XVI domenica del tempo ordinario
Perdonami Signore se oggi, terminata la lettura del vangelo, mi schiero subito dalla parte di Marta. Quale donna infatti, non vorrebbe essere al suo posto? Tenere la casa pronta per te e sapere che tu entrerai; sentire con il cuore in gola che tu, Gesù, sarai ospite nella sua casa. Aspettarti sulla soglia, con una gioia mai sperimentata.
Tu sei l’ospite sempre atteso e sempre accolto: quando entri, questa casa diventa un luogo infinito e ogni parete, ogni angolo, ogni cosa è consacrata per sempre.
Sacro diventa per sempre e per tutti il diritto d’avere una casa, sacra la dolcezza di un rifugio, sacri l’amicizia e gli affetti.
Vedi, Signore, sapere che Marta si dà da fare premurosa, mi rassicura della tua umanità: sei proprio un uomo come noi, stanco per un lungo cammino, e hai fame e sete, e hai voglia di stare un po’ con le persone care.
Ci succede in particolare l’estate, forse anche in questa domenica: attendere gli amici, andarli a trovare nella casa al mare o in campagna, passeggiare con loro sui sentieri dei monti. O, al contrario, sperimentare ancor più in questo periodo, la solitudine e l’abbandono.
È questo che rende più facile capire che ogni uomo che bussi alla porta di casa di un altro uomo dovrebbe essere riconosciuto subito come l’ospite sempre atteso e sempre accolto, come fossi tu.
Oggi tu sei, per Marta, il prossimo da amare come se stessa, con i gesti concreti che soddisfano i bisogni e alleviano i disagi, che offrono conforto: porgere il piatto, il bicchiere, un cambio d’abito, un fuoco se fa freddo, un po’ di fresco se fa caldo, il farti sentire a casa.
Credo anzi che il tuo rimprovero sia, in realtà, il ringraziamento più grande e più bello che tu le offra per la sua affettuosa accoglienza, ricordandole però che la prima accoglienza è quella dell’ascolto. L’ascolto di Dio è l’essenza, il cuore e l’anima stessa del suo agire, perché tutto il suo operare conservi e manifesti il senso vero.
Un “preoccuparsi e agitarsi per molte cose” è tale perché è vuoto di anima e si esaurisce presto nella stanchezza. Il “fare tante cose” senza premettere l’ascolto è destinato ad essere un agire ricolmo di tristezza.
Ma chi scopre “la cosa necessaria” entra in relazione d’amore con l’Assoluto e, “sedersi ai tuoi piedi”, allora, non significa inerzia o disimpegno, ma caricarsi delle ragioni dell’amore perché queste possano fiorire nei gesti dell’amore.
La vita, e non importa dove la si vive, in quale stato o condizione o luogo o tempo, si accende tutta dal di dentro, se dentro ci sei Tu.
Si può scoppiare d’amore per te anche fra pentole e fornelli… Scommetto che anche Marta lo sa. Per questo vorrebbe che la sorella la aiutasse nelle faccende domestiche: in due si fa prima e anche a lei urge nel cuore l’ansia di ascoltare la tua parola, di contemplarti nella pace.
Sto dalla parte di Marta, Signore. Richiama allora anche me per nome, due volte, con la stessa forte tenerezza… Allora capirò che mi inviti a passare dall’affanno di ciò che devo fare per Te, allo stupore di ciò che Tu fai per me.
Anche Abramo, amico di Dio, sperimenta l’accoglienza di Dio e, offrendo il pasto, fa’ in modo che il grembo sterile e incredulo di Sara possa aprirsi alla fecondità ricca di sorriso.
Maria, che ben conosce Gesù, sa ancora ascoltarlo con stupore; sa incantarsi ancora, come fosse la prima volta, senza abituarsi mai. È il miracolo di Betania: riconoscere che Gesù, cultore dell’amicizia, non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci plasmare dalla Sua Parola. Al cuore del cristianesimo non è posto il mio comportamento o la mia etica, ma il comportamento di Dio.
Maria, dunque, ha scelto “la parte migliore”, ha iniziato cioè, dalla parte giusta, il cammino che ha origine dal cuore a cuore con Dio, dal tu per tu e dal faccia a faccia con lui. Il primo servizio da rendere all’amico è ascoltarlo, stando vicino. La prima preghiera è contemplazione, più che guardare lui, essere guardati da lui. Una sorta di contagio ti prende quando sei vicino ad un uomo come Gesù; qualcosa ancora più importante del “fare”, è il “perché fare”, e le ragioni ultime della vita e il cuore acceso.
“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose”.
Gesù non contraddice il servizio, ma l’affanno; non il desiderio, ma la dispersione dei desideri: “una sola è la cosa di cui c’è bisogno”.
Sedersi ai piedi di Cristo ci fa pellegrini dell’essenziale, sentinelle che vigilano tra superfluo e necessario, tra effimero ed eterno.
Marta e Maria non si oppongono, i loro atteggiamenti sono complementari. Marta non può fare a meno di Maria, perché il nostro servizio ha una sorgente, l’unica che fa grande il cuore. Maria non può fare a meno di Marta, perché non c’è amore di Dio che non debba tradursi in gesti concreti.
L’amicizia e il servizio sono due modi d’amare, entrambi necessari, i due poli di un unico comandamento: “amerai il Signore tuo Dio e amerai il tuo prossimo”; di un’unica beatitudine: “beati quelli che ascoltano la parola, beati quelli che la mettono in pratica”.
Io sono Marta, io sono Maria; dentro di me le due sorelle si tengono per mano, e quando nulla separerà l’uomo da Dio, allora nulla separerà l’uomo dal servizio all’uomo.
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