasana per fidarsi senza se e senza ma di Lui. Per gli altri è l’inizio di un cammino di salvezza, per tutti gli altri un segno grande.
Quindi, tutto a posto?
Ovviamente no: molti non credenti si sono messi paura, con conseguente decisione di uccidere Gesù, molti guariti, risolto il problema, non sono andati oltre, sappiamo dal prosieguo del vangelo che anche gli apostoli hanno continuato a fare resistenza a fare quel salto vero nella fede.
Le difficoltà ce le racconta già la prima lettura: Amos viene minacciato e cacciato dal “profeta ufficiale”, uno che era convinto di parlare in nome di Dio; a questo Amos risponde semplicemente mettendolo davanti all’opera di Dio, lo mette davanti alla verità.
Sì, ma tutto questo a me cosa dice? Facile: tu sei un discepolo!
Se quando ascoltiamo la Parola di Dio facciamo archeologia o storia, beh allora è meglio cambiare sport… questa parola dice a tutti noi che oggi Gesù ci manda ad annunciare la Sua parola di salvezza, ci svela che la Sua parola chiama a conversione (non è una amichevole pacca sulla spalla), ci fa vedere quale è la via della vita.
Il vangelo di Marco è forte nel sottolineare che solo Gesù ti libera dal peccato e dagli inganni del maligno: ma se chi deve parlare pensa che tocchi a qualcun altro, chi salva quelli che stanno imbambolati?
Le malattie possono essere guarite, per quelle del corpo basta il medico, ma per quelle dell’anima solo Gesù può liberare e se tu non lo annunci, gli altri dove cercheranno soluzioni?
Se ci chiediamo perché tante persone (e tante davvero) fanno uso di droghe, ufficialmente per rilassarsi, se vediamo tanti adolescenti e giovani completamente persi in vicoli ciechi di banalità e superficialità, possiamo chiederci: qualcuno gli avrà mai svelato la via del cielo? Chi gli ha mostrato la grandezza della vita e della vocazione che portano in se? In un mondo sempre più politicamente corretto e disumanizzato, sempre a rincorrere le mode più strampalate, chi dovrebbe fare qualcosa?
Ma anche semplicemente guardando le nostre famiglie, molti hanno familiari che non credono, chi sarà mai quello chiamato a fare qualcosa?
La risposta è semplice: oggi Gesù manda te, e guarda che lo schernirsi dicendo di non essere all’altezza non vale: è proprio l’annunciare che fa scoprire a te e a chi ascolta come agisce il Regno di Dio.
Gli apostoli l’hanno fatto e pare proprio che sia andata bene.
Buona missione.
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