XXII domenica del tempo ordario
É divenuto qualcosa di classico nella cultura mondiale il seguente detto di Pascal: “Se credi in Dio e poi si dimostra che lui non esiste, non perdi nulla; ma se non credi e poi si dimostra che lui esiste, perdi tutto”. Sì, è la conosciutissima scommessa di Pascal, mediante la quale il pensatore francese desiderava argomentare il fatto che è contro la mente e la ragione non credere in Dio e, da qui, in tutto ciò che Dio ci ha trasmesso lungo la storia. Interessante è anche il fatto che le verità trasmesseci mediante la Tradizione sono di un grado di oggettività che, normalmente, queste potrebbero essere scoperte anche usando la mente – ovviamente, da parte di chi vuole usarla – nel mondo che ci circonda. Così, per esempio, la mente umana può scoprire che c’è molto di bello in giro, che ci sono persone che fanno tanto bene con discrezione, delicatezza. Poi, oggettivamente, nel cosmo ci sono degli equilibri i quali, se non fossero guidate da Dio, produrrebbero sicuramente catastrofi e il cosmo si autodistruggerebbe.
Ebbene, uno di questi equilibri è la cosiddetta “legge del sacrificio”. Abbiamo sentito nel vangelo di questa domenica come Gesù cerca di spiegare a Pietro (colui che la domenica scorsa aveva intuito che Gesù era il Messia!) appunto questa legge. Ovviamente Gesù tramite Pietro insegna anche agli altri, dunque, anche a noi: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ma cosa è questa legge del sacrificio e perché è indispensabile per gli equilibri della vita?
Cosa è il sacrificio? Nel mondo in cui viviamo, questa parola (e implicitamente, ciò che significa al livello di atteggiamento) sembra essere una di quelle parole che vanno evitate a tutti i costi. Figuriamoci il comportamento conseguente! Quante volte sentiamo parlare nella stampa, per esempio, di sacrificio? Oppure in quante pubblicità (pensando a quanto queste condizionano la nostra vita!) è espressa l’idea della rinuncia, della donazione di se… del sacrificio? Piuttosto la si prende in giro o la si banalizza. Ma facendo ciò, di fatto si banalizza ciò che sta dietro al sacrificio: l’amore autentico.
Allora, c’è da ricordare che proprio questo amore vero, profondo, intenso – che noi chiamiamo “carità” – è “la terra buona” dove germoglia e cresce il seme del sacrificio. Non esiste sacrificio vero se non è fatto per amore. Ricordate Paolo: “Anche se distribuisco le mie sostanze e se anche do il mio corpo per essere bruciato, se non ho la carità non mi giova nulla”. Il sacrificio infatti è la sola prova credibile dell’amore vero, della carità. Chi è incapace di soffrire per amore, per il bene altrui, difficilmente si può dire che ama davvero e, di conseguenza, di essere amato per davvero. Sacrificarsi vuol dire trasformarsi in una terra buona, annaffiata che permetta all’altro di svilupparsi e di crescere proprio perché sta vicino a te: se fosse altrove, rischierebbe di morire. Sapete molto bene che il seme se non cade nel posto giusto, nella terra fertile, non sviluppa le sue potenzialità. Questo è il sacrificio: farti terra buone per l’altro e, quindi, dare la possibilità che anche l’altro diventi terra buona per gli altri, quindi magari anche per te. Se vogliamo essere solo semi, o meglio, se vogliamo essere solo consumatori, beneficiari dei beni degli altri, diventiamo piano piano dei parassiti e poi magari ci meravigliamo di rimanere soli, ci inaridiamo soprattutto dentro e rischiamo di morire.
Senza il sacrificio, quindi, non esiste la vita e, tanto meno, la felicità di vivere e la gioia della vita.
Ma queste cose non dovremmo leggerle solo nel vangelo osserviamole nella vita di ogni giorno: se i genitori non andassero al lavoro tutti i giorni, anche se sono stanchi, magari dopo non aver dormito a causa magari della malattia di uno dei membri della famiglia, chi procurerebbe ciò che occorre alla stessa famiglia? Se tra gli amici non sai accettare una battuta che magari ti prende in giro, l’amicizia si distruggerebbe e… rimani solo. E gli esempi potrebbero continuare. In sintesi: tutti noi viviamo “dalla terra del sacrificio” di coloro che ci stanno accanto. Non è giusto e neanche corretto negare questa realtà. Sicuramente, anche ognuno di noi fa sacrifici, magari non volendolo necessariamente, magari cercando di evitarlo a tutti i costi o magari facendoli inconsapevolmente.
Mi permetterei, alla fine di questi piccoli e semplici appunti sul sacrificio, di provocare a fare un esercizio durante la settimana che ci sta davanti: come prima cosa, un semplice esercizio di ringraziamento nei confronti dei vostri cari. Ringraziate Dio in maniera semplice per tutti color che vi stanno accanto, perché se esistete questo è possibile grazie al sacrificio dei vostri genitori e dei vostri cari. Poi, un esercizio interiore: vi prego, non fate più alcun sacrificio solo perché lo dovete fare o, peggio, per abitudine. Il sacrificio non va fatto “per dovere”, ma per amore. Il sacrificio fatto “per dovere” è come una terra avvelenata, dove non cresce nulla, ma uccide anche ciò/colui che anela a vivere. Chi si sacrifica per amore, genera molti equilibri della vita. Ma soprattutto assomiglia sempre di più a colui che “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo”, a Gesù, quindi a Dio. Chi fa il sacrificio per amore diventa un “piccolo Dio”. Ci scommettete?