XXXII dom del Tempo Ordinario

Oggi il vangelo ci invita a un doppio sguardo: guardarsi da e guardare. Siamo al cap 12 di Marco, Gesù è a Gerusalemme, dove vive l’ultima settimana della sua vita nella quale è fatto ancora oggetto di attacchi da parte di quei gruppi di potere – erodiani, sadducei, scribi – che hanno decretato da tempo la sua condanna. Nel brano odierno la nostra attenzione viene attirata dalla figura della povera vedova, ma prima c’è il giudizio del Signore sul comportamento degli scribi che amano il lusso, gli onori, i primi posti. Malati di vanagloria. Colpisce particolarmente la frase «Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere». Ecco quel binomio di preghiera e iniquità, tanto riprovato da Dio per bocca dei profeti. Le parole di Gesù lasciano intendere che in qualche modo i capi religiosi sfruttavano le vedove, che a causa del loro stato, erano tra le persone più povere nella società. Gesù insegna di guardarsi da coloro che si comportano così, traendo vantaggi personali da ciò che è buono e voluto da Dio (come la guida della comunità, la preghiera, l’elemosina…) per avidità, per ricevere ammirazione, per qualche proprio tornaconto. Ecco perché la loro condanna sarà più severa.

Poi Gesù si sposta nella parte del tempio dove si raccolgono le offerte. Osservando il comportamento della gente intorno a quella specie di casse a forma di tromba nei quali si gettavano le offerte per il tempio, guarda come i ricchi gettano tante monete che – cadendo – fanno molto rumore mentre un addetto a voce alta dichiara la somma versata. Anche questo sistema è utile per chi vuol farsi ammirare. Ed ecco, arriva una vedova che offre due spiccioli, che non fanno nessun rumore e che sono una somma irrisoria, inutile per la raccolta del tempio! Nessuno si accorge di lei, tranne Gesù il cui sguardo penetrante legge nella verità dei cuori. Agli occhi del Signore questa vedova diventa un modello e invita i discepoli a guardare a lei per comprendere come deve essere il vero rapporto con Dio.

Questa donna agli occhi di Dio ha dato più di tutti perché non ha preso dal suo superfluo ma ha dato tutto quello che aveva per vivere. L’evangelista scrive, in modo suggestivo: «Lei, invece, nella sua miseria vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere (lett: tutta la sua vita)». Di conseguenza ha dato più di tutti gli altri secondo lo sguardo di Dio, certo non secondo quello quantitativo del Dio denaro. Attraverso la mediazione del tempio, ha dato l’intera sua vita a Dio, non ha fatto calcoli e non tenuto niente per sé. Ha gettato la sua esistenza nelle braccia di Dio, in un atto di fede e fiducia in Lui.

La prima lettura (da 1Re17,10-16) ci offre in modo narrativo gli stessi contenuti. Riporta la storia di un’altra vedova, una pagana di Sarepta di Sidone, anch’essa allo stremo delle forze per la siccità e la carestia: cerca legna per cucinare l’ultima focaccia per lei e suo figlio, dopo di che c’è la morte. Arriva il profeta Elia, fuggitivo perché perseguitato dal potere regale; anch’egli è povero e bisognoso. Chiede alla vedova del pane e la donna offre quel poco che le era rimasto e che era vitale per lei. Ecco la logica del dono, nella quale tutto sembra perduto ma in realtà nulla è perduto. Il brano poi mette in evidenza che il sostentamento non è venuto a mancare: «La farina nella giara non venne meno e l’olio nell’orcio non diminuì». Una vera decisione di dono ci espone ad una mancanza, ad una espropriazione di noi, che Dio accoglie con grande amore. Quando diamo del nostro superfluo di tempo, di affetto, di beni (ed è la maggior parte delle volte) non rischiamo nulla. Oggi abbiamo due povere vedove che ci insegnano a vivere secondo la logica del dono, certe che Dio le ama perché sanno che Lui ama i deboli e i poveri, li protegge e si cura di loro, come ascoltiamo nel salmo.

Un altro aspetto importante in questo episodio è che questa vedova è l’ultima persona sulla quale si posa lo sguardo di Gesù nel tempio. In lei forse si è rispecchiato, ormai prossimo alla cattura e alla morte, nella decisione del dono della vita. Anche Lui sta per dare tutto di sé, offrire la vita in totalità di dono. La seconda lettura ci presenta Gesù come colui che ha offerto la sua vita per noi e ci fa intravedere un parallelismo fra la vedova che offre sé stessa nel santuario fatto da mani d’uomo e Cristo che entra nel santuario celeste. Il «dare tutto» è il modo proprio di Dio verso di noi, prima ancora che il nostro verso di Lui.

Questo vangelo ci provoca? Viene fuori un senso di disagio nel sentire che la vedova ha dato tutto quello che aveva per vivere? Non si tratta di rinunce e privazioni. Qui si parla della vita, di riconoscere l’amore grande di Dio per noi. Quando il cuore si apre a questo, possiamo rispondere con il dono di noi stessi. Per piccola e povera che sia la nostra persona e la nostra vita, agli occhi di Dio sarà tutto.

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