XXXII domenica del tempo ordinario
Perché in Paradiso non ci saranno più ‘né moglie né marito’? Perché l’amore esclusivo e totalizzante che qui sulla terra è sacramento dell’amore di Dio verso l’umanità dovrebbe essere cancellato e dimenticato ‘nella vita futura’? Possiamo pensare di desiderare il Cielo, se lassù non riconosceremo più il volto di chi tanto abbiamo amato e ci ha amato in questa terra?
Il paradosso dell’amore, in Gesù, va sempre colto in una logica della dilatazione. Mai dell’inaridimento. Se qualcosa si perde, inclusa la vita, è sempre per ricevere in dono un di più, un compimento. È la logica dell’eternità, che amplifica fino a rendere divine le tracce di bene racchiuse nella nostra esperienza umana.
Così non si può misurare la dinamica della Risurrezione con categorie matematiche. Le relazioni dei risorti non si contano a numeri. I mariti non sono oggetti da conteggiare, né i figli non nati sono fallimenti da contabilizzare. Ogni donna, ogni uomo, ogni figlio e figlia è presenza dell’amore. I sadducei, che sfidano Gesù con radicale cinismo – proprio di chi ha perso il contatto con il Cielo -, perdono di vista l’originaria bellezza di ogni persona.
Chi non crede – cioè non vive – nella Risurrezione, considera le persone e le relazioni da un punto di vista strumentale e utilitaristico. Così si rapporta alle cose della terra, e così pure a quelle del Cielo. E poiché queste ultime sfuggono spontaneamente a una prospettiva funzionalistica, allora è preferibile negarle, scappare, evitarle. Per chi non si lascia andare alla gratuità della logica celeste, la Resurrezione e il Paradiso sono motivo soltanto di scandalo. Per chi vuole controllare tutto, anche ciò che – come la morte – fugge inevitabilmente al povero controllo delle nostre misere forze, ogni anelito di infinito e ogni sguardo sull’eterno suscita un detestabile senso di vertigine. Meglio evitare la montagna, se nelle passeggiate in pianura si è abituati a limitare i passi per non far fatica.
Gesù invece, che non ha mai il fiato corto, nemmeno quando c’è da rallentare il passo per stare a fianco degli ultimi, alza sempre lo sguardo. Assume così il punto di vista del Padre, e commuove questo suo respiro a pieni polmoni. Questo Dio che è Padre dei nostri padri; che abbraccia il passato il presente e il futuro; che promette la vita per sempre a coloro che da sempre sono da Lui custoditi… questo Dio che penetra e scava nelle relazioni di intimità di ogni coppia; che trasfigura la vita famigliare perché non sia solamente una convivenza di comodo; che cuce instancabilmente gli strappi e lenisce le ferite inevitabili della relazione d’amore… questo Dio fa volare oltre la nostra stessa capacità di chiedere e di sperare!
Sì, perché qui, sulla terra, l’uomo e la donna si cercano e si sposano mossi dal desiderio che l’amore sia tutto e per sempre, che il reciproco appartenersi ricolmi il vuoto di eternità che ogni bisogno porta con sé. E poi sperimentano, l’uomo e la donna, che questo anelo mai può essere colmato dall’altro, perché l’altro è comunque creatura, fragile ferita e impotente. E allora che fare di fronte alla connaturale debolezza del nostro amore?
Gesù non rinuncia, perché non calcola. Gesù, piuttosto, annuncia che tale compimento ci sarà. In Cielo, infatti, quell’insito desiderio di un amore totale e totalizzante di cui il matrimonio è sacramento diventerà realtà. Per sempre. E lo diventerà al punto che non sapremo amare interamente soltanto una persona – la moglie, il marito -, ma tutti. Proprio come Dio Padre, partecipi della sua stessa capacità di amare, a immagine e somiglianza del Figlio. Anche noi, insomma, immersi definitivamente nella dinamica della Trinità, saremo avvolti dall’Amore e comunicheremo Amore, al punto da amare senza misura tutti: coloro che saranno con noi in Paradiso, e coloro che resteranno ancora in cammino su questa terra. Nella comunione dei Santi, con il cuore dilatato dall’Amore.
E ameremo anche chi, come i sadducei, a questo Paradiso non vogliono credere. Chissà se l’Inferno si svuoterà grazie all’offerta infinita di Amore dei Risorti, che vinceranno con la loro donazione anche le resistenze di chi non è ancora libero dalla schiavitù del male.
Proviamo intanto qui, finché possiamo: a scegliere la vita dei Risorti, anche dentro le contraddizioni dell’amore, perché un amore ferito ma consegnato diviene promessa e speranza per chi, quaggiù, ancora non sa che l’amore non ha misura.