XXII domenica del tempo ordinario
Gesù spiazzava i benpensanti: era un rabbi che amava i banchetti, gli piaceva stare a tavola al punto di essere chiamato «mangione e beone, amico dei peccatori» (Luca 7,34); ha fatto del pane e del vino i simboli eterni di un Dio che fa vivere, del mangiare insieme un’immagine felice e vitale del mondo nuovo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti. I farisei: così devoti, così ascetici all’apparenza, e dentro divorati dall’ambizione. Gesù li contesta, citando un passo famoso, tratto dalla antica saggezza di Israele: «Non darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, perché è meglio sentirsi dire “Sali quassù”, piuttosto che essere umiliato davanti a uno più importante» (Proverbi 25,7).
Diceva: Quando sei invitato, va a metterti all’ultimo posto, ma non per umiltà o per modestia, bensì per amore: mi metto dopo di te perché voglio che tu sia servito prima e meglio. L’ultimo posto non è un’umiliazione, è il posto di Dio, che «comincia sempre dagli ultimi della fila» (don Orione); il posto di quelli che vogliono assomigliare a Gesù, venuto per servire e non per essere servito.
Gesù reagisce alla eterna corsa ai primi posti opponendo «a questi segni del potere il potere dei segni». Una espressione di don Tonino Bello che illustra la strategia del Maestro: Vai all’ultimo posto, non per un senso di indegnità o di svalutazione di te, ma per segno d’amore e di creatività. Perché gesti così generano un capovolgimento, un’inversione di rotta nella nostra storia, aprono il sentiero per un tutt’altro modo di abitare la terra.
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini». Perché poi loro ti inviteranno a loro volta, e questi sono i legami che tengono insieme un mondo immobile e conservatore, che si illude di mantenere se stesso, in un illusorio equilibrio del dare e dell’avere.
Tu invece fa come il Signore, che ama per primo, ama in perdita, ama senza contraccambio, ama senza contare e senza condizioni: Quando offri una cena invita poveri, storpi, zoppi, ciechi. Accogli quelli che nessuno accoglie, dona a quelli che non ti possono restituire niente. E sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Che strano: sembrano quattro categorie di persone infelici, eppure nascondono il segreto della felicità. Sarai beato, troverai la gioia. La troverai, l’hai trovata ogni volta che hai fatto le cose non per interesse, ma per generosità.
L’uomo per star bene deve dare. È la legge della vita. Perciò anche legge di Dio
Sarai beato, è il segreto delle beatitudini: Dio regala gioia a chi produce amore.