XXX domenica del tempo ordinario
Quei due amori che sono uno solo
La Bibbia contiene la storia dell’alleanza di Dio con il popolo di Israele. Dio lo ha liberato dalla schiavitù dell’Egitto perché lo ama; come risposta attende che il popolo segua la legge che Dio gli propone. La parte più importante della Bibbia ebraica (i primi cinque libri) si chiama “legge”: non è un lungo codice di norme, ma il racconto della storia di salvezza, nella quale Dio comunica al popolo anche quello che si attende da lui. Al tempo di Gesù le norme sparse nei diversi libri biblici erano state raccolte in liste di precetti che superavano le seicento unità, distribuite per tipologie e importanza diverse. Per questo si sentiva la necessità di trovare un principio che mettesse ordine in questa abbondanza di norme, per poter vivere il loro vero significato. I discepoli ponevano ai loro maestri la domanda su quale fosse il comandamento più importante, dal quale cominciare per osservare gli altri.
Anche a Gesù viene posta questa domanda, ma non da parte dei suoi discepoli, bensì da un altro maestro, che non è interessato veramente all’insegnamento di Gesù, ma vuole metterlo alla prova, per trovare qualche motivo per accusarlo. Gesù risponde a questa domanda con le parole della Scrittura. Come “primo e grande comandamento” cita un passaggio del Deuteronomio che chiede di rispondere con l’amore all’amore che Dio ha manifestato nei confronti del suo popolo. L’amore che Dio attende è un atteggiamento che coinvolge tutta la persona, le sue capacità intellettive, affettive e spirituali. Poi Gesù aggiunge un “secondo” comandamento, che definisce simile al primo: e qui cita un passaggio del libro del Levitico, che chiede di amare gli altri come se stessi. Ecco la risposta alla domanda sul grande comandamento, quello che regge tutti. Per Gesù il comandamento principale ha due facce, che non si possono separare: l’amore verso Dio, in risposta ai suoi doni, e l’amore per gli altri. Gesù non crea questi comandamenti, li trova nella Bibbia. La sua novità sta nel fatto che Lui li fa coincidere, li mette insieme considerandoli la cosa più importante che Dio chiede al suo popolo.
Per Gesù il rapporto con Dio è basato sull’amore: ha senso se si riconosce l’amore che viene da Lui e si risponde allo stesso modo. Ma questa risposta non è fatta solo di lodi e gesti nei confronti di Dio: Gesù insegna che possiamo amare concretamente Dio amando le persone che incontriamo nella nostra vita. In questo modo nessuno avrà difficoltà per ringraziare Dio per il suo amore o avrà scuse per non farlo, perché non manca mai qualcuno accanto a noi che possiamo amare, con una infinità di piccoli gesti e atteggiamenti ordinari, dalla mattina alla sera. E nessuno può dubitare che, quando fa qualcosa di bene per gli altri, sta trascurando Dio, perché Gesù ci dice chiaramente che i due comandamenti sono “simili”, cioè stanno uno dentro l’altro: non si può amare veramente Dio senza amare gli altri, non si può amare realmente gli altri senza credere che in questo modo rispondiamo all’amore che abbiamo ricevuto da Dio.
L’evangelista non ci dice nulla della reazione del maestro della legge: non sappiamo cosa abbiamo pensato della risposta di Gesù. Di certo non è riuscito nel suo intento di mettere in difficoltà Gesù, che da quando è arrivato a Gerusalemme passa le sue giornate nel Tempio dibattendo con grande sapienza con i dottori e i capi religiosi. Mentre lui parla di amore, loro stanno pensando come toglierlo di mezzo. L’amore è realmente la più grande delle rivoluzioni.
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