XXI domenica del tempo ordinario
«Tu sei il Cristo…», «Tu sei Pietro…»: il vangelo di questa domenica ci fa entrare in un momento importante di reciproco riconoscimento tra Gesù e Pietro, il primo discepolo chiamato a condividere il cammino di annuncio del Regno. Altri compagni, nel frattempo, sono stati chiamati a far parte del gruppo di coloro che seguono da vicino Gesù. Nei capitoli che precedono il nostro brano – tratto dal vangelo secondo Matteo – li abbiamo visti ascoltare l’insegnamento nuovo del Maestro, partecipare con stupore al suo ministero di misericordia verso malati, peccatori e indemoniati; li abbiamo visti anche nella fatica di affidarsi, di lasciare la logica della mera osservanza religiosa per imparare quel «…ma io vi dico…» (cfr. Mt 5,22ss) con cui Gesù chiede di scegliere sempre un di più di amore, che non si fermi nemmeno di fronte al nemico.
I discepoli stanno dunque compiendo, sui passi di Gesù, un viaggio interiore, lungo il quale vengono formati a vivere in quella dimensione di apertura a Dio e all’uomo che viene chiamata il Regno dei cieli e che Gesù stesso rende presente.
In questo percorso, il nostro brano segna una svolta. Il riferimento a Cesarea di Filippo supera il semplice dato geografico per assumere un valore simbolico: dall’estremo Nord di Israele, al vertice di una manifestazione che ha attirato entusiasmo, ma ha anche suscitato ostilità, il cammino di Gesù si orienta d’ora in poi, verso Gerusalemme, la città santa, a Sud, dove la missione si compie con una morte condivisa accanto all’umanità lontana da Dio, tra due malfattori crocifissi (il versetto immediatamente seguente al passo che leggiamo in questa domenica dice: «Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto…e venire ucciso…» Mt 16,21). Inizia dunque una discesa che è abbassamento di sé per raggiungere e risollevare un’umanità afflitta, umiliata, smarrita. Nel viaggio da un’estremità all’altra del paese, sembra delinearsi il cammino di radicale cambiamento di prospettiva e di mentalità del credente, di colui che, con Gesù, realizza la propria umanità nella gioia di servire, di donarsi, di guadagnare la vita perdendola per amore.
In questa svolta decisiva, Gesù pone l’interrogativo sulla propria identità: il viaggio della fede è fondato sul riconoscimento dell’identità di Gesù, che non avviene attraverso una dichiarazione di Gesù stesso, ma attraverso una domanda che egli pone ai discepoli. Se il riconoscimento non si è depositato nel cuore, se non è impresso in uno sguardo d’amore e non trova parole personali, a nulla servono formule e affermazioni che vengono dall’esterno.
La domanda di Gesù è a due livelli: «La gente, chi dice che sia…?» e poi: «Ma voi, chi dite che io sia?». Gesù è di tutti, è per tutti; chiunque può farsene un’opinione, cercando tra i propri registri culturali e religiosi la risposta all’interrogativo sulla sua identità. La gente, che fin qui lo ha incontrato, non sbaglia cercando tra le grandi figure del passato, remoto o recente, di Israele un punto di paragone: le parole e i gesti di Gesù non possono che rimandare a quelle figure tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo, che sono i profeti, da sempre destinati a dire parole scomode, a subire il rifiuto dei contemporanei, eppure indomiti nella perseveranza, certi di una missione dall’Alto, sedotti dall’Amore di Dio che li coinvolge nella sua volontà di salvezza per il popolo. L’opinione della gente è capace di collocare Gesù nel solco della storia della salvezza, tra i grandi uomini di Dio. È già molto, ma non è sufficiente.
Per i discepoli c’è un «ma» che fa la differenza e che permette di andare ben oltre la definizione di Gesù come profeta: «ma voi chi dite che io sia?». La differenza è data dalla condivisione della vita di Gesù, dall’essere in cammino con lui, in un’esperienza che non si ferma all’incontro sporadico, alla frequentazione temporanea, al sentito dire. Per i discepoli la risposta alla domanda chi è Gesù comporta allo stesso tempo cogliere il senso di quello che stanno facendo, dirsi il perché e il valore del cammino dietro a lui, di una intera vita affidata al Nazareno.
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»: Pietro, nella luce di una relazione affettuosa, riconosce Gesù con una solenne confessione di fede. È un dono di Dio, come lo è stata la chiamata in riva al lago («né carne né sangue te lo hanno rivelato» v.17). Allora Pietro non aveva detto una parola e aveva risposto all’invito lasciando il suo mondo di pescatore per seguire Gesù con fiducia. Ora, lungo quel cammino che continua, Pietro può dire che nel volto familiare di Gesù ha conosciuto l’invisibile volto di Dio. Gesù è riconosciuto nella sua relazione filiale con il Padre: stare con Gesù, camminare con lui, credere alla sua parola, vuol dire stare con Dio, camminare con Dio, credere alla Parola che crea la Vita.
Il «Tu sei» di Pietro riceve a sua volta un «tu sei» da parte di Gesù, una luce sulla propria identità. Tre parole aprono orizzonti nuovi per Pietro e per ogni futuro discepolo.
«Beato sei tu!»: sii consapevole e custodisci in cuore che la fede in Gesù, Figlio del Dio vivente, è già salvezza, è àncora di eternità per la tua vita, è apertura verso il Cielo della tua carne e del tuo sangue, è pienezza della tua dimensione umana.
«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa»: la confessione di fede è la tua libera adesione personale ad una vita in profonda unione con Gesù, Figlio del Dio vivente, e con i fratelli. Sei chiamato in un progetto che ti accoglie non perché sai fare grandi cose, ma perché Gesù ti ama e compie in te grandi cose. Accogli anche tu ogni fratello e sorella chiamati, come te, per dono di Dio, a fare di questa terra il Regno dei cieli. Pietro resta come prima pietra messa a fondamento dell’edificio di Gesù: guarda, attraverso il racconto dei vangeli, il suo e tuo cammino di discepolo e non contare sulle tue forze e capacità. Consegna piuttosto con umiltà le tue fragilità, il tuo peccato, e sii certo che nelle mani di Dio sei una pietra viva e preziosa.
«Ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»: devi a Pietro e agli altri apostoli la possibilità di conoscere Gesù (nel linguaggio rabbinico il potere di legare e sciogliere indicava principalmente un ruolo di autorità nell’interpretazione della Legge e delle Scritture). Sono gli apostoli l’anello di congiunzione tra la vicenda storica di Gesù e la sua attuale realtà gloriosa. Solo chi aveva camminato con Gesù dalla Galilea alla Giudea poteva riconoscerlo e annunciarlo Risorto e Vivente dopo la Pasqua. Non fermarti a vedere in Gesù un gran profeta e non togliere al Risorto il volto concreto dell’uomo Gesù. Custodisci la testimonianza dei primi discepoli e apostoli di Gesù trasmessa nella Chiesa, da una generazione all’altra, fino a te.
Fai dei vangeli, che la tradizione ecclesiale ti consegna, il tuo sapere, il tuo annuncio, il tesoro trovato, la perla acquistata; lascia che la parola del Vangelo leghi la vita tua e dei tuoi fratelli alla Vita stessa di Dio; vivi l’impegno della fede non come fardello pesante (cfr. Mt 23,4), ma come legame d’amore fedele, per una vita buona; lascia che il Vangelo sciolga nel tuo cuore i nodi che ti tengono fermo nella paura, nell’egoismo, nel peccato. La comunione che vivi con Gesù nella tua carne, nella tua vita di comunione con i fratelli, è già caparra della pienezza dei cieli.
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò…»: ci è data la possibilità di ricollocarci in questo dialogo e fare di questa domenica una sosta di consapevolezza davanti a Gesù. Possiamo farlo con le parole del Salmo, che sono un canto all’amore fedele di Dio: «non agli dèi, ma a te voglio cantare» perché in Gesù hai manifestato il tuo volto, la tua promessa di vita che non delude, la tua vicinanza agli umili; «non abbandonare l’opera delle tue mani», continua a custodirci nell’edificio della tua Chiesa, dove Pietro resta per sempre custode della memoria del cammino con te sulle vie di Galilea, testimone della tua vita di Risorto, che nel Cenacolo e nello spezzare il pane si dà a noi anche oggi con infinita misericordia.