XXIV dom del tempo ordinario
È vero che in questi giorni il Calendario Liturgico ci ha portati a contemplare il mistero della Croce, vissuto da Gesù nella gloria e da sua Madre nel dolore; ma le parole della Liturgia di questa domenica settembrina di fine estate fanno un po’ impressione, perché più che una Liturgia del Tempo Ordinario sembra una Liturgia del Tempo di Quaresima inoltrata… la prima lettura è addirittura la stessa della Domenica delle Palme!
Fa impressione, perché la ripresa delle attività dopo il periodo estivo dovrebbe essere piena di vitalità, di voglia di ripartire, di slancio rinnovato… e invece il Vangelo di oggi ci parla di morte, e di morte in croce. Fa impressione, perché seguire Cristo dovrebbe voler dire percorrere una strada di luce e di gloria, con tanta voglia di vivere la vita pienamente, e invece la Parola di Dio ci dice che per trovare la vera vita dobbiamo perderla… Fa impressione un Dio che invece di apparire forte e potente, vincitore del male e della morte, si presenta debole e incapace, soggetto ai flagelli, agli insulti, agli sputi, alle percosse, e poi alla morte violenta.
In fondo, è la Croce a farci impressione. Ci fa impressione perché non la comprendiamo, spesso la rifiutiamo, la fuggiamo, la combattiamo, non la vogliamo tra i piedi: eppure, quando la guardiamo o la contempliamo, ci affascina. Il potere che esercita su di noi questo Dio Crocifisso è terribile e affascinante, meraviglioso e tremendo, morente e risorto al tempo stesso. È proprio la logica del cristianesimo, che ci affascina: quella logica per cui il nostro Dio è il più potente di tutti nonostante sia il più debole, anzi forse proprio perché è il più debole; quella logica per cui, se vuoi parlargli a quattr’occhi – come Pietro – dicendogli che non sei d’accordo con le sue scelte, prima devi metterti dietro di lui e seguirlo anche dove tu non vuoi, e solo dopo gli parlerai; quella logica per cui un attimo prima – come Pietro – fai la tua professione di fede nel Cristo, e lo proclami Signore della Vita e della Storia, e un attimo dopo ti senti dire da lui che sei “satana”, ovvero l’avversario, colui che mette i bastoni tra le ruote alla storia della salvezza, proprio perché non ragioni con la logica di Dio.
Ma allora, qual è la logica di Dio? Con che logica pensa Dio, se davvero è l’Altissimo e l’Onnipotente, ma poi si lascia trasfigurare dal dolore e dalla morte come un uomo qualsiasi? Che logica è quella di una vita da amare e da salvaguardare come dono di Dio, se poi ti viene detto che per salvarla devi perderla? In questa logica, in questo “pensare secondo Dio” c’è qualcosa che non funziona, qualcosa che non combacia affatto con il “pensare secondo gli uomini”.
La logica umana non riesce a coincidere con la logica del Dio di Gesù Cristo, c’è poco da fare. Però è anche vero che le due logiche, i due modi di pensare, non sono nemmeno del tutto paralleli: ci sono delle cose in comune tra loro, cose che vanno d’accordo, che si intersecano, che si “incrociano”, che formano – appunto – una croce… E questi due modi di pensare (il pensare di Dio e il pensare degli uomini) si incrociano su tutto ciò che riguarda l’umano: la vita, i sentimenti, le sensazioni, le sofferenze, il corpo, le malattie, le gioie, i dolori, le arrabbiature, i limiti, la morte…
Su tutto ciò che è profondamente umano, il pensare del Dio di Gesù Cristo e il pensare dell’uomo si incrociano, formano una croce, che non è più un patibolo, ma diventa segno di salvezza e di forza, perché l’intreccio è talmente profondo, forte, radicato, che nessuna realtà di questo mondo, né la morte né la vita, come ci dice Paolo, ci potrà mai separare dall’amore di Cristo.
Ma occorre anche essere realisti, e ammettere che ci sono logiche di Dio e logiche degli uomini che non possono coincidere, ed è proprio questo il motivo per cui il Maestro ci chiede – come a Pietro – di tornare al nostro posto, di rimetterci dietro di lui e di imparare innanzitutto a seguirlo prendendoci ogni giorno sulle spalle la nostra croce. Quali sono queste logiche degli uomini che non sono secondo il pensiero di Dio?
Sono le logiche del potere, quelle che pretendono fare di Dio (e di chi crede in lui) un padrone assoluto del mondo, invece di un Padre amoroso;
sono le logiche che attraverso la ricchezza pretendono fare di Dio (e di chi lo segue) un ricco signore senza problemi e senza preoccupazioni, invece di un Dio che prova fame, sete e fatica, come un umile operaio del Regno, anzi, un servo dell’umanità;
sono le logiche della pigrizia e dell’immobilismo, quelle che danno tutto per scontato e già preordinato, quelle logiche che fanno di Dio un motore immobile che muove l’universo e ne controlla gli automatismi, un Dio per seguire il quale basta un po’ di fede, mentre Dio è l’Amore che muove il mondo, lo attrae a sé perché ne è perdutamente innamorato, e ci chiede di fare altrettanto, perché dire che si ha fede (ce lo ha ricordato l’apostolo Giacomo) non basta: la fede da sola non ha mai sfamato, vestito e guarito nessuno.
Le logiche umane, in definitiva, sono quelle che l’avversario, satana, ci ha messo in testa sin dall’inizio, da quel pomeriggio nell’Eden in cui ci ha fatto credere che Dio era identico a noi. Per fortuna, il Maestro è venuto a ricordarci che dobbiamo ridare a Dio il proprio posto, e all’uomo, parimenti, il suo.
A Dio il primo posto, davanti, con la croce sulle spalle, trascinata a fatica come a tracciare in terra una scia, un cammino da seguire; e l’uomo dietro di lui, con la sua piccola croce quotidiana, ogni giorno diversa, ogni giorno più grande, ogni giorno più incomprensibile, ma, con lui davanti, ogni giorno incredibilmente più leggera…
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